Direzione didattica di Pavone Canavese

L'educazione interculturale nell'anno del POF.....

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(31.07.2003)

La povertà nel mondo:
il rapporto 2003 dell’UNDP

A inizio luglio, come ogni anno, il Programma dell’ONU per lo sviluppo umano ha presentato il suo annuale rapporto. Si tratta del 14° volume, a partire dal 1990. E molti di questi sono già stati recensiti sul sito di PavoneRisorse.

Il rapporto UNDP è negli anni diventato una "bibbia" per tutti coloro che si interessano di sviluppo, di rapporti nonrd-sud, di globalizzazione. Tuttavia, dopo 13 anni, si corre un po’ il rischio di ripetere una stanca liturgia: tutti i giornali dedicano una o più pagine allarmate alla situazione del mondo e degli esseri umani che lo abitano e poi, il girono dopo, tornano allegramente a parlare di mari, monti e vacanze lasciando che ad altri tocchi il compito di tener viva la riflessione e l’azione sui temi messi in agenda dal rapporto.

 MILLENIUM DEVELOPMENT GOALS

Quest'anno il Rapporto – in Italia tradotto come sempre dall'editore Rosenberg & Sellier - ha per argomento Le azioni politiche contro la povertà. (Millennium Development Goals: A compact among nations to end human poverty.) Il titolo richiama da un lato l'ottavo rapporto che si occupava dell'argomento con il titolo Sradicare la povertà (a cui erano seguiti I consumi ineguali, La globalizzazione, I diritti umani, Come usare le nuove tecnologie, e infine, l'anno scorso, La qualità della democrazia), dall’altro i Millennium Development Goals, ovvero gli obiettivi dello sviluppo per il millennio. Il rapporto del 2003, presentato in tutto il mondo contemporaneamente non è però un Rapporto come gli altri che lo hanno preceduto, tutti estremamente interessanti, ma anche marginali nell'ottica dell'Onu. Quest'anno infatti sono fatti interagire con maggiore precisione due temi centrali (la povertà e la sua eradicazione) che fanno parte della scommessa del millennio. Così ben 100 pagine del volume (su un totale di 400, tutte ricchissime di dati, riflessioni, statistiche aggiornate ed estremamente complete ed accurate) sono dedicate a come sconfiggere la poverta. E a come farlo entro il 2015.

La povertà analizzata dal rapporto è quella indicata nel 2000, al vertice delle Nazioni unite sul millennio, come obiettivo per lo sviluppo del Millennio da 189 leader mondiali: capi di stato e di governo. L'obiettivo-povertà è stato poi ribadito, con il vertice di Monterrey, dedicato alla fattiva ricerca di finanziamenti del resto mai trovati. Anche al recente G8 di di Evian i grandi della terra hanno confermato il "loro sostegno agli obiettivi di Sviluppo del Millennio".

Molte parole, anche in questo caso, ma finanziamenti pochi. Tant’è che a Evian il segretario dell'Onu Kofi Annan ha chiesto se non fosse il caso di dare finalmente " la dovuta priorità alle questioni inerenti la povertà e lo sviluppo, che sono di primaria importanza per la maggior parte delle persone del mondo". Parole ripetute a metà luglio con una lettera, molto garbata ma durissima nella sostanza, inviata al Presidente del Consiglio Berlusconi in cui si chiede conto del motivo della riduzione costante dei finanziamenti italiani allo sviluppo… pur a fronte di molti impegni solenni e molte chiacchiere. (Al riguardo basti dire che i soldi italiani per la cooperazione allo sviluppo sono stati per mesi bloccati poiché il governo ha pensato di utilizzarli per la missione delle truppe italiane in Iraq. Missione, sia detto per inciso, che non avendo alcuna copertura ONU risulta essere di dubbia legittimità costituzionale)

Una strategia in otto punti

Gli otto punti della strategia vincente contro la povertà sono così indicati dall’UNDP:

  1. dimezzare la povertà e la malnutrizione entro il 2015;
  2. assicurare l'istruzione primaria entro il 2015;
  3. promuovere l'equità nell'educazione di ragazze e ragazzi entro il 2005;
  4. ridurre la mortalità infantile di due terzi entro il 2015;
  5. ridurre la mortalità materna di tre quarti entro il 2015;
  6. arrestare la diffusione del virus Hiv/Aids, di tubercolosi e malaria entro il 2015;
  7. assicurare la sostenibilità ambientale;
  8. sviluppare una partnership globale a favore dello sviluppo (cooperazione, riduzione del debito, commercio equo).

Questi gli obiettivi. Ma la realtà è ben diversa. La povertà infatti corre più forte della capacità globale di combatterla. Ai ritmi attuali l'Africa subsahariana potrebbe raggiungere l'obiettivo della mortalità infantile nell'anno 2165; l'Asia del sud non dimezzerà la malnutrizione che tra un centinaio di anni; il reddito pro capite cala nei paesi che facevano parte dell'Urss e non si riprende in America latina.

La povertà ed il sottosviluppo hanno poi anche facce "abituali": a livello globale, un bambino su cinque non finisce la scuola elementare, nel 2001 più di 14 milioni di bambini hanno perso un genitore o entrambi a causa dell'Aids (si prevede che entro il 2010 si arriverà alla cifra di 28 milioni di malati di Aids).

Se poi si vuole andare a vedere la "classifica" dei paesi secondo l’indice di sviluppo umano si trova che, come da alcuni anni, l’ultimo paese (175°) è la Sierra Leone, preceduto dal Niger (quello che secondo Bush e i servizi segreti occidentali avrebbe potuto vendere tonellate di uranio all’Iraq!!). L’Italia occupa il posto n. 21.

Ma se si vuole davvero rendersi conto della ricchezza (anche se è una operazione un po’ traumatica, lo ammetto) dei materiali messi a disposizione dal rapporto UNDP occorre andare a consultare personalmente il data base per paese o per indicatore.

Consiglio, visto l’interesse educativo del sito Pavonerisorse, di consultare i seguenti indicatori:

e avanti così… magari consultando i paesi di proprio interesse oppure analizzando le differenze determinate dal genere (pesantissime sia a livello di reddito che di educazione e di accesso alle risorse).

Policy, not charity

L’ultimo capitolo del rapporto si intitola, emblematicamente: Politica, non carità: ciò che i paesi ricchi possono fare per raggiungere gli obiettivi del millennio.

Ecco, in queste due parole (politica, non carità) sta il senso di tutto il rapporto. E sta anche l’atto d’accusa nei confronti di chi, politico, preferisce leggere le questioni dello sviluppo globale con l’ottica compassionevole della carità (vedi capitalismo compassionevole) piuttosto che con l’ottica della politica. Perché non sarà la carità più o meno interessata a vincere le sfide della povertà globale ma solo la politica. La politica. Che se non si impegna su questi temi che senso ha?

Aluisi Tosolini 

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