Direzione didattica di Pavone Canavese

NUOVO CORSO: materiali e documenti della politica scolastica del dopo-Moratti


11.05.2008

E se volessimo premiare il merito ?
Dialogo immaginario fra un decisore politico
e un insegnante di scuola secondaria di I grado

di Enrico Monteil, insegnante scuola media Paola Garelli di Tetti Francesi Rivalta di TO

 

Guarda chi si rivede!

Onorevole, buongiorno, è passata un’eternità da quando ci siamo parlati l’ultima volta…

 Ha visto che ce l’abbiamo fatta una terza volta!

Anch’io ce la farò…

E’ stato in lista anche Lei ?

No. Molto più umilmente intendevo sottolineare  non solo che ce l’ho fatta a sopravvivere nella scuola secondaria di I grado in questi 11 anni, ma anche che sono ben determinato a viverci professionalmente anche nei prossimi 5 anni.

Mi consenta, ma Lei appare in età da pensione…

Non proprio. Ho sessant’anni, mi piace il lavoro che faccio, salute permettendo, vorrei arrivare al 65° anno.

Vedrà in questi 5 anni …

Sento dire che il federalismo è un suo cavallo di battaglia…

Certamente…

Allora senta questa… Le scuole secondarie di I grado del Centro-Nord staranno a guardare due volte i ruscelletti che scorrono: una prima volta perché sono per definizione escluse dai fondi sociali europei, una seconda volta perché sono state escluse dai bandi statali italiani sull’informatica: uno riservato alle scuole primarie d’Italia e l’altro riservato alle scuole secondarie di I grado delle regioni del Sud. Vuol dire che ci consoleremo facendoci prestare, ogni tanto, una delle tre lavagne interattive che speriamo la scuola primaria del nostro istituto comprensivo riesca a ottenere.

 Con noi le cose cambieranno, come Lei sa l’informatica è una mia priorità, ha presente le tre “I” ?

Mi piacerebbe tanto esaminare con Lei i finanziamenti statali  per la scuola secondaria di I grado durante il suo secondo mandato, ma preferisco concentrarmi sulla “I” di impresa…

Pensavo che lei fosse allergico al concetto di Impresa

La scuola non può essere equiparata ad una impresa, ma non mi pare un buon motivo per gestirla come se fosse una armata Brancaleone… Senta quest’altra …Ogni anno nella scuola in cui lavoro c’è un via vai folle di precari. Tanto per dirne una, quest’anno ho conosciuto la metà dei miei colleghi (i nuovi arrivati per intenderci) solo nella prima settimana di settembre 2007 e ne ho cambiati alcuni (dei nuovi arrivati s’intende) nel mese di dicembre 2007…le risparmio i dettagli sugli ulteriori giri di valzer “dei supplenti dei supplenti” e per la copertura delle assenze per malattie più o meno lunghe…

 Mi pare che Lei si accontenti di poco…mi sottopone solo piccole questioni di dettaglio. Lei dovrebbe avere una visione più ampia, più aperta al futuro, le persone frustrate dovrebbero andare in pensione…

Mi consenta. Con cocciuta determinazione la scuola in cui lavoro è stata prontissima nel cogliere qualsiasi “refolo” di vento innovatore che l’abbia avvicinata nel raggio di 50 chilometri, negli ultimi 11 anni,  utilizzando a fondo le opportunità offerte dalla flessibilità, dal dialogo e dalla cooperazione con l’associazionismo culturale del territorio e con l’ente locale.

Le solite chiacchiere… un alibi alla scarsità di risultati…

Nel settembre 2001 la scuola aveva 120 allievi, a settembre 2008 ne avrà 313, ambita dai capaci e meritevoli, accogliente per i bisognosi e gli “ultimi”, metà degli allievi e delle allieve provengono dai comuni limitrofi…

 Non la seguo più. Prima si lamenta di risorse all’osso, di discontinuità di personale, poi viene a raccontarmi che la scuola funziona…Forse non me la “conta” giusta…

Vorrei farLe capire che in molte realtà scolastiche ci sono persone che lavorano sodo per una scuola che integra tutti e ciascuno (ROM, extracomunitario o italiano che  sia), ma queste persone vanno aiutate seriamente e incoraggiate.

Intendiamo premiare il merito

Mi consenta di procedere per gradi. In una ottica federalista, lo Stato stabilisca con certezza quanti posti insegnanti prevede (con conseguente certezza di costi), per ciascun ordine di scuola, nel prossimo quinquennio, li assegni alle Regioni secondo la sentenza della Corte Costituzionale (n°13/2004). Se la sente ?

La mia maggioranza è federalista…

Spero che lo siano anche le Regioni ordinarie e che si attivino non solo per programmare la diffusione nel territorio delle sedi dell’istruzione e della formazione, ma anche per distribuire le risorse necessarie per farle funzionare, valutati gli interventi compensativi necessari, sia in termini di risorse professionali che finanziarie.

E…i modelli organizzativi del tempo pieno e del tempo prolungato ?

