Direzione didattica di Pavone Canavese


 

(12.09.2011)

Ricominciamo - di Marina Boscaino

Oggi