Direzione didattica di Pavone Canavese

CHE COSA E' LA CARTA DEI SERVIZI
a cura della dott.ssa Licia Peretto, insegnante elementare, laureata in Scienze della Comunicazione

 

5. QUALCHE "RAGGIO" DI POSITIVITA'

Pur ritenendo doveroso, come è stato fatto nel paragrafo precedente, muovere alcune critiche di fondo alla nuova Carta dei servizi della scuola, è altrettanto corretto presentare i suoi aspetti positivi.

Non c'è dubbio che la Carta risponda a un'esigenza di funzionalità e di trasparenza del servizio scolastico. Di funzionalità, innanzitutto. In una società dove sempre più evidente è la necessità della programmazione a tutti i livelli, la scuola è in grave ritardo. Finito il tempo della commissione educativa, non è mai cominciato quello della professionalità. Sospesi tra due mondi e incapaci di appartenere all'uno o all'altro, gli insegnanti hanno finito spesso per scontare i limiti di entrambi. L'improvvisazione, ereditata dal primo, nè è un esempio.

Strettamente collegata ad essa, l'individualismo: soprattutto nella scuola secondaria, il professore rimane un artista, insofferente alle remore e alle lungaggini di un lavoro comune.

Ciò che conta, per lui, alla fin fine, è di poter chiudere dietro di sè la porta della sua classe e restare solo con i suoi alunni. Da qui una specie di irresponsabilità del docente in senso letterale, intendendo che egli, fino ad ora, non ha avuto da rispondere a nessuno del suo operato. Tanto più da quando la funzione dei dirigenti è diventata, dal punto di vista culturale e didattico, pressochè simbolica. Quanto ai primi, un tacito accordo ha attribuito a ciascuno il compito di curare la propria disciplina e il diritto di non subire interferenze altrui.

Per ciò che concerne gli alunni, una dialettica è sempre stata inevitabile. Quando chiude la porta della sua classe, il docente esclude tutti, tranne loro. E con loro, tradizionalmente, ha sempre dovuto fare i conti, nel bene e nel male. Ma, alla fin fine, per ovvi motivi, l'ultima parola, anche nei loro confronti, è stata la sua.

Ci sarebbero anche i genitori, ma qui il condizionale è d'obbligo, a causa della caratteristica latitanza di questa componente nella gestione del processo educativo e della sua tendenza a farsi viva, in ordine sparso, quasi solo per motivi utilitaristici.

E' appena il caso di aggiungere che questa irresponsabilità degli insegnanti non è una graziosa concessione dello Stato, ma, semplicemente, il risultato di un triste scambio in cui, da parte sua, l'insegnante ha accettato una posizione largamente marginale sia dal punto di vista retributivo che da quello delle condizioni logistiche (locali, mense, attrezzature, materiali), per non parlare della considerazione sociale.

Insomma, lo Stato esigeva poco, e in cambio dava quasi nulla.

La Carta dei servizi ha, se non altro, il merito di rompere questi falsi equilibri, cominciando a chiedere di più al docente e, soprattutto, instaurando dei meccanismi che lo rendano responsabile di fronte agli altri protagonisti del processo educativo e, in definitiva, alla società e che lo costringe ad abbandonare quello stile d'improvvisazione e di individualismo di cui sopra si parlava.

Quella che viene introdotta, con la Carta, è dunque una logica di programmazione e di coordinamento tra gli operatori scolastici, in primo luogo i docenti, che si vedono chiamati ad una consistente modifica di mentalità prima ancora che di stile operativo.

E' in questo contesto che si apre lo spazio per un'effettiva trasparenza, anche all'interno della scuola. Non a caso la Carta dei servizi prevede puntigliosamente delle informazioni

all'utenza rispettivamente sul Progetto d'Istituto, sulla programmazione educativa e su quella didattica precisando che, sulla base del contratto formativo, l'allievo deve conoscere:

E' chiaro, del resto, che solo una scuola ripensata in questi termini è in grado di affrontare l'esperienza dell'autonomia, ormai alle porte.

 

6. UN'IDENTITA' PER L'AUTONOMIA

E' proprio nel contesto della futura autonomia che si innesta il discorso sull'identità della scuola.

Le singole unità scolastiche, per essere autonome, devono poter dare risposte differenti ai territori che le circondano; devono poter utilizzare in modi differenti i talenti del personale che vi opera; devono poter differenziare l'offerta formativa.

Se faranno questo, inevitabilmente svilupperanno una propria cultura, un proprio ethos, una propria identità e proietteranno sull'ambiente una specifica immagine.

