Direzione didattica di Pavone Canavese

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(12.12.2004)

A proposito della polemica Andis Torino- Sindacati Confederali torinesi
sulla modulistica per le iscrizioni 2005/06
di Federico Niccoli

Per la serie "facciamoci del male", a Torino è in atto una polemica sui modelli da utilizzare per le iscrizioni 2005/06 tra i Sindacati Confederali e l’Andis.

Non si avvertiva, ovviamente, il bisogno di una sorta di lotta fratricida, ma ormai la frittata è fatta e val la pena di intervenire con qualche motivazione aggiuntiva.

Per chi, come me, è socio-fondatore della CGIL Scuola e tra i primi iscritti all’ANDIS, le questioni poste sollecitano passioni laceranti . E’ noto a molti che, nonostante la mia fedeltà e l’orgoglio personale di appartenenza alla CGIL, in non poche occasioni ho criticato certi scivoloni del sindacato nel "sindacalese", cioè nella difesa immotivata e fortemente corporativa di presunti diritti dei dipendenti nelle situazioni in cui si dovrebbe sempre far prevalere il diritto soggettivo degli alunni ad una prestazione qualificata della scuola-servizio.

Non sono pertanto una fonte sospetta se affermo con forza che, in questo caso, il sindacato confederale "vola alto", mentre l’Andis "vola basso".

Di cosa si tratta ?

I confederali sostengono che già dalla predisposizione del modello di iscrizione ""diventa importante chiarire come il tempo del laboratoriale, dell’integrazione, dell’individualizzazione sia fortemente correlato ad una piena attuazione dell’offerta formativa e come la scuola sia fortemente orientata ad evitare un’offerta frantumata o al minimo di legge."" e, conseguentemente, propongono un modello di iscrizione con due sole opzioni (tempo pieno di 40 ore con due insegnanti, comprensive del tempo-mensa o tempo scuola di 30 ore con eventuale tempo mensa aggiuntivo) e una chiara annotazione : ""Le attività da svolgersi nei laboratori, di sostegno, di potenziamento e di integrazione fanno parte dell’unico progetto educativo, concorrono al pieno raggiungimento degli obiettivi didattici fissati e non sono separabili dal curriculum strettamente obbligatorio.""

L’Andis torinese, invece, presenta un modello con 3 opzioni (A:40 ore, B:30 ore[27+3], C: 27 ore) sia pure avvertendo che i modelli A e B sono quelli compatibili con il POF elaborato dalla scuola e che, pertanto (?!), il modello imperniato sulle 27 ore compare come modello residuale sganciato dalle proposte che qualificano il POF.

Mi preoccupa soprattutto l’affermazione dell’ANDIS torinese secondo la quale un modello di 27+3 ore possa essere compatibile con l’offerta formativa di una scuola a tempo pieno o anche a struttura modulare. Non bisogna mai dimenticare che 30 ore non sono la stessa cosa di 27+3 ore. Finché abbiamo forza, cerchiamo di non cascare nella trappola dello spezzatino pedagogico ed evitiamo di fornire ghiotti assist a quelle scuole che con una distinzione forzata tra obbligatorio e facoltativo "piazzano" le 3 ore dalle 15,30 alle 16,30 del giovedì e dalle 14,30 alle 16,30 del venerdì. Gli amici torinesi forse non sanno che, a proposito di collocazione oraria ritenuta discriminatoria, la Curia Arcivescovile di Milano ha le idee molto chiare ed ha "bacchettato" quei dirigenti scolastici milanesi che si sarebbero macchiati del grave peccato dell’inserimento dell’insegnamento della religione cattolica alle prime o alle ultime ore della giornata scolastica. In sostanza la Curia tiene a far sapere che l’IRC (che, tra l’altro, è un insegnamento facoltativo senza ombra di dubbio) deve far parte integrante dell’orario settimanale degli alunni e non può essere collocato in orari che potrebbero favorire la scelta delle famiglie in favore dell’alternativa all’IRC o addirittura per l’ingresso posticipato/uscita anticipata.

Mi chiedo: perché dovremmo essere più realisti del Ministro Moratti?

Il piano dell’offerta formativa della scuola non può che proporre all’utenza un curricolo fondato sull’unitarietà dell’offerta formativa, senza divisioni interne fra quota oraria obbligatoria, facoltativa/opzionale ed aggiuntiva, come del resto riconosce la stessa circolare n° 29/04- punto 3.3.- del Miur e su una articolazione distesa ed equilibrata dei tempi di insegnamento curricolare, come riconosce il commento del Miur all’art.7 comma 9 del D. L.vo 59/94 : ""…organizzare in modo equilibrato le diverse attività educative, evitando, nell’arco dell’intera giornata, rigide ripartizioni dei tempi e dei contenuti dedicati alle singole attività "".

