Direzione didattica di Pavone Canavese

(20.02.00)

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La città prestata
ovvero: considerazioni sul potere
a proposito dell'intervento di Girio Marabini

 

Consenso, dissenso, repressione.
Così, schematicamente, si può rappresentare la dinamica sociale.
Se è vero, come è vero, che la democrazia si misura nella maniera in cui viene gestito il consenso e tollerato il dissenso è altrettanto vero che un sicuro indicatore di libertà e di partecipazione alla vita democratica è rappresentato dal modo in cui quest’ultimo (il dissenso) viene tollerato, stimolato e/o represso.
La concertazione è un artificio sociale e giuridico che ha espropriato, di fatto, il cittadino inteso come "soggetto politico" dalla partecipazione attiva alla vita della "città".
La "città prestata", secondo la bella definizione del prof. Girio Marabini, è diventata terra di conquista di burocrati, politici e sindacalisti di professione – sempre più distanti dal volgo che pur pretendono di rappresentare – le cui "gesta" vengono raccontate e, a volte, millantate da quei moderni cantastorie che sono i giornalisti televisivi.
Poco o niente può il cittadino comune per contrastare questa tendenza all’omologazione e al conformismo.
Eppure qualcosa è accaduto.
Di imprevedibile e, insieme, di straordinario!
Il fermento che in questi giorni si registra nelle scuole italiane può avere una spiegazione nell’abitudine – diventata manifesta ed intollerabile – di questo ministero di considerare il personale docente come elemento accessorio, secondario rispetto al progetto di riforma scolastica che si intende attuare.
Un elemento (quello del corpo docente) assolutamente irrilevante socialmente e politicamente e facilmente manovrabile a colpi di decreti  (meglio se direttoriali).
Evidente appare la presunzione ministeriale di essere al sicuro da contestazioni eclatanti confidando nell’appoggio di CGIL, CISL, UIL e SNALS e nella loro capacità di comprendere ed interpretare le esigenze e le aspettative della base.
Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno evidenziato che tale consenso era solo….virtuale!
E questa considerazione, forse banale, mi introduce al nodo della questione.
Ogni processo di riconversione industriale o di riforma, se preferite, non può essere forzato ma deve essere condiviso: ciò significa che, per riuscire, una riforma ha bisogno innanzitutto di motivare ( ed incentivare ) chi poi dovrà farla sua.
Altro che riforma a costo zero! (cfr. Nadia Masini sottosegretario alla P.I. Italia Oggi 8 febbraio 2000 pag. 38 ).
E’ nella ricerca del consenso che Ministro, confederali e Snals hanno clamorosamente fallito evidenziando di aver, colpevolmente, sottovalutato il "fattore umano" a cui, evidentemente, era stato attribuito il ruolo di spettatore ed esecutore passivo.
L’aver deciso "in pochi", secondo la logica perversa della concertazione, ha escluso i docenti dal processo di partecipazione/condivisione alle scelte e, di conseguenza, ha evidenziato la divaricazione esistente tra rappresentante e rappresentato: ha messo a nudo il potere!
Riprenderci (noi operatori della scuola) la "nostra sovranità" significa assicurarsi che, d’ora in poi, le scelte che coinvolgono tutti devono essere preventivamente conosciute, discusse e condivise.
Deve cioè essere assicurata sia una corretta informazione sulle questioni oggetto di dibattito sia una preventiva e vincolante consultazione prima di impegnare, al rispetto di certe scelte, l’intero corpo docente.
E’ un ritorno alle origini.
A quel modo, forse, difficile ma sicuramente esaltante di democrazia che consiste nel dare conto puntualmente e correttamente del proprio operato e delle proprie scelte a coloro che si pretende di rappresentare.
Perché, proprio perché provvisorio (come scrive il prof. Marabini), del "potere si deve rendere conto".

Già…il "conto" !!

E’ quello che il 17 febbraio 2000 abbiamo chiesto in tanti: al Ministro, alla CGIL, alla CISL alla UIL e allo SNALS.

ins. Grazia Perrone – Gilda Bari