D'altro canto già ora, senza che sia stato concesso alcun regime di autonomia, ogni scuola

ha proprie caratteristiche distintive che fondano giudizi di preferibilità. Lo sanno bene ad esempio i genitori che devono iscrivere i bambini a una scuola per la prima volta o gli insegnanti che intendono trasferirsi. Le scelte che si compiono in questi casi sono sostenute non solo da constatazioni (per esempio quelle che riguardano la vicinanza o la lontananza dalla propria abitazione), ma sempre di più da una raccolta di informazioni che riguardano la qualità dei servizi offerti.

Ma quali sono le caratteristiche di queste informazioni? Quali sono le fonti di questa conoscenza sulla scuola?

Raramente le notizie poggiano su esperienze dirette. Più spesso si basano su parole che vengono fatte risalire a persone di cui ci si fida. Un'analisi linguistica neanche troppo sottile ci porterebbe a scoprire che si tratta di discorsi di carattere descrittivo ricchi, però, anche di elementi valutativi o addirittura di narrazioni che riguardano episodi, situazioni, fatti.

Le comunicazioni orali più formalizzate, che avvengono per esempio nelle assemblee o nel corso dei colloqui attenuano, ma non scalfiscono, la forza di questa comunicazione informale.

Ciò che accade tra gli insegnanti è un po' più complicato dal momento che qui esistono anche documenti scritti che in qualche modo trasmettono informazioni più controllabili (si pensi alle programmazioni, ai progetti, agli stessi registri).

Ma se andassimo più a fondo scopriremmo che le comunicazioni informali, fatte anche in questo case di elementi descrittivi, valutativi e narrativi, determinano, in modo molto marcato, quella che potremmo chiamare l'identità interna di una scuola.

Va da sè che la comunicazione informale veicola inevitabilmente anche pregiudizi e storture, ma è proprio questa comunicazione informale che inesorabilmente "cuce" addosso alla scuola la sua immagine. Questo sapere diffuso tra docenti e genitori finisce per condizionare profondamente una scuola in quanto influenza le loro scelte, le loro propensioni a iscrivere bambini o ad andarvi a lavorare. In qualche modo viene messa in gioco la quantità e le caratteristiche dell'utenza e anche le caratteristiche del corpo docente.

Può essere tollerata una situazione di questo genere? E' accettabile che una scuola affidi la propria immagine, le informazioni che la riguardano, la descrizione del proprio metodo di lavoro esclusivamente alla comunicazione informale?

Non ci si può naturalmente limitare a subire la comunicazione informale, non ci si può limitare a ricevere l'immagine, la si deve anche costruire. Questo per l'ovvia ragione che una scuola autonoma presuppone una iniziativa e un protagonismo che non si può fermare di fronte alla gestione dell'informazione che la riguarda. Questo tipo di informazione non è un trascurabile accessorio del quale si possa fare a meno, ma è un elemento essenziale per la costruzione della propria cultura.

E' la cultura, infatti, che determina, in molti casi, le consapevolezze, le percezioni e i significati da attribuire agli accadimenti e alle vicende scolastiche.
E' la cultura che rappresenta un fondamentale collante organizzativo che tiene insieme un tessuto a volte fin troppo allentato.
E' la cultura che a volte costruisce la realtà organizzativa oltre che esprimerla, per esempio condizionando la propensione a entrare, a rimanere, ad andarsene dalla scuola.

In questa fase vale la pena di guardare alla Carta dei servizi proprio da questo punto di vista. Si tratta di cogliere un'occasione per costruire una comunicazione scritta chiara, leggibile, quasi "godibile", che sia tale da esprimere l'identità di una scuola, da dare un'idea non banale delle sue caratteristiche essenziali, un'idea in qualche modo scevra da quegli elementi di pregiudizio che circolano nella comunicazione informale ma, soprattutto, un'idea socialmente costruita dai docenti, dai capi di istituto e anche dai genitori.

Certamente la comunicazione informale continuerà ad esistere, ma non sarà più la sola cui operatori e utenti dovranno riferirsi per comprendere una scuola.

Un'operazione del genere, per il solo fatto di essere avviata, tonifica l'organizzazione scolastica, porta gli operatori e gli stessi fruitori del servizio a compiere uno sforzo di ricognizione intorno ai propri punti di forza e alle proprie debolezze che può dar luogo a una descrizione onesta, non mistificatoria, ma neppure depressiva, della propria identità.

 

7. LA CARTA COME "WORK IN PROGRESS"

L'avvenuta adozione della Carta dei servizi da parte della scuola, però, pur segnando un primo e positivo punto fermo, rappresenta solo l'ingresso su di una strada ulteriore che l'istituzione si avvia a percorrere.

Se il documento, come si è detto, esprime l'identità complessiva della scuola, esso ne dovrà inevitabilmente accompagnare ogni successiva trasformazione, evoluzione, sviluppo.
Tutta la documentazione che la scuola è tenuta a produrre, in ordine alle nuove modalità della erogazione del servizio, va infatti considerata come un work in progress, cioè come un insieme di documenti composti a dossier, le cui parti non hanno mai un valore definitivo in quanto debbono rispondere più all'evolversi della situazione e ai cambiamenti che si hanno nel sistema che non alla descrizione di oggetti statici.