Credo che dovremmo sostenere un tale tipo di affermazione forte in quanto i criteri decisionali nella formulazione di orari per i moduli di apprendimento, ed al tempo stesso requisito validante, divengono ritmi, successioni, scansioni, giustapposizioni che rispettino:

Da ciò direttamente consegue che nell'organizzazione dei tempi occorre distribuire in maniera quantitativamente/qualitativamente equilibrata, lungo l'arco della settimana, l'intero impianto formativo. Lo sviluppo temporale, le alternanze e le successioni di attività, ad ogni livello, devono essere tali da garantire la giustapposizione e la non sovrapposizione di momenti "forti" e momenti "deboli", di momenti "pieni" e momenti "vuoti", momenti "intensi" e momenti "estesi", momenti di "rilassamento" e momenti di "tensione".

E’, pertanto, indispensabile assumere come riferimento ineludibile della proposta formativa l’assoluta unità didattica mattino-pomeriggio con articolazione della giornata scolastica senza assurde subordinazioni gerarchiche delle attività non riferibili immediatamente all'area cognitiva (e, quindi, solitamente relegate nel pomeriggio o in momenti "di riposo") rispetto alle attività curricolari tradizionali (e, quindi, solitamente svolte solo al mattino).

Anche la mensa e la ricreazione post-mensa, se pure collocate per esigenze organizzative in un momento preciso della giornata scolastica (dalle 12,30 alle 14,30) costituiscono, per i motivi sopraindicati, un momento non aggiuntivo dell’offerta formativa.

Infine, i momenti di didattica laboratoriale (sia per lo svolgimento di attività riferibili all’area espressiva, emotivo-affettiva, manuale,… sia per lo svolgimento di attività di recupero, compensazione, potenziamento di attività curricolari tradizionali) non sono assolutamente da considerare facoltativi, perché intimamente collegati ai criteri di integralità, integrazione, simultaneità sopraindicati.

Sicuramente l’Andis torinese cerca di evitare al dirigente scolastico il rischio di incappare in qualche ipotesi di comportamento non legittimo, che deriverebbe dalla predisposizione di modelli di iscrizione non conformi alle direttive ministeriali. E sicuramente l’illegittimità sarebbe piena, palese e totale se gli organi collegiali della scuola non fossero convinti dei principi sopra esposti in ordine alla unitarietà della proposta formativa.

Ma occorre sempre ricordare che il dirigente scolastico è un funzionario repubblicano, non un funzionario governativo. E’ certamente un dipendente statale, ha anche , per certi aspetti, subordinazione gerarchica rispetto ai dirigenti regionali e centrali , ma non ha un rapporto di "immedesimazione organica" simile o assimilabile al personale inquadrato nella dirigenza amministrativa. Bisogna sempre far riferimento all'atto costitutivo della qualifica e, quindi, rammentare che si tratta di una specifica forma di dirigenza: ""Il dirigente scolastico organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa...nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici"". Si tratta di sentieri stretti, ma che debbono essere percorsi senza tentennamenti. Il dirigente scolastico è, soprattutto, il rappresentante legale dell'istituzione scolastica, che ha un suo potere specifico di autoorganizzazione. Da ciò discende che il dirigente non deve entrare in rotta di collisione né con eventuali precise direttive superiori (non sono di questa natura certo le direttive della circolare 29 che lascia ampi margini di discrezionalità) né soprattutto con eventuali determinazioni degli organi collegiali in merito a questioni di autoorganizzazione interna idonee a realizzare quei famosi criteri di efficienza ed efficacia formativa.

Soprattutto in questo momento particolare, il dirigente scolastico deve partire certo da un approccio giuridico all’interpretazione delle norme ma non deve restarne prigioniero, perché debbono essere contestualmente utilizzate altre chiavi di lettura di natura pedagogica e sociologica. E quando ci si trova in presenza di palese contraddittorietà delle disposizioni ministeriali , è buona cosa appellarsi ad una costante giurisprudenza costituzionale che raccomanda di adottare l’applicazione più coerente con i principi costituzionali.

Nel caso specifico, pertanto, il dirigente dovrà attenersi alle delibere degli organi collegiali della scuola e dovrà salvaguardare l’autonomia delle istituzioni scolastiche e il connesso potere-dovere degli organi scolastici di regolamentare il funzionamento didattico ed amministrativo della scuola per il conseguimento , certo, degli obiettivi generali formativi e dei livelli essenziali delle prestazioni determinati dal Ministero

Bene fa, quindi, il sindacato confederale torinese a suggerire un modello di iscrizione fortemente coerente con i principi sopraesposti, perché, come si sa, non solo "il tempo scuola" non è una variabile indipendente nei processi di apprendimento, ma anche i "modelli" che si propongono non costituiscono una variabile ininfluente nei processi organizzativi della scuola dell’autonomia.

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