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LA BUONA SCUOLA OGGI: Documenti e interventi su  "Piano Renzi" (settembre 2014)

(02.10.2015)

Il Piano triennale dell’OF: ragionamenti e idee per gli indirizzi
di Antonio Valentino

 

Prevenire i rischi di una discontinuità ambigua

In una precedente  riflessione sugli indirizzi per la elaborazione del Piano Triennale dell’Offerta formativa - la cui definizione diventa prerogativa del DS con la nuova legge di riforma - ho sostenuto che tale discontinuità, per le ambiguità che contiene sul punto,  può presentare rischi di scivolamenti verso una gestione tutta (o quasi) centrata sulla figura del Dirigente.

 Per evitare tali rischi diventa importante – nella definizione degli indirizzi per la elaborazione del Piano Triennale - un’attenzione particolare a quei passaggi della legge che possono essere letti opportunamente come un bilanciamento di questo  nuovo “potere” del DS.
Può valere la pena riproporli: il DS dovrà tener  “conto  delle  proposte  e  dei   pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e, per le scuole secondarie di secondo grado, degli studenti“ [1]. Come pure, viene ribadito, il DS “promuove i necessari rapporti con gli enti locali e  con  le  diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti  nel territorio” previsti  “ai fini della predisposizione del piano” (L. 107/2015, comma 14).
È questa un’attenzione che non va sottovalutata, anche ai fini di una elaborazione che poggi su contributi più ricchi e un coinvolgimento maggiore del Collegio.

Le scadenze ravvicinate. Come gestirle

Certamente le scadenze ravvicinate   per la presentazione delle richieste dell’organico potenziato (15 ottobre) e per la definizione del Piano Triennale (30 ottobre), per quanto in parte giustificabili,  non sarà facile rispettarle al meglio, considerato che ogni inizio di anno scolastico, e questo non fa eccezione, ripropone sempre mille problemi, e quasi sempre di non immediata soluzione, anche ai dirigenti veterani.
È da pensare pertanto che indirizzi ed elaborazione del POF, nell’attuale situazione, possano essere gestite – col consenso e l’impegno delle parti coinvolte - come un primo ma sostanziale avvicinamento / approssimazione a definizioni ed elaborazioni  che potranno essere affinate e meglio definite anche in tempi successivi, dovendo valere comunque – il POF - dal prossimo anno scolastico. Ciò anche per evitare che la scrittura del  Piano triennale venga vissuta come una operazione rigida, formale o come adempimento burocratico.

Sugli indirizzi: alcuni punti (relativamente) fermi

A questo proposito, impegnarsi a  partire con alcuni punti sugli indirizzi e su come ci si arriva – coerentemente con le indicazioni offerte dalla legge - può risultare, per il DS, un buon investimento. Anche per creare un clima di condivisione rispetto alle scelte che si ipotizzino orientate a dare gambe a processi di miglioramento e innovazione.
Un primo punto dovrebbe essere quello di pensare a  definire gli indirizzi in funzione del risultato atteso, cioè  un Piano Triennale dell’Offerta formativa che venga percepito come  principale  documento di riferimento per la vita della scuola per il triennio a partire dal 2016.

Perciò sarebbe bene – pensando all’atto di indirizzo – cominciare subito a ragionare

·         in termini di obiettivi di miglioramento e di innovazione da privilegiare, tra quelli emersi nelle precedenti fasi di ascolto e studio (RAV, POF precedente, altre evidenze), e quindi da inserire nell’Atto;

·         su  come selezionarli in rapporto alle varie aree di intervento, individuate come più problematiche o bisognose di iniziative particolari (prioritarie).

