Direzione didattica di Pavone Canavese

Conchiglie

piccole riflessioni nel mare della psicologia
a cura di Daniela Bardelli

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(29.10.2003)

Giocando ... si cresce

Fino a qualche decennio fa c’erano molti spazi aperti in cui bambini di ogni età potevano muoversi liberamente ed incontrarsi. Si giocava tracciando nel cortile le piste per le biglie, si disegnava lo schema per giocare alla settimana, si scambiavano le figurine, si correva e ci si nascondeva, si girava in bicicletta e sui pattini sporcandosi mani e ginocchia e condividendo la merenda. Il tutto sotto gli occhi spesso invisibili ma attenti e vigili di una famiglia allargata composta da genitori, nonni, vicini, amici… Poi a poco a poco, nel tempo di un paio di generazioni, le trasformazioni della società, della struttura della famiglia e del sistema relazionale, delle abitudini di vita, della gestione del tempo hanno sempre più ristretto lo spazio fisico di movimento e di azione dei bambini e di conseguenza i loro modi di giocare e di crescere. I giochi dei bambini si sono modificati adattandosi ai nuovi stili di vita e alle richieste, più o meno esplicite, che provengono dal mondo dei grandi ma riducendosi lo spazio fisico dedicato al movimento, per i bambini diminuisce anche la possibilità di correre, saltare, inseguire, creare e disfare piccoli gruppi all’interno dei quali poter inventare nuovi giochi. E da attività "sociale e socializzante" il gioco infantile sta diventando sempre più una attività solitaria. I giochi "intelligenti" permettono ai bambini di sviluppare tutte quelle abilità cosiddette cognitive ma non favoriscono le componenti senso-motorie, sociali, affettive, creative… ossia tutte le altre componenti dell’intelligenza. Il gioco è il "lavoro" dei bambini e una buona varietà di giochi permette una crescita e uno sviluppo equilibrato e completo. Nell’infanzia molti dei giochi di movimento aiutano indirettamente i bambini a sviluppare e a padroneggiare nuove abilità nel rispetto delle regole e degli spazi. Nei giochi di gruppo e di movimento è tutto il cervello che viene messo in moto: mentre si muovono, i bambini vivono emozioni, sensazioni, percezioni, imparano le regole, sviluppano abilità sociali e linguistiche, sperimentano la concretezza delle azioni che derivano dai loro pensieri e dai loro desideri, imparano a progettare un’azione in vista di uno scopo, ad organizzare una attività e a vederne la concretizzazione; provano a collaborare, a confrontarsi, a coordinare, a scegliere e decidere…e tutto ciò contribuisce attivamente alla costruzione e alla validazione della loro identità. Perché un bambino possa sviluppare in futuro un buon auto-controllo, una adeguata autostima, sufficienti capacità relazionali, la capacità di auto-valutarsi e un buon grado di fiducia in se stesso e in chi lo circonda è evidente che deve prima aver la possibilità di acquisire una sufficiente conoscenza e padronanza di sé e quindi del proprio corpo. Fin dai primi mesi di vita, i giochi di movimento permettono esperienze cognitive e sensoriali oltre che fisiche: i bambini apprendono mentre osservano, toccano, mordono, esplorano…e tutto ciò permette la costruzione di mappe mentali di riferimento sempre più complete e precise. Anche i giochi turbolenti dove i bambini si inseguono, lottano e si colpiscono, se svolti come gioco, sono molto importanti perché insegnano ai bambini a capire fin dove possono spingersi, a comprendere che la loro forza non è "una cosa cattiva" e non necessariamente "fa male" ma va misurata anche in base ai compagni di gioco: anche giocando a fare la lotta i bambini imparano a collaborare e interiorizzano quelle che sono le loro piccole responsabilità nei confronti dei coetanei molto più rapidamente di quanto non possano fare con l’intervento dell’adulto. I nostri bambini esprimono anche attraverso i comportamenti i loro disagi, e a volte la loro difficoltà a stare fermi, ad ascoltare, a mantenere l’attenzione, a rispettare gli spazi fisici e relazionali, a darsi dei limiti potrebbe dipendere anche dal fatto di essere già tanto "limitati" dai tanti impegni "formativi" organizzati dagli adulti con l’intento di aiutarli e di stimolarli aprendo loro nuove possibilità. Il rischio è forse oggi quello di pensare ai bambini con i quali viviamo e lavoriamo dimenticando che non sono dei piccoli adulti ai quali è necessario organizzare minuziosamente la giornata con attività che possano fornire loro competenze, abilità e conoscenze teoriche in modo da non "perdere tempo", ma ricordando che sono persone in crescita e che diventare grandi non significa solo diventare "capaci a fare" ma soprattutto sentirsi "capaci ad essere".

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