Direzione didattica di Pavone Canavese

NUOVO CORSO: materiali e documenti della politica scolastica della legislatura attuale

08.03.2009

Chìnati canna, chè passa il vento
di Giuliano Corà

 


Forse il direttore Palermo è stato ingeneroso, quando, come sembra, si dimostra 'deluso' dal fatto che le famiglie, di fronte al "sabotaggio Gelmini"  (finiamola di chiamarla riforma) abbiano scelto la strada più facile: quella della fuga verso le scuole paritarie. Bisogna capirle, queste famiglie. Proteste di piazza? Ci sono state, ancora ce ne sono, altre ce ne saranno. Ma tutte hanno urtato ed urteranno contro una filosofia di governo arrogante e proterva quale mai si era vista in Italia dal dopoguerra, una politica che viscidamente invita al dialogo ed alla collaborazione ma in realtà ha come sua unica ispirazione il più volgare "Qui comando io: se volete è così, se non volete è così lo stesso". Cosa avrebbero dovuto fare queste famiglie, evidentemente non certo indifferenti - punto 2 - bensì angosciate di fronte al futuro dei loro figli, se non cercare una soluzione purchessia, del resto l'unica che rimanesse loro? Rimangono fuori da questa via di fuga - si dirà - quelli che le paritarie non se le possono permettere: certo, ma questo non è casuale, e tale considerazione ci porta al punto tre, ed alla considerazione finale del direttore, questa volta forse troppo 'ingenua'.
Questo non è avvenuto per "calcolo delle probabilità", ma per 'geometrico' (come si diceva una volta) calcolo politico. Lo avevamo già scritto qualche settimana fa proprio qui. Lo scopo del "sabotaggio Gelmini" è appunto questo: distruggere la scuola di tutti per favorire quella di pochi. Il tornaconto? Ce ne sono di vari livelli. In terzo luogo, il brutale guadagno: quanti piccoli 'imprenditori dell'istruzione' staranno in questi mesi accendendo ceri al Governo? In secondo luogo, una dequalificazione generalizzata dell'istituto scuola.
E' chiaro infatti che nessuno pagherà per vedersi poi bocciare il figlio: e dunque la scuola paritaria sarà ancor più quel che è sempre stata, un diplomificio on demand, con tutto quel che ne consegue in termini di considerazione e rispetto dello studio e del sapere da parte, in primis, degli stessi studenti.
Ma, in primo luogo, è ovvio che gli standard educazionali, la 'filosofia pedagogica' delle scuole paritarie non potrà essere, "per la contraddizion che nol consente", la stessa della scuola pubblica, di Stato, 'democratica'. Saranno ben altre, anche se sottilmente ed artatamente,  la cultura e la visione del mondo che verranno trasmesse, e il cerchio si chiuderà, avendo conseguito gli obiettivi prefissati.
Rimane da vedere cosa faremo noi operatori della scuola. Anche per noi, almeno per quelli di noi che hanno una certa età, è possibile fuggire, con la pensione.
'Vili', ci dirà qualcuno, ma provate a capire anche noi: cosa possiamo fare, quando ci tolgono tutto: anche i colleghi con cui fraternamente abbiamo condiviso anni di lavoro e di intelligenza, anche i bambini dai banchi, anche il tempo per insegnare? Possiamo comunque provare a 'resistere', se ne avremo la forza. C'è un proverbio siciliano che ho sempre amato molto, e che in decenni di scuola - durante i quali ho pensato spesso che doveva essere una maledizione biblica a portarci quasi sempre un Ministro della P.I. peggiore del precedente - è stato la mia divisa professionale. Dice, traducendo da quel musicale dialetto: "Chinati canna ché passa il vento". Ad esso ho sempre cercato di attenermi, formalmente sempre ligio agli adempimenti burocratici, ma nella sostanza fedele all'unico imperativo che mi abbia mai guidato nella mia professione: il rispetto profondo per i bambini e l'amore altrettanto profondo per il sapere. Ci riusciremo anche adesso? Il vento è bufera, questa volta, e dovremo chinarla di parecchio, la schiena. Per valerne la pena, vale, ma bisogna vedere se ne avremo la forza, o se ci spezzeranno. Auguri a tutti noi.

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