Tra Regolamento e lettura del fabbisogno. Le aree di intervento

Anche sulla scorta di quel che prevede il Regolamento dell’Autonomia, gli obiettivi di miglioramento e innovazione  da indicare negli indirizzi non possono che riguardare - oltre  al curricolo (l’offerta formativa  in termini di insegnamenti e di opportunità aggiuntive[2]) – anche altre aree di intervento che col curricolo sono comunque in stretta relazione, quali  

1.      la qualità della didattica (nelle sue varie declinazioni) e quindi la formazione del personale[3];

2.      l’ambiente  educativo (le relazioni, la comunicazione, le reti interne, gli spazi, le strutture e la loro cura, le aperture al mondo di fuori ….);

3.      gli assetti organizzativi e il funzionamento,

4.      La gestione delle risorse professionali, strumentali, finanziarie[4],

5.      le modalità del monitoraggio  e della rendicontazione.

 Quello che su questo punto (aree di intervento) si vuole sottolineare è che gli obiettivi di miglioramento e di innovazione non dovrebbero limitarsi  solo al curricolo e alla didattica, ma riguardare anche le altri ambiti della vita di una scuola, la cui qualità e il cui sviluppo concorrono ad una offerta formativa sensata ed efficace.

Selezione e gestione degli obiettivi: minimalismo e gradualismo come criteri principali

Siccome il POF non è il libro dei sogni, né specchietto per le allodole, è forse opportuno che gli obiettivi per le diverse aree progettuali siano selezionati con criterio – diciamo così – sottrattivo  (date le  incertezze sul fronte delle risorse e su quello normativo di questa fase).
Mentre una selezione qualitativa degli interventi, tale da ben orientare il lavoro della Commissione (della quale sarebbe buona cosa che facesse parte qualche membro della Commissione per l’autovalutazione di Istituto), può essere facilitata, come già si diceva,  da una lettura attenta del RAV e delle proposte e considerazioni degli organi e associazioni interne e delle realtà territoriali interessate.

La progettazione come principio informatore del POF

Un altro punto fermo ci viene anch’esso offerto dal Regolamento. Il quale,  sempre a proposito di POF, utilizza il  termine progettazione  per  indicare la natura del documento.
Le Aree di obiettivi (e quindi di attività per raggiungerli) sopra indicate (o altre analoghe) si configurano  come aree progettuali in quanto esplicitazione delle tipologie di progettazione – curricolare, extracurricolare, didattica, organizzativa - di cui all’art. 3 del DPR 275 (riformulato come da comma 14 della Legge 107/2015).
La dimensione “progettuale” dell’Area (relativamente ai singoli obiettivi che in essa si prevedono) andrebbe ovviamente   rappresentata nel POF attraverso le categorie proprie di un progetto ed esplicitata negli indirizzi del DS[5].

 

Indirizzi e risultati per un POF della comunità scolastica. E non solo

Se le aree - diciamo così - progettuali (curricolo con didattica/formazione, ambiente e organizzazione, rendicontazione ….) rappresentano il cuore del POF - e quindi gli indirizzi su queste aree devono poter prefigurare i risultati che  si attendono dall’elaborazione e le direzioni di lavoro della commissione - , va ovviamente recuperata l’importanza di una sezione a premessa, da indicare nell’atto di indirizzo come costitutiva del Piano, in cui sia esplicitato il profilo della scuola (tradurrei con questo termine meno pretenzioso “l’identità culturale e progettuale” del Regolamento) nei suoi termini essenziali[6].
A proposito di progettazione, va anche richiamato che, per quanto riguarda il Piano, essa va sviluppata (e declinata) con l’altra scelta innovativa della nuova legge di riforma: la triennalità, indicata come l’arco temporale nel quale poter meglio mettere a punto i progetti (che “stanno stretti” dentro un singolo anno), dare ad essi gambe, verificarne gli effetti per prevedere adattamenti e aggiustamenti.
Prospettare inoltre negli indirizzi una sezione conclusiva da dedicare ai codici di comportamento dei vari soggetti (a partire da quello del DS) e organi della scuola - in coerenza con i valori e gli obiettivi esplicitati nelle sezioni precedenti -  può rappresentare una scelta funzionale a obiettivi di trasparenza e rendicontazione - e quindi importante - da indicare nell’atto di indirizzo come ultimo capitolo dell’elaborazione.

In sintesi

Detta in estrema sintesi – e conclusivamente -, un buon atto di indirizzo penso possa essere considerato tale

A.    se gli indirizzi esplicitano

·         le scelte sulle priorità in termini di obiettivi di miglioramento e innovazione per le diverse aree  di intervento che costituiscono il cuore del Piano,

·         come si è arrivati a definirli (enfasi su RAV, altre evidenze e apporti del Collegio),

·         i criteri utilizzati (priorità, condivisione, fattibilità);

B.     se evidenziano che gli obiettivi prioritari, oltre all’area curricolare (l’offerta formativa  in termini di insegnamenti e di opportunità aggiuntive ), riguardano anche le altre Aree prospettate  indicativamente al paragrafo sulle Aree di intervento;

C.     se chiariscono e sottolineano, per i lavori di Commissione,

·         che la loro implementazione (come e in che tempi raggiungerli /realizzare gli obiettivi) va progettata – programmata e  monitorata,

·         che la stessa deve essere e coerente con il profilo della scuola e la sua identità progettuale (in cosa si vuole migliorare e innovare per quale “visione” della propria scuola).


[1] Nella formulazione del decreto dl 99, questa incombenza era a carico del Consiglio di Istituto o di Circolo.

[2] Qualche esemplificazione di obiettivi relativi al potenziamento e arricchimento del curricolo: competenze digitali, alternanza, competenze linguistiche, …. (v. c. 7); educazione musicale (classi di strumento musicale,  ….), educazione artistica, attività sportiva specifica, viaggi di istruzione …. (v. c. 7).

Per quanto riguarda opzioni e area elettiva e sempre a tito lo esemplificativo: scelta tra insegnamenti curricolari di identica valenza formativa e contenutisticamente diversi; attività teatrale, gruppi musicali, organizzazione di mostre…..

[3] Da finalizzare in primo luogo ad una piena realizzazione del Piano  (prevedibilmente: superamento della lezione frontale e didattiche innovative, la valutazione diagnostica e formativa come variabile della didattica, gestione della classe e ascolto attivo, le tecnologie informatiche, la classe come laboratorio, …).

[4] L’art. 3 del Regolamento dell’autonomia, anche nella versione della L. 107, parla di indirizzi (definiti dal DS) per le attività e per le scelte di gestione e amministrazione. Interrogativo: considerato che, alla luce del DPR 165/2001),  gestione e amministrazione sono prerogative del DS, ha senso – rispetto ad esse -  la definizione di indirizzi? O si vuole forse  intendere che tali prerogative devono comunque rientrare / devono ispirarsi alle scelte di “identità culturale e progettuale” dell’Istituzione Scolastica autonoma? Una interpretazione in questo senso potrebbe probabilmente spiegare la scelta di fare - di tali tematiche - specifica sezione del POF: la cui approvazione è comunque prerogativa del CdI. 

[5] Si insiste sulla dimensione progettuale come richiamo forte per gli indirizzi , perché ogni obiettivo che si individua come prioritario dovrebbe sempre partire, nella elaborazione del POF,  da una criticità o da un bisogno; e preoccuparsi conseguentemente di cercare risposte che prospettino soluzioni possibili dei problemi. Specificando quindi, per ciascun obiettivo  :

·         i risultati attesi e gli strumenti di rilevazione dei risultati conseguiti con relative modalità di rendicontazione

·         previsioni di monitoraggio per introdurre aggiustamenti e modifiche

·         le strategie (le azioni coordinate, distribuite nell’arco del triennio e finalizzate al successo del programma)

uso delle risorse di cui si dispone e richiesta delle figure di insegnamento funzionali alle attività prioritarie individuate (organico potenziato).

[6] Possibili ingredienti del profilo della scuola: 1. Cosa studenti e famiglie devono aspettarsi; 2. Presentazione panoramica degli insegnamenti comuni e di quelli “speciali” (elettivi, opzionali…); 3.Breve descrizione delle occasioni / opportunità che la scuola offre (mostre, scambi culturali, partner iati…); 4. Lineamenti dei Piani per il triennio, cioè  progetti in via di implementazione, sviluppo e pianificazione, per migliorare apprendimenti , ambienti e strategie ….

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