Direzione didattica di Pavone Canavese

NUOVO CORSO: materiali e documenti della politica scolastica della legislatura attuale


16.10.2011

Non con il nostro silenzio
Il terreno paludoso in cui sta scivolando la scuola italiana

di Domenico Sarracino

 
E’ ora di dire in modo netto che lo stato della scuola “reale ” è davvero preoccupante, e lo diventa sempre più,  intervento dopo intervento, manovra dopo manovra, evidenziando  che l’unica vera “direzione” che si persegue è quella  della destrutturazione della  scuola pubblica senza orizzonti  per il futuro.
La crisi economica e di sistema del nostro paese richiederebbe la necessità di mettere accanto a giusti ed equi interventi  risanatori  anche quelle  prospettive di cambiamenti profondi negli stili di vita,  nei consumi, nel  rapporto con l’ambiente, nella conduzione, a tutti i livelli, della “res publica”: bisognerebbe perciò avere la vista più lunga e curare ciò che più serve per il futuro.
Non si intende tirare la scuola fuori dalle impellenti ristrettezze, anche se essa prima di altri, ed a più riprese è già  stata prosciugata, ma si vuole richiamare il pericolo di vedere  ridurre il sistema di istruzione italiano  ad un pantano di sabbie mobili, e ciò facendo di annullare quella funzione di leva strategica che, come tutti proclamano,  esso è chiamato a svolgere per il futuro dei nostri giovani e di tutto il paese.
Nella scuola oggi tutto è in affanno: amministrazione centrale e periferica, dirigenze,  docenze , uffici di segreteria, funzionamento, sicurezza,  strutture scolastiche; e soprattutto sono in crisi i principi e le finalità educativi, l’architettura progettuale, la capacità di senso  che la scuola deve sapere far emergere nelle giovani generazioni del nuovo secolo.
Tutto ciò è già abbastanza evidente, ma la profondità dei guasti non appare ancora nella sua vera dimensione.
E’ tempo che il  mondo della scuola parli, che apra una vera discussione, che racconti quello che sta accadendo, che dica in pubblico quello che dice in privato.
C’è in giro un’aria asfissiante di silenzi, omissioni, “acconciamenti” che fanno pensare alle tristi esperienze di quei paesi  “persi” alla democrazia perché - o per paura o per convenienze o per insipienza o per sfiducia - la gente si adattava alle doppie verità, le subiva e/o le praticava .
Frequenti risuonano i ritornelli del tipo: “non te la prendere, segui il carro, fai pure tu questa o quella sperimentazione che sta tanto al cuore a questo o a quello”; “meglio stare dentro che fuori, qualcosa ricaverai per la “tua” scuola”: “questa cosa va fatta, poi le cose si aggiusteranno per la strada”. E le cose, con questo andazzo difatti si stanno … aggiustando.
Ancora più frequente è il ritornello delle reti: c’è un problema, un fenomeno da studiare, un progetto a cui concorrere? L’indicazione universale  è quella di fare una rete, anzi di “mettersi in rete” che è anche più chic. Confesso che mi è venuta una vera idiosincrasia per l’abuso che si fa della parola “rete”, ormai portatrice di un potere taumaturgico.
Vorrei proprio che qualche volta provassimo un po’ a parlarne, tanto per intenderci, per condividerne il significato,  il funzionamento, il chi fa che cosa, come e quando.
Perché di reti in mare se ne sono messe tante, ma quante hanno davvero permesso di tirare i pesci in barca? E quante sono quelle che finiscono incagliate nei perigliosi fondali della scuola o addirittura vengono dimenticate per la strada da una marineria frastornata da tagli, improvvisazioni, dimenticanze, contraddizioni, superficialità e incompetenze?
Insomma, a dirla tutta, forse ce l’avrò con le reti perché esse  mi fanno troppo venire in mente la nota storiella secondo cui quando non si sapeva o non si voleva affrontare o risolvere un problema si decideva di mettere su una bella commissione!
Eppure, credetemi, contro il concetto di rete ed  il suo significato nel mondo della telematica e dell’informatica, non ho proprio niente, ed anzi apprezzo fortemente la sua orizzontalità per la valenza che ha nella realizzazione di una più vasta partecipazione democratica.

