Direzione didattica di Pavone Canavese

Le Istituzioni scolastiche nel contesto delle autonomie


05.12.2008

A SCUOLA D'INVESTIMENTI

di Massimo Bordignon e Alessandro Fontana

 


Quello che segue è uno stralcio di un articolo pubblicato sul sito lavoce.info. Per leggere l'intero articolo cliccare qui.

Per l'edilizia scolastica, e più in generale per l'istruzione, risorse scarse e mal distribuite. Ma dove trovare i soldi per gli investimenti? Le scuole italiane sono in cattivo stato anche perché sono troppe. Si potrebbe cominciare a chiudere i plessi inefficienti. Non con le imposizioni, ma attraverso una più corretta gestione dei rapporti finanziari tra livelli di governo. Parte dei risparmi dovrebbe rimanere all'ente locale per essere reinvestiti nel settore scuola. Necessaria una mappa efficiente dell'organizzazione del servizio scolastico sul territorio.


Ridurre la spesa pubblica e migliorarne la qualità non si può fare con interventi di taglio indiscriminato. Lasciano il tempo che trovano, e spesso conducono solo a maggiori inefficienze e a maggior spesa in futuro. Invece, bisogna agire di cesello, cercando di modificare gli incentivi degli agenti coinvolti perché si muovano nella direzione desiderata. Questo era il compito della Commissione tecnica sulla finanza pubblica, incaricata dal governo Prodi di condurre a termine la revisione della spesa dei principali ministeri, e poi soppressa dall’attuale esecutivo. Eppure, alcuni dei risultati raggiunti dalla Commissione sono ancora validi, e il metodo è tanto più utile in un momento di crisi come questo, dove i necessari interventi congiunturali di sostegno all’economia devono essere accompagnati da riduzioni strutturali di spesa, per evitare disastri finanziari futuri.

I PROBLEMI DELLA RETE SCOLASTICA

Prendiamo, ad esempio, l'istruzione (altri ne seguiranno nelle prossime settimane). Non spendiamo poco in questo settore, al contrario la spesa per studente in Italia è del tutto in linea con quella degli altri paesi sviluppati: 2.971 dollari contro una media Ocse di 3.072, ma i risultati sono peggiori. La conclusione è che spendiamo male e che dobbiamo imparare a spendere meglio.
Un buon esempio è la condizione della rete scolastica, drammaticamente riportate alla ribalta dalla tragedia di Rivoli. Sulla rete incidono le competenze di più livelli di governo. Allo Stato compete la determinazione dei livelli fondamentali dei servizi, le Regioni hanno le competenze sulla rete delle scuole, comuni e province quelle sulla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici. Una legge del 1996 attribuiva allo Stato anche un ruolo di finanziatore ad adiuvandum, attraverso l’assegnazione alle Regioni di appositi finanziamenti per l’edilizia scolastica, che queste, a loro volta, dovevano ripartire tra i propri enti locali. Per rendere più efficace la distribuzione delle risorse, la stessa legge prevedeva la predisposizione di un’Anagrafe nazionale dell’edilizia scolastica, articolata per Regioni e continuamente aggiornata, diretta ad accertare le condizioni del relativo patrimonio.
Ma a dodici anni di distanza, l'Anagrafe non è ancora disponibile. Di più, lo Stato, pressato da problemi di bilancio, ha con il tempo ridotto i finanziamenti, dai 270 milioni di euro in media l’anno nel triennio 1996-98, ai 75 del periodo 2007-09. Regioni e altri enti locali hanno dunque dovuto far leva in misura crescente sulle proprie risorse, con la conseguenza, ovvia, che chi poteva contare su più denari propri ha speso di più, e gli altri di meno. Così, nel 2006, la spesa per l’edilizia scolastica degli enti locali del Centro-Nord per studente è all’incirca doppia di quella del Mezzogiorno: 350 euro al Nord e 182 al Sud

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