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(02.04.2006)
Cambiamo registro  
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di Marco Guastavigna

Se ne sono ormai occupati parecchi "media", anche importanti, per cui queste poche righe sono forse intempestive e probabilmente superate.
Sto parlando di "7 in condotta", blog che raccoglie numerosissime note disciplinari.
L'altro giorno ne ho portato una copia stampata ad un consiglio di classe e, finalmente, abbiamo passato un'ora divertente a scuola.
Qualche collega sosteneva, probabilmente a ragione, che il materiale è un po' caricato e "ritoccato".
Se però anche solo il 10% della documentazione fosse autentico, ne uscirebbe comunque un quadro della situazione relazionale e culturale della nostra scuola (soprattutto nella fascia della superiore, che è da qualche anno anche la mia) tragicamente verosimile.
Alcuni studenti assumono comportamenti inaccettabili (in particolare quando a fare le spese della loro violenza fisica e psicologica sono i compagni più deboli).
Come si fa, però, a non "tenere" per lo studente accusato formalmente di puzzare?
Come si può non rilevare quanto dietro tentativi più o meno riusciti di fare ironia e sarcasmo si nasconda il profondo disprezzo antropologico che molti (troppi!) colleghi provano verso i loro studenti, con i quali sembrano incapaci di condividere alcunché?
Come si può non comprendere che dietro i comportamenti demenziali (spesso individuali o di gruppetti, ma a volte di intere classi, come nel caso della simulazione di un terremoto con relativo posizionamento sotto i banchi precedentemente fatti tremare ad arte) stanno non solo l'imitazione di quanto proposto quotidianamente dai media, ma una profonda, irrisolvibile noia?
Sembra quasi che in alcune situazioni la sola creatività consentita sia la divergenza dei comportamenti; non è un caso che alcune performances ottengano magari non complicità diretta, ma applausi a scena aperta, più spesso in aula, a volte di folle plaudenti in cortile, come nel caso della dichiarazione di guerra da parte di uno studente all'istituto confinante, dal balcone, con tanto fez e camicia nera. Del resto, a furia di sdoganare e di rivedere il passato, meravigliarsi sarebbe quanto meno ipocrita.
Il blog apre insomma una finestra (che mi auguro resti aperta a lungo) su una scuola in cui si incrociano sofferenze in conflitto tra loro, quelle degli studenti e quelle del personale, in primo luogo docente, ma non solo, come rivela per esempio l'isterica risata di un preside a fronte della (probabilmente) ennesima lamentazione di un'insegnante.

A soffrire spesso è anche la lingua italiana: sintassi, consecutio temporum, ma anche lessico e ortografia sono spesso oggetto di "vulnera", non del tutto spiegabili con la tensione del momento. Molti colleghi rivelano le stesse carenze che più frequentemente rinfacciano ai loro studenti: non sanno scrivere.
Il blog, insomma, è testimonianza non solo dei vizi degli studenti, ma anche di quelli degli insegnanti e proprio questo ci potrebbe consentire di ripartire in positivo: è ora che noi docenti ci rendiamo conto che la crisi delle relazioni educative è un dato costante, imprescindibile e, che, invece di continuare a meravigliarcene e ad esorcizzarla, la poniamo a fondamento di ogni progettazione formativa.
Dobbiamo fare un po' di autocritica e renderci conto che dagli studenti proviene una richiesta precisa: fateci fare "cose" alla nostra portata, cognitiva ed emozionale. Non è semplice, non ci sono ricette pronte, curricula e libri di testo preconfezionati. L'alternativa, però, è finire ad insegnare tutti il tuscolano, come la collega Follin. E qui qualcuno dei lettori si chiederà di cosa sto parlando. Il tuscolano è un must di Zelig Circus, una delle poche occasioni mediali di comicità che può dare occasioni di riflessione comune a generazioni diverse sull'immagine sociale della scuola.



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