La Regione dovrebbe assegnare ad ogni istituto scolastico un organico e delle risorse finanziarie funzionali ai compiti assegnati dalla legislazione sull’autonomia del 1997, entrata in vigore nel 2000. Dopo 8 anni stiamo ancora aspettando.
La programmazione pluriennale (3-5 anni) dovrebbe prendere in considerazione gli interventi compensativi possibili, sulla base delle risorse disponibili, e necessari sulla base delle esigenze emerse e “riscontrate” nei territori. Però non si può ignorare che da anni ci sono scuole che usufruiscono di un organico maggiorato per “diritti acquisiti in passato” e scuole che nelle stesse condizioni non possono accedervi e devono “fare di necessità virtù”.

Ho come l’impressione che abbia in serbo altri ragionamenti…

Certezza pluriennale del numero degli insegnanti, in generale del numero del personale scolastico; certezza di costi per lo Stato e per le Regioni; certezza di rapporto di lavoro a tempo indeterminato per ciascuno dei posti ritenuti necessari; stabilità incentivata triennale degli insegnanti (più in generale di tutto il personale scolastico).
E’ urgente, inoltre, dare carta bianca alle scuole, pienamente responsabilizzate nei limiti di un budget “ragionevole” assegnato, di cercarsi le soluzioni più idonee per sostituire il personale assente fino a 15 giorni. Chiunque passi solo tre ore in una segreteria dalle 8.00 alle 11.00 si rende immediatamente conto che il sistema attuale è costoso, è insensato in quanto inefficiente e inefficace, al di là della buona volontà dei singoli assunti “pro tempore” per uno o più giorni.

E se volessimo premiare il merito individuale?

Mi consenta. La scuola di base (infanzia, primaria, secondaria di I grado) non può continuare a vivere d’aria e di passione. Più soldi per funzionare e per investire, ma non tutti a pioggia. In questi anni ciascun istituto scolastico ha migliorato la capacità di elaborare progetti “cofinanziati” dagli Enti Locali e/o dallo Stato. Si tratta di un comportamento meritevole che va incoraggiato.

E se volessimo premiare il merito individuale ?

Mi consenta. Un certo numero di scuole ha sviluppato la capacità di ampliare la qualità e la durata dell’offerta formativa, trovando le professionalità qualificate necessarie per realizzare il piano dell’offerta formativa, sviluppando alleanze con le associazioni di volontariato culturale, a costi equi e solidali. Anche questa capacità è merito.

E se volessimo premiare il merito individuale ?

Mi consenta.  In questi anni si sono sviluppate buone pratiche di valutazione interna dei risultati e sta crescendo il consenso per una valutazione esterna dei risultati scolastici di allievi e allieve che tenga conto anche di parametri internazionali ( certificazioni internazionali per le lingue, l’informatica, test PISA, test INVALSI ecc.). Il marchio piemontese S.A.P.E.R.I. offre l’opportunità di misurarsi con gli standard per la valutazione della qualità del servizio erogato.

Può chiarire questo ultimo concetto ?

Il Marchio Piemontese S.A.P.E.R.I, è stato progettato ed è promosso dal Gruppo Qualità dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, in collaborazione con le scuole e i principali partner interistituzionali. Il Marchio è nato con l’intento di coinvolgere il maggior numero possibile di istituti nel percorso verso la qualità e l’eccellenza, applicando i principi della qualità totale, adattati alle esigenze didattico pedagogiche della scuola.
Mi pare interessante porsi il problema di riconoscere il merito degli istituti che ottengono una certificazione di qualità o meglio ancora di eccellenza, premiandoli con una quota di finanziamenti aggiuntiva, per retribuire il personale.

E se volessimo retribuire il merito individuale ?

Ho l’impressione che Lei pensi che io stia cercando di eludere la sua domanda. Le faccio notare che Le sto gradualmente rispondendo per approssimazioni successive, evidenziando eventi meritevoli che consentono di articolare la risposta e andare al cuore del problema.

Sarebbe a dire ?

Una cosa è porsi il problema di premiare il merito individuale partendo da singole persone, un’altra è partire dai singoli istituti scolastici, messi sotto pressione da un contesto dinamico e esigente, all’interno dei quali porsi il problema di riconoscere i meriti professionali effettivamente dimostrati sul campo.

La ascolto…

Nel primo caso si formula (legislativamente o contrattualmente o un misto dei due) un identikit ideale a livello nazionale e poi si “gestisce” lo stillicidio delle quote di persone da far entrare nei “capaci e meritevoli”. Il tutto rigorosamente disgiunto, o quasi, dal servizio effettivamente erogato nella scuola in cui si lavora.

Un insegnante ben preparato e aggiornato è un requisito fondamentale, si insegna solo ciò che si sa…

Condivido, ma preferirei articolare la definizione di “insegnante ben preparato e aggiornato” in tre aspetti complementari: la prima formazione e il reclutamento; la formazione individuale, in itinere una volta assunto, come libera scelta individuale connessa con la libertà di insegnamento; la formazione “in itinere” necessaria per concorrere allo sviluppo della scuola in cui si lavora, migliorandone l’efficacia, decisa collegialmente sul posto di lavoro.

