PavoneRisorse

I dibattiti di PavoneRisorse

(01.03.2014)                                                                                                                                                                                                                                               

“Fa quel che può, quel che non può non fa”
di Maurizio Tiriticco

 

 

  

La fiction sul maestro Manzi ci offre l’occasione per riflettere ulteriormente sul tema della valutazione, o meglio sulla più ampia tematica dell’insegnare/apprendere, in quanto il valutare ne costituisce un prezioso sottoinsieme: prezioso perché permette a chi apprende e a chi insegna di correggere costantemente e tempestivamente i processi attivati. Il maestro Manzi si rifiutò di formulare giudizi formali scritti sugli alunni, temendo che un giudizio, buono o cattivo che fosse, tendesse comunque a congelare una situazione che, invece è in continua evoluzione, come avviene, di fatto, quando si apprende, indipendentemente dal conteso in cui si opera. In effetti, non si apprende solo a scuola, apprendiamo costantemente e sempre, e non solo nell’età evolutiva. Oggi giorno devo apprendere mille cose nuove: da quelle più banali a quelle più impegnative! Dove posso acquistare quel prodotto che nel supermarket sotto casa è esaurito? E quale treno mi conviene prendere per raggiungere Milano in tempo per…? E quale scuola indicare per il nipotino che esce dalla scuola media? E quali informazioni ha assunto mio figlio in proposito? E questa camicia vale il prezzo che costa?. E devo apprendere anche se acquisto un cordless o l’ultimo cellulare! Per non dire poi quanto sia difficile apprendere le istruzioni per farli funzionare! E, se ad ogni operazione QUALCUNO dovesse valutare il nostro comportamento, la nostra scelta e i suoi esiti, staremmo freschi! Un QUALCUNO sempre presente come un falco cacciatore, con un pagellino in mano impegnato a metter voti! IMPLACABBBILEEE!!! Con tanto di più più, meno meno e tutte le altre amenità che ci accompagnano per tutto il lungo periodo del nostro crescere/apprendere nelle aule scolastiche.

Mi chiedo: sarebbe possibile una scuola senza voti e senza pagelle? O meglio, sarebbe possibile valutare senza ricorrere alla strumentazione stranota che ereditiamo da un lontano passato? Quanto abbiamo faticato per liberarci dalle pene corporali a cui erano soggetti gli alunni di un tempo! Il plagosus Orbilius chissà quanto avrà infierito a suon di nerbate sul povero Orazio. Ma poi, diranno i valutatori impenitenti, quell’alunno è diventato Orazio! Del resto, gli stessi maestri della nostra scuola fino a qualche decennio fa maneggiavano la bacchetta abitualmente, come il fantino usa lo scudiscio. Oggi tali mezzi sono perseguibili per legge! Era ora! Mah!!! Quand’è che faremo fuori legge gli ultimi arnesi correttivi che, se non affliggono il corpo, creano ansie, tensioni, paura di “sbagliare”; oppure astuzie di ogni tipo per aggirare l’ostacolo! Sono tanti gli studenti che dei voti “se ne fregano”, tirano a campare, racimolano una striminzita sufficienza e poi giostrano per l’intero trimestre “fuggendo” dai compiti in classe e dalle interrogazioni! Odiano questi strumenti e, di conserva, odiano la disciplina che, invece, con questi strumenti dovrebbe essere garantita e implementata. Con la conseguenza grave che – è notorio – non si studia per apprendere, ma per evitare i brutti voti! So che non è così ovunque e sempre, ma in larga misura è così, soprattutto nelle nostre scuole superiori.

Ciò che dico è ovviamente provocatorio, ma solo fino a un certo punto. E mi viene da pensare: non sarebbe possibile adottare altre modalità valutative, che non siano quelle stranote? Quelle che sono trascritte puntualmente sul registro? E che poi, alla fine dell’anno scolastico costringono il valutatore a fare i salti mortali per far quadrare un bilancio difficile? E poi, come la mettiamo con i meno meno, gli “i” delle impreparazioni, i più, i mezzi, e così via? E con le assenze strategiche per evitare compiti e interrogazioni? Povero insegnante costretto a duellare con una mappata di numeri! Se la sequenza dei voti per Tizio è 3,4,5,6,7, e per Caio 7,6,5,4,3 il 5, la fatidica salvifica media rappresenterà veramente, anzi matematicamente, l’esito corretto, anzi “giusto” – perché tiriamo in ballo anche la morale – di due apprendimenti così opposti nel loro sviluppo?

I giudizi verbali, che con tanta fatica avevamo,introdotti nella scuola dell’obbligo nel lontano ’77, la Gelmini e Tremonti li hanno banditi! Che cosa c’è di più eloquente di un numero? Anche la febbre, la velocità, il pieno della benzina, financo i terremoti sono classificati con dei numeri! L’acqua ghiaccia a zero gradi e bolle a cento! Del resto, anche le scarpe devono avere quel numero e non un altro! Perfino mutande e reggiseni! Per cui, che cosa c’è di meglio di un numero per valutare la padronanza (non entro nel merito della competenza per non aprire un capitolo su cui il nostro Miur sa poco o nulla, al di là della parola) che un alunno ha di una disciplina?

Caro Manzi! Se i giudizi irrigidiscono, i voti irrigidiscono cento volte di più! Comumque, “Tiremm innanz”, come disse Amatore Scesa prima di salire al patibolo! E come dicono i nostri insegnanti prima di dare inizio al CdC di fine anno! Comunque, penso che ci sia poco da fare! I voti non si metteranno mai in discussione, perché una cultura della valutazione, quella vera, che accompagna corregge, sostiene, motiva, incoraggia costa fatica! Richiede, sollecita e condiziona un rapporto diverso tra discente e docente, quello che maestri come Manzi o Don Milani, o Mario Lodi o Pino Tamagnini, o Celestine Freinet e pochi altri sono riusciti ad attivare! Quelli che hanno dato vita a scuole in cui – ricordo a memoria – “non c’è né voti nè pagelle, ne’ rischio di bocciare o di ripetere”. Insomma, un’ampia letteratura ci suggerisce tante “cose nuove”, ma… purtroppo letteratura resta… a volte buona solo per vincere i concorsi! Non per insegnare! E che fa a pugni con i nostri ordinamenti e con lo stesso dpr sulla valutazione. E poi ci sono tante parole inglesi, che non esistono neanche nel nostro vocabolario! Parole grosse: mentor, coach, tutor, curator, peer tutor… Questi inglesi! Un po’ bastonano un po’ innovano!

Lo riconosco! Questo scritto è solo una provocazione! Vuole essere un invito a pensare “alla grande” in materia di valutazione. La nostra scuola è attualmente tutta “incartata” sul dilemma Invalsi sì-Invalsi no! Un braccio di ferro che non vedrà né vinti né vincitori, se non si innalza il livello del dibattito, affinché vada oltre le sterili contrapposizioni che conosciamo e i mille interrogativi a cui non si vogliono dare risposte. Si discuta in primo luogo sulle finalità, i criteri e gli strumenti della valutazione attualmente in atto nel nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione”! Altrimenti che sistema è? E si rifletta se la valutazione in atto sia veramente “formativa” o se si limiti soltanto ad essere “conclusiva” e a censire risultati, di breve o di lungo periodo.

Non si può guardare positivamente in avanti e progettare innovazioni, se non si ha certezza di ciò che occorre cambiare nel presente.

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