Direzione didattica di Pavone Canavese

NUOVO CORSO: materiali e documenti della politica scolastica del dopo-Moratti


27.08.2006

Direttiva sull'Invalsi: brutta e sbagliata, anzi ottima
di Reginaldo Palermo

 

La direttiva sull’Invalsi firmata dal Ministro il 25 agosto scorso rispetta perfettamente alcuni ben noti teoremi collegati con la “legge di Murphy”.
Uno dei tanti corollari dice pressappoco così: “Se una direttiva integra e modifica una direttiva precedente, è altamente probabile che la peggiori in modo irrimediabile”.
Francamente peggiorare la direttiva del marzo 2006 del ministro Moratti non era facile, ma con un po’ di buona volontà e grazie all’impegno di direttori generali e consulenti vari, il nuovo Ministero della Pubblica Istruzione ce l’ha fatta.
Il peggioramento (irrimediabile a parere di chi scrive) è sotto gli occhi di tutti e non c’è bisogno di essere docimologi di professione per capirlo.
Ora, come sanno anche gli studenti al primo anno di Ssis, valutazione di sistema e valutazione dell’alunno sono operazioni che certamente si intrecciano fra loro ma che necessitano di strumenti, metodologie e tecniche del tutto diverse.
Soprattutto quando si parla di scuola di base.
Se si fa valutazione di sistema gli strumenti di rilevazione (tests, prove, ecc..) devono misurare competenze di carattere generale quanto più possibile trasversali e possono essere anche, in qualche misura, indipendenti dagli specifici obiettivi di apprendimento perseguiti concretamente nelle classi in cui viene effettuata la rilevazione. Il caso classico è quello dell’indagine PISA: gli esiti complessivi e i raffronti internazionali forniscono appunto indicazioni utili per confrontare i sistemi scolastici dei diversi Paesi e per suggerire interventi a livello “macro”.
Ma credo che a nessuno verrebbe mai in mente di utilizzare gli stessi risultati per fare valutazioni che riguardino i singoli allievi sottoposti alle prove.
Come ogni buon docente sa e come ci hanno spiegato in questi anni docimologi di chiara fama come Benedetto Vertecchi, la valutazione riferita al singolo alunno ha da essere in primo luogo diagnostica e formativa e di conseguenza deve essere calibrata sugli obiettivi di apprendimento che nel concreto sono stati perseguiti dai docenti per quegli alunni.
Ebbene, se andiamo a leggere la direttiva del 25 agosto, scopriamo che chi l’ha scritta ha fatto una grande confusione fra valutazione di sistema e valutazione formativa; la cosa, purtroppo, è piuttosto grave perché non farà altro che aumentare la confusione in un campo, quello della valutazione, in cui ci sarebbe bisogno della massima chiarezza.
Nel nostro Paese la cultura della valutazione fa fatica ad affermarsi e a consolidarsi e non c’era davvero bisogno che gli esperti ministeriali si prodigassero ad aumentare incertezze ed ambiguità.

Che altro si dovrebbe mai dire a leggere questo passaggio della Direttiva ?

“Gli esiti delle rilevazioni saranno messi a disposizione delle istituzioni scolastiche al fine di supportare l’attività di valutazione periodica e annuale degli apprendimenti degli alunni, la quale rimane di esclusiva competenza dei docenti”.

Ma come si può pensare che strumenti pensati per fare valutazione di sistema possano servire per aiutare i docenti nella valutazione degli alunni ?
Semmai gli esiti delle rilevazioni Invalsi possono servire all’Istituzione scolastica per disporre di elementi utili ad attivare processi di autovalutazione, ma per l’appunto si tratta di tutt’altra cosa.
Oltretutto, anche volendo, sarebbe molto difficile utilizzare i risultati per valutare gli apprendimenti degli alunni, dal momento che non è previsto che l’Invalsi restituisca alle scuole i punteggi ottenuti da ciascun alunno. Come è noto (ma forse questo particolare deve essere sfuggito agli esperti ministeriali) l’Invalsi fornisce macro-risultati riferiti alle classi nel loro complesso (punteggio medio, valore modale, deviazione standard, ecc..). Quindi per poter utilizzare i risultati secondo quanto suggerisce la direttiva, al termine di ciascuna prova i docenti di classe dovrebbe correggere i test di ciascun alunno e tenere nota dei punteggi ottenuti; successivamente, quando l’Invalsi rende noti i risultati generali, i docenti possono “incrociare” i dati e utilizzarli in qualche modo.
Ora, a parte il fatto che per fare questa operazione le scuole dovrebbero essere in possesso delle griglie di correzioni dei test, c’è da chiedersi se davvero possa e debba essere questa la funzione della rilevazione.
Non dimentichiamo, tra l’altro, che le rilevazioni proposte dall’Invalsi sono riferite a classi intermedie che non si adattano per nulla ad operazioni di valutazione sommativa.
La questione non è solo priva di senso ma anche contraddittoria dal momento che le norme attuali sconsigliano (e quasi quasi vietano) la bocciatura in classi che non siano quelle terminali di un periodo scolastico.

Una precisazione finale: queste osservazioni fanno parte del dibattito culturale e teorico e non certamente della operatività politica che risponde invece a logiche di ben altro spessore.
La Direttiva sull’Invalsi del 25 agosto è un atto del nuovo corso e quindi deve essere per forza di cosa una buona direttiva. I motivi mi sono per ora oscuri, ma probabilmente lì capirò in seguito.
 

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