Perché ci tiene tanto a partire dal singolo istituto scolastico ?

Perché da sempre sono favorevole a retribuire il merito che modifica la qualità del servizio effettivamente erogato. Ho grande rispetto per la preparazione individuale, ma provo un intimo disagio quando incontro i collezionisti di pezzi di carta, titoli su titoli, che poi all’atto pratico non hanno cuore, non sanno tenere una classe, non sanno motivare le proprie allieve e i propri allievi e non sono disponibili più di tanto a investire il proprio tempo e i propri saperi nella scuola.

Non c’è pericolo di comportamenti autoreferenziali ?

Le “furbate autoreferenziali” poco efficienti e ancor meno efficaci, sono sempre in agguato. Ma nel contesto culturale delineato nella prima parte della nostra conversazione le “furbate” implicano, a breve termine, una perdita di risorse per l’Istituto, oppure un mancato recupero di risorse.. Un bel po’ di gente se ne accorgerebbe abbastanza in fretta.

E le scuole che non ce la fanno proprio ?

Se il livello scende troppo, l’Ufficio scolastico regionale, o chi per esso,  attiva un percorso ispettivo mirato, con l’obiettivo di aiutare; dopo un po’ gli aiuti proseguono, ma iniziano anche le sanzioni. Ognuno deve assumersi le sue responsabilità..

Chi decide chi premiare ?

Nel contesto fin qui delineato è quasi naturale e ovvio affidare la risposta alla contrattazione integrativa di II livello fra il Dirigente Scolastico e la RSU. Mi permetto di attirare la sua attenzione su un “dettaglio”: le risorse di base disponibili per la contrattazione di scuola dovrebbero essere appetibili (non residuali), identiche per tutti gli ordini di scuola, pagate a fine mese e non uno o due anni dopo l’avvenuta prestazione. Ho fatto riferimento alle risorse base, in quanto già oggi gli istituti scolastici meritevoli sono in grado di reperire altre risorse integrative per la contrattazione e, ovviamente, lo fanno.

Lei vuole premiare solo quelli che tirano la carretta ?

Manco per idea. Limitarsi a premiare l’élite è riduttivo, distribuire a pioggia è inutile, pagare solo gli amici degli amici è disonesto e controproduttivo nel contesto flessibile sopra delineato, allargare progressivamente la platea dei motivati è la strategia vincente. In questo consiste la bravura del Dirigente e del suo staff. L’equilibrio giusto non può essere definito centralmente a tavolino, una volta per tutte per ciascuna scuola della Repubblica, perché richiede sensibilità, disponibilità a mettersi in gioco, capacità di aprirsi all’imprevisto e deve obbligatoriamente tener conto delle persone in carne e ossa e dei loro comportamenti reali sul campo.

Un insegnante potrebbe obiettare che si tiene aggiornato,  fa bene il suo lavoro con i suoi allievi e allieve, non vede l’utilità di disperdere risorse professionali in mille rivoli inutili.

Gli adulti che non sanno cooperare non possono insegnare agli allievi ciò che non sanno. Per tentare di misurarsi in un modo credibile con le sfide educative e didattiche di una normale scuola del 2008, servono persone che vivono i valori della prima parte della Costituzione della Repubblica, dotate di fantasia e di un “individualismo di squadra”, aperto all’imprevisto che arriva.   

Un esempio convincente, per favore…

Le presento una triangolazione che “merita”: cogliere l’esigenza di innovare per rispondere in modo adeguato (in tempo reale) a un problema e progettare l’innovazione; formare il personale coinvolto e realizzare l’innovazione ritenuta necessaria; valutare i risultati. Secondo Lei chi è in grado di riconoscere questo merito e contrattualizzarlo ? Roma o il Dirigente dell’Istituto ? Una buona conduzione dell’istituto Scolastico fa evolvere la professionalità docente e di tutto il personale della scuola verso “l’individualismo di squadra”, senza annegarlo in una pletora di riunioni e di disposizioni cartacee inutili.

Le organizzazioni sindacali preferiscono i contratti nazionali…

Se questi 8 anni di autonomia, 11 anni se contiamo le sperimentazioni del periodo 1997-2000, non sono passati invano, lo spazio contrattuale per il secondo livello di istituto crescerà. I cambiamenti sono più agevoli in un clima di dialogo e di cooperazione. Questo vale sempre, l’esperienza di questi anni dovrebbe aver dimostrato che vale soprattutto nella scuola pubblica, costituzionalmente tutelata. Ovviamente ognuno deve assumersi le sue responsabilità, le organizzazioni sindacali tutelino e valorizzino il lavoro negli istituti scolastici senza perdere di vista il Bene Comune, mentre Lei dovrebbe assumersi la responsabilità di tutelare con continuità il Bene Comune, a partire dai diritti delle bambine e dei bambini.

Ahimé il tempo è tiranno…

Auguri di buon lavoro, nell’interesse di tutti e di ciascuno. 

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