Direzione didattica di Pavone Canavese

16.11.2000

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MARIO BARONI, Suoni e Significati, EDT/SIEM, Torino, 1997, pp. 211, £. 25.000

di Alberto Cervia

Si tratta di un contributo alla riflessione pedagogico/didattica in ambito musicale (ma non solo), a partire dall'esperienza condotta a metà degli anni '70 in alcune scuole materne ed elementari situate in due quartieri Bolognesi. Il testo, pubblicato per la prima volta nel 1978, fa riferimento ad un intervento di carattere musicale non finalizzato direttamente all'insegnamento della musica. Partendo dall'esperienza sonora dei bambini, si sviluppa un discorso creativo agendo sulle loro motivazioni. Tali motivazioni nella pratica quotidiana non si rintracciano. L'autore vuole suggerire qualche risposta non conclusiva. Il suono viene utilizzato come un mezzo espressivo, accanto ad altri (gesto, parola, immagine), inserito in un contesto più ampio quale quello delle attività espressive. Esso conserva ,tuttavia, l'autonomia di cui ogni linguaggio è portatore, imponendo l'obbligo di affrontare i nodi problematici caratteristici della didattica musicale. A dispetto del rapporto antitetico che spesso separa la prassi dalla teoria, qui ritroviamo un interessante percorso di ricerca basato sul circuito che dall'esperienza conduce alla riflessione per ritornare all'esperienza con una nuova consapevolezza, avendo come riferimento basilare la teoria piagetiana del gioco nello sviluppo infantile. Non vi è quindi l'intenzione di fare una semplice cronaca di quanto realizzato. Si rintraccia piuttosto l'intento di identificare i criteri di esperienze possibili. Ma la musica qui riveste una funzione di vettore del cambiamento. In realtà, infatti, non è tanto e solo la storia di un intervento musicale quella che viene narrata, quanto l'idea di poter aprire, a partire da tale spunto, una strada di rinnovamento della scuola intera, dell'idea pedagogica che sorregge il sistema scolastico: da una scuola in cui il sapere viene trasmesso e in cui l'insegnante gioca un ruolo di controllo della formazione individuale ad una in cui ogni soggetto vive consapevolmente il suo contato con la cultura, la situazione in cui è collocato. Una scuola, insomma, in cui è bandito ogni dogmatismo e dove si tenta piuttosto di sviluppare lo spirito critico. L'obiettivo è raggiungibile solo a patto di condividere il progetto con chi opera dentro l'istituzione, con gli insegnanti stessi. Ma qual è il tipo di insegnante adatto per questa scuola? Un educatore, ci ricorda Baroni, che prova a stimolare la capacità di discutere e di interpretare creativamente le conoscenze di tutti, non importa a quale livello, un insegnante che non impone il proprio autoritarismo e che, più che a trasmettere, è chiamato ad interpretare le necessità di conoscenza del bambino (che diventa soggetto consapevole della propria formazione) e ad orientarlo verso la soluzione di problemi. Il compito della scuola non è solo quello di proporre e di sviluppare attività di conoscenza o addestramento, ma anche quello di fornire "situazioni", di creare esperienze vissute, di indurre stimoli di gruppo che siano fonte della motivazione alla cultura, che rendano fertile il processo di acquisizione delle conoscenze e che non rischino invece, come spesso ancor oggi succede, di essere fonte di disimpegno culturale o addirittura di ostilità nei confronti del sapere.