Gli esempi e le considerazioni che ho fatto fin qui, e molti altri come tutti sanno se ne potrebbero fare, sono per dire che è davvero tempo di iniziare una vera e seria inchiesta sullo stato della scuola italiana,  andando a guardare nella realtà quotidiana;  e cioè nelle classi, nelle presidenze, nelle sale professori, nelle segreterie, dentro gli uffici provinciali e regionali, tra gli alunni e i loro genitori.
Non conosco bene gli uffici della nostra Amministrazione, ma ne so abbastanza per dire che anche lì – e non per colpa dei singoli operatori -  si lavora maledettamente in affanno
: per tappare falle, rimediare a vuoti, stare  dietro al turbinio di “innovazioni”, spesso improvvisate, spesso contraddittorie, e dopo poco… spesso dimenticate.
Conosco di più la scuola, la mia e un po’ le altre, e posso dire che ancora si resiste, ancora c’è  gente che lavora con entusiasmo, che ha un senso del dovere, che sente che il lavoro con i ragazzi,   per avvicinarli alla conoscenza,  ai saperi ed  alla cittadinanza è uno dei compiti più alti e stimolanti che si possa essere chiamati a svolgere.
Eppure, andatele a sentire queste persone: in  tantissime  dichiarano il loro scoramento, il loro disagio, il senso di uno sfaldamento in atto.
Dovremmo pensare a rilanciare le nostre scuole, per farle diventare  i luoghi eletti in cui si scopre il piacere della conoscenze, il mondo che c’è intorno e che ci appartiene, la vita nella società;in cui si  respirano  e praticano  libertà, democrazia,  pensiero critico, responsabilità, diritti, doveri.
Dovremmo poterci dedicare a queste cose, ma non nella predicazione dottrinale astratta e ipocrita, ma lavorando a calarle nel tessuto della vita scolastica, facendole diventare esperienze e  pratiche agite,  inventando e tentando modalità partecipative e responsabilizzanti capaci dare motivazione e di preparare ad nuova cittadinanza .
Eppure tutto ciò, giorno dopo giorno,  diventa sempre più residuale  e  i nostri pensieri-azioni  vengono deviati verso altre priorità, che sono  emergenze , accorpamenti, tagli, riduzioni del tempo scuola, nel mentre la complessità delle classi cresce e si accrescono compiti, responsabilità propri ed impropri. Dei dirigenti (in tanti chiamati con incredibile levità a dirigere mega scuole e  mega reggenze), dei docenti, delle segreterie.
La grande inchiesta prima citata dovrebbe riguardare anche quella figura centrale della scuola  che è il dirigente scolastico.
Che cosa sta accadendo nelle scuole riguardo ad essa?
Nell’ottica dell’autonomia (dpr 275/99) e delle funzioni dirigenziali e  nelle peculiarità del sistema scolastico il ruolo di tale figura è definito da una molteplicità di competenze (formative, culturali, psico-pedagogiche, gestionali, organizzative, amministrative, relazionali, etc..), che vanno ricondotte ad un'unica finalità che è quella di muovere in maniera convergente tutte le leve e le competenze citate per realizzare una buona scuola, e cioè buoni insegnamenti, buona organizzazione, buone proposte educative, buone innovazioni, e soprattutto buona riuscita degli alunni.
Il dirigente deve sapersi proporre come  il motore propulsivo di tutto ciò, ma  deve essere messo in condizione di avere il tempo e la testa per farlo, operando in un sistema che sappia camminare e rinnovarsi coraggiosamente, in un quadro di azioni ben pensate e  coerenti, nel quale i fini  non siano lasciati senza i mezzi.
E invece sta succedendo che sotto i nostri occhi, nel mentre sembriamo un po’ tutti storditi  come pugili suonati, sta cambiando o è già cambiato il ruolo del dirigente scolastico, che si va trasformando nella figura  di uno strattonato  burocrate-paraurti , costretto a saltellare e di qua e di là, da un plesso all’altro, da una falla all’altra, in scuole sempre più complesse e varie, con meno collaboratori,  obbligato ad utilizzare i mezzi pubblici anche quando non ci sono o hanno tempi biblici.
Penso alle altisonanti parole che vengono spese sulle “magnifiche sorti e progressive” che le “riforme scolastiche” apporteranno, pronunciate in tutte le liturgie pubbliche:” scuola volano dello sviluppo”,  “ ruolo strategico dei dirigenti scolastici”, “managerialità. efficienza ed efficacia”.
Guardo  alla realtà effettuale, all’impoverimento ed impaludamento del nostro sistema scolastico; guardo allo sfiguramento del ruolo  dirigenziale,  ai dirigenti- paraurti  e mi dico che tutto ciò non può accadere nel nostro silenzio.

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