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(15.11.2011)
"Don't worry, be Digital". Ma ricordati che sei materiale, e nemmeno di facile consumo
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di Marco Guastavigna 

 

Nella fotografia non si vede, ma, ormai parecchi giorni fa, sulla LIM che ho in aula (seconda professionale) compare all'improvviso una scritta, che ci avvisa del surriscaldamento del proiettore e della necessità di pulirne il filtro.

Nessun allarme. Prontamente spegniamo il mitico apparecchio e - con il mio portatile, essendo il PC "ufficiale" KO dal momento che nella dotazione istituzionale non è previsto un monitor - spedisco una mail alla segreteria e alla preside, avvisando della faccenda e chiedendo di attivarsi per un intervento tecnico, essendo lo strumento delle meraviglie metodologiche ancora in garanzia. Che bello avere l'aula connessa wireless ed essere stato insignito di chiave WEP e di indirizzo IP statico!

Dopo soli due giorni, ricevo - stesso mezzo - risposta dal collega che coordina la realizzazione del Piano di diffusione della lavagna (e del Pensiero Pedagogico Unico e Ottimistico) presso il mio istituto, che mi chiede ulteriori chiarimenti, avvisandomi per altro del fatto che è già in corso un ping pong di responsabilità tra segreteria vera e propria e "magazzino" su chi possieda i preziosissimi recapiti del fornitore dell'installazione.

Per un bel po' non succede nulla, fino a che - più o meno una settimana fa - si presenta in classe il collega incaricato della gestione dell'ufficio tecnico della scuola, accompagnato da un tale che si qualifica come rivenditore ufficiale dell'azienda produttrice del proiettore, il quale si fa rispiegare il problema e trascrive su un palmare il codice dell'oggetto, che trionfa - spento e a ciò presidiato da un nucleo di allievi disposti a tutto affinché l'attività di apprendimento possa effettuare una lunga pausa - sulle nostre teste.

La mattina successiva si ripresentano i due medesimi personaggi, accompagnati da un terzo "signore" (gli studenti, che chiamano "prof" qualunque adulto si aggiri nelle aule - dagli educatori di territorio agli psicologi che vengono a dirci che gli incidenti hanno costi sociali e sanitari eccessivi - questa volta non usano tale appellativo) e mi fanno i complimenti per non aver tentato di ovviare in prima persona al problema, perché in effetti l'apertura dell'aggeggio ne avrebbe compromesso la garanzia. Inutile sottolineare lo stupore dei miei allievi: un insegnante di "materie teoriche" che si intende di "cose pratiche e quotidiane", di buon senso!

Nel frattempo il terzo signore si issa su una sedia - senza sapere cosa rischia, visto lo stato medio degli arredi scolastici - e diagnostica che è necessario un compressore, per dare una bella soffiata.

La scuola non possiede un compressore. I convenuti nemmeno.

Stiamo aspettando che qualcuno si faccia vivo.

PS: è sera e ora vado a leggere nella vasca. Un libro di carta; così, se mi addormento, mi cade in acqua solo quello e non tutta la mia biblioteca raccolta su Iliad, Kindle, iPad (li ho tutti e tre).

 

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