Ma, a ben riflettere, la necessità di operazioni di "manutenzione" sarà imposta anche da altre evenienze:

Ritorna alla mente a questo punto tutto ciò che è stato detto a proposito dell'innesco di un positivo processo elaborativo e identificativo interno alla struttura amministrativa. Tale riposto scopo, insito nell'adozione della Carta e mirato ad un più efficiente ed efficace funzionamento dell'amministrazione e del servizio reso ai cittadini, dovrebbe avere una realizzazione quasi automatica, in quanto anche gli adeguamenti in itinere del documento imporranno, ad ogni avvertito e responsabile operatore, di riflettere periodicamente su quello che fa.

Una più diffusa e costante consapevolezza e una più ricorrente abitudine all'esternazione comunicativa dei comportamenti, senza voler sminuire o nascondere la concorrente e determinante importanza di numerosi altri fattori e precondizioni risalenti al sistema scolastico nel suo complesso, saranno le prime, irrinunciabili garanzie che ciascun operatore potrà, da parte sua, assicurare nel fare più efficacemente "scuola".

L'adozione della Carta dei servizi va quindi intesa come un passaggio ad una logica gestionale ed organizzativa in cui i momenti di diagnosi, di progettazione e di valutazione sono enucleati dal flusso continuo dell'azione per interpretarla, guidarla, regolarla.

In questa prospettiva, in fase di prima applicazione, come si direbbe in "burocratese", l'adozione della carta costituisce, innanzitutto, l'occasione per compiere un'autodiagnosi e per verificare a che punto si trova la scuola.

Essenziale è la predisposizione tempestiva degli strumenti e delle modalità per la valutazione del servizio sulla base di rilevazioni empiriche, i cui risultati costituiscono il punto di partenza per lo sviluppo della progettazione, dell'organizzazione del servizio, dell'aggiornamento della Carta, secondo una procedura ciclica ma incrementale, non meccanicamente e ritualmente reiterativa.

In sintesi, si tratta di un controllo organizzato, strumentato e sistematico per aiutare le organizzazioni scolastiche ad apprendere, cioè a migliorare, e per individuare e diffondere le soluzioni positive "assumendo esplicitamente la learning organization come obiettivo... per svolgere, quindi, una... funzione a supporto dell'apprendimento globale dell'organizzazione" [Tommassini, 1994].

Ciò comporta la padronanza, da parte dei dirigenti, di competenze diagnostiche, di leadership di gruppo e di consulenza, di facilitazione dell'apprendimento auto-organizzativo degli adulti, di incorporazione (cioè verifica dell'applicazione delle soluzioni individuate nella pratica di lavoro, integrando aspetti tecnici e culturali-organizzativi) .

Tuttavia, lo sviluppo di una generalizzata "cultura della valutazione" non può basarsi solo sulla "buona volontà professionale" degli operatori; è ormai tempo, anche nel nostro Paese, di attivare uno specifico servizio in grado di coordinare in modo sistematico l'esercizio di complesse ed essenziali funzioni come:

 

8. CONCLUSIONE

La Carta dunque deve essere uno strumento che aiuta la scuola a crescere ed a migliorare nello svolgimento dei suoi compiti.

Solo un ingenuo o uno sprovveduto potrebbero pensare che la Carta risolverà, a breve o medio termine, i problemi di fondo della nostra scuola.

La sua applicazione potrà però contribuire a rafforzare la volontà di rivitalizzazione professionale ed organizzativa e di rinnovamento pedagogico diffusa nella scuola, volontà che, purtroppo, ha avuto scarsa occasione di affermarsi per una pervasiva insensibilità politica e sindacale.

Rivolgendosi agli operatori, agli studenti, alle famiglie, alla società civile li esorta a "scommettere" sulla scuola investendo in essa impegno e risorse, nella profonda convinzione che una società in grado di offrire un servizio scolastico pedagogicamente ed organizzativamente valido possa guardare con attese e speranze crescenti al proprio futuro.

Costituisce inoltre uno stimolo ed un richiamo alle numerose istituzioni (Ministero, Provveditorati agli studi, Enti locali, USSL, etc.) i cui interventi, previsti per legge, incidono fortemente sulla qualità del servizio. La positività dell'iniziativa è stata ampiamente ribadita dagli esperti di settore, dall'opinione pubblica, dalla stampa e dai mass media in genere.

Nonostante alcune enfatizzazioni, la Carta costituisce, obiettivamente, un'ulteriore riaffermazione della necessità di un sistema scolastico moderno e può essere vista come "molla" per far scattare possibili cambiamenti anche a livello organizzativo e comunicativo.