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LA BUONA SCUOLA OGGI: Documenti e interventi su  "Piano Renzi" (settembre 2014)

(06.01.2015)


Stefano Stefanel

 

         La personalizzazione dei percorsi formativi degli studenti è una dato caratteristico di tutti i sistemi dell’istruzione, che prevede la possibilità per lo studente di scegliere una parte del suo curricolo scolastico in quantità sempre più consistente con il passare degli anni. In alcuni sistemi tutto il triennio conclusivo precedente l’Università o il mondo del lavoro è personalizzabile da parte dello studente. In quasi tutta l’area Ocse il Vet System (Vocational, Educazion & Training) prevede personalizzazioni di tutto il triennio finale 16-18 anni con anche possibili e sempre più frequenti sconfinamenti nell’Academic System (i Licei) e viceversa. Questi sistemi agiscono per lo più per moduli e livelli, non per anni scolastici e voti conclusivi e quindi presuppongono la personalizzazione del percorso formativo, non la “permettono”. Alla fine di quei percorsi scolastici non è molto importante il diploma conseguito (che non ha alcun valore legale), ma soprattutto il percorso realizzato, certificato nelle sue competenze e nei livelli disciplinari raggiunti. Per lo più quei sistemi scolastici hanno eliminato le bocciature o le hanno trasformate in una dilatazione del tempo concesso allo studente per diplomarsi. In realtà la costruzione del curricolo di studi da parte dello studente ne organizza di fatto una vera e propria “carriera”, per cui è la Carriera dello Studente che va sul mercato del lavoro o nei percorsi universitari, non il suo titolo di studio.

         Il nostro sistema scolastico invece, ad una crisi di sistema più che evidente e che solo gli assoluti conservatori della nostra storia scolastica negano, propone alcune rigidità che lo stanno trainando verso il basso con la forza della pietra legata ad un corpo in sé sano. A questo proposito credo sia interessante leggere un documento di questi ultimi giorni dal titolo esteso e dal contenuto coerente con la proposta governativa chiamata La Buona Scuola : “Valutazione del riordino della scuola secondaria di secondo grado, impatto del precariato sulla qualità dell'insegnamento e recenti iniziative del Governo concernenti il potenziamento di alcune materie e la situazione del personale. SCHEMA DI RISOLUZIONE PROPOSTO DALLA RELATRICE alla Commissione Cultura del Senato nella seduta del 18.12.2014”. Mi soffermerò soltanto su una parte del punto due di questo documento, quella che riguarda la personalizzazione dei percorsi formativi da parte degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado.

         I dati citati in premessa dal documento sono noti a tutti e servono, almeno in Italia, per giustificare tutto e il suo contrario. Ma almeno i dati in sé non sono contestati o contestabili:

-      in Italia abbiamo 700.000 disoccupati tra i 15 e i 24 anni

-      in Italia abbiano 4,35 milioni di ragazzi che non studiano, non lavorano, non sono in formazione (NEET),

-      in Italia abbiamo una dispersione scolastica tra le più alte d’Europa (17,6 per cento).

Accanto a questi dati citati dal documento mi pare si possa citare anche il circa 30% di dispersione universitaria degli studenti che, terminato il percorso dell’istruzione, cercano spazio e non lo trovano nei percorsi universitari.

Scrive ancora il citato documento: ”A fronte di un alto tasso di disoccupazione, le imprese faticano a trovare competenze chiave come nel caso dell’industria elettronica e informatica e competenze specifiche come i diplomati commerciali e tecnici nei diversi settori. Secondo una ricerca di McKinsey il 40 per cento della disoccupazione in Italia non dipende dal ciclo economico; una parte di questo 40 per cento è collegata al  disallineamento tra domanda di competenze che il mondo esterno chiede di sviluppare e ciò che effettivamente la scuola offre.” Questo non è un vero e proprio dato, ma certamente un’interessante elemento interpretativo, che, anche se non accettato interamente, può comunque costituire elemento di riflessione.

 

         A questa riflessione d’apertura il documento poi collega alcune osservazioni di supporto a La Buona Scuola entrando nel problema della personalizzazione dei percorsi formativi degli studenti. L’idea molto italiana che comunque sia necessario un aumento del tempo scuola no nonostante sia il sistema che ha quello più alto dell’area Ocse, porta con sé l’idea cha la formazione e la cultura delle persone si determinino per accumulo e non per scelta, anche se nel resto del mondo non è così (citare Edgar Morin che cita Montaigne: “Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena” e poi fare il contrario sa proprio di presa in giro). L’enciclopedismo italiano pensato come democratico sta producendo la più brutale selezione dell’area Ocse, quella certificata dai numeri citati sopra. Gli studenti non personalizzano i propri percorsi per scelta, ma per spinta del sistema: così abbiamo i migliori liceali del mondo con tutto il resto del sistema che mostra gravi lacune. E nonostante abbiamo i migliori liceali del mondo continuiamo ad avere anche tra loro una dispersione universitaria altissima. Se si leggono i dati di Eduscopio si possono trovare Licei che hanno licenziato studenti del primo anno una parte dei quali ha superato gli esami con una media superiore al 28 (75%) e un’altra parte ha lasciato l’Università (25%). Sono dati incredibili, perché lo studente liceale italiano è uno studente forte, perché dalle scuole secondarie di primo grado vengono orientati ai Licei i migliori con un’altra forma di personalizzazione all’italiana molto discutibile. E quindi quel 25% che non ce la fa all’Università è un dato che deve allarmare.

         Interessante è un altro passaggio del documento citato che ha come titolo: “2. Ascoltare i suggerimenti per colmare le lacune del sistema scolastico italiano, anche alla luce di quanto contenuto nella proposta de "La buona scuola", al fine di inserire l’insegnamento della storia dell’arte, della musica, delle discipline economiche, delle lingue straniere con la metodologia del content and language integrated learning (CLIL) e del coding dell’informatica, non in una logica meramente additiva.” Per uscire dalla logica additiva esiste una sola modalità: la personalizzazione dei percorsi formativi degli studenti e l’avvio di una Carriera dello Studente certificata e non solo valutata. Estrapolerei dal documento alcuni altri punti, utili per un discorso più completo sulla personalizzazione dei percorsi secondari:

-      “I piani di studio della scuola italiana sono noti per la loro eccessiva frammentazione e per la mancanza di dialogo tra le discipline. Occorre invece recuperare l’unitarietà del sapere con una maggiore correlazione tra materie affini all’interno di aree disciplinari, senza aumentare le ore di lezione settimanali.

-      “Si ritiene altresì auspicabile assicurare una reale autonomia delle scuole nella definizione di un curriculum di istituto, eventualmente anche collegato con le esigenze del territorio e con l’eventuale rete di ambito territoriale, avvalendosi del personale docente in organico cattedra e in organico funzionale e non sottostando a regole eccessivamente restrittive come per esempio la subordinazione all’organico di diritto della possibilità di avvalersi della quota di autonomia (personale in esubero, riduzione cattedra, ecc.).

-      “Si propone di introdurre la possibilità, soprattutto nelle classi terminali del secondo ciclo di istruzione, di un curriculum dello studente, formato da una parte obbligatoria per tutti e una parte opzionale, a scelta dello studente, oltre che da discipline facoltative di arricchimento. Un curriculum articolato in discipline obbligatorie, discipline opzionali (diventano obbligatorie una volta scelte) e discipline facoltative di arricchimento, consentirebbe una personalizzazione del percorso di studi.”

 

Il documento individua un percorso che la scuola italiana dovrà percorrere nei prossimi anni pena la sua ulteriore caduta di competitività nell’ambito della società europea e mondiale della conoscenza. So bene che c’è chi dice che la scuola non deve essere competitiva, ma nel dirlo semplicemente nega quello che avviene oggi con i migliori studenti italiani costretti ad emigrare perché il sistema sociale e produttivo italiano, impastoiato tra mansionari sindacali e procedure di selezione borboniche non li assorbe, e laureati competenti a friggere gli hamburger perché la nostra società non sa cosa fare di loro. Chi vuole conservare sta selezionando e sacrificando gli studenti e i numeri lo dicono chiaramente.

Ci sono dei punti che vanno chiariti preliminarmente, perché imboccare la strada della personalizzazione con gli attuali vincoli significa solo aggiungere confusione ad una situazione già abbastanza contorta.


Vado per punti sintetici:

-      VALORE LEGALE DEL TITOLO DI STUDIO. Non è possibile personalizzare i percorsi formativi e poi mantenere il valore legale del titolo di studio. Cosa vorrebbe dire titolo di studio con valore legale se ogni studente personalizza il suo percorso? Alla società civile e produttiva, all’università e alle professioni a quel punto dovrebbero interessare i percorsi non i titoli. Non possiamo fare per scherzo: lo studente che personalizza deve essere ripagato dal sistema per la sua personalizzazione.

-      ESAME DI STATO CONCLUSIVO. L’esame di Stato conclusivo va eliminato in quanto prova nazionale: che senso ha fare un esame uguale per tutti davanti alla personalizzazione degli studenti? Cosa si fa: prove generali sulle discipline obbligatorie che rilasciano un titolo di studio con valore legale che non tiene conto proprio del core curriculum dello studente, cioè delle sue scelte elettive? Se si personalizza bisogna poi trasformare l’esame di uscita dal sistema in una sorta di tesi di percorso con valutazioni solo positive in aggiunta ai crediti acquisiti.

-      VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI. La valutazione deve diventare certificazione del percorso e valutazione del livello raggiunto dentro quel percorso. E’ importante che la valutazione permetta allo studente e al sistema di conoscere la sua carriera.

-      CLASSI DI CONCORSO. Le classi di concorso rendono rigidissimo il sistema dell’istruzione italiano. Ragionare per classi di concorso significa rendere impossibile qualunque personalizzazione, perché le classi di concorso antepongono i posti di lavoro alle scelte degli studenti e delle scuole. La quota dell’autonomia (20% per tutti, ma 55% per i trienni tecnici e professionali) è subordinata nella sua applicazione alla non produzione di esuberi e dunque chi sceglie (il Collegio docenti: ma sia certi che questa rimanga la strada giusta, visto che quella strada non ci ha portati da nessuna parte?) lo fa sempre tenendo prima conto delle esigenze dei lavoratori coinvolti nelle scelte. Per personalizzare i percorsi, renderli flessibili e pluridisciplinari bisogna abolire le cassi di concorso e inserire i docenti dentro aree didattiche omogenee (gli assi?).

-      MONTE ORE ANNUALI. Anche in questo caso il monte ore rigido settimanale, la divisione in periodi, la valutazione finale che deve prevedere tutti i voti positivi per superare l’anno (con dunque un altissimo grado di trasformazione di voti negativi in voti positivi) sono tutti elementi che negano ogni reale possibilità di personalizzazione, che non sia frutto di sperimentazioni di istituti, che poco incidono sul sistema. Va organizzato un monte ore annuale legato almeno in una sua parte alle scelte degli studenti che possono quindi proseguire uno stesso ordine di studi con risultati diversi anche nelle singole discipline.

 

Io credo che il sistema scolastico italiano non possa resistere ancora a lungo sulla strada dell’egualitarismo che produce selezione e annulla l’equità e che si debba separare il problema occupazionale dalla Carriera dello Studente. Non so se questo sia il momento giusto per passare da un sistema rigido e selettivo ad uno flessibile e formativo. Può darsi che l’Italia preferisca ancora una volta attendere di trovarsi ad un punto di non ritorno col sistema collassato e quindi impossibile da non riformare.

 

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Le reazioni al breve intervento di Reginaldo Palermo (Buona scuola vs LIP) critico verso la Legge di Iniziativa Popolare mi sembra calzino con quelle fortemente aggressive contro La Buona Scuola. Personalmente non  penso che il problema della citata LIP non siano i 12 miliardi da trovare e la totale assenza di forze parlamentari disponibili a votare quel testo, ma proprio il testo stesso. La LIP (nota però ai pochi lettori dei siti dedicati alla scuola e di quelli dei sindacati che la appoggiano) propone tanti soldi per rifare la scuola di prima, quella che ci ha portati ai numeri citati sopra da cui non riusciamo a uscire. Soprattutto la LIP vuole una scuola che non personalizza, ma che aumenta i propri orari e le proprie discipline. Una scuola dunque che continua a selezionare dichiarandosi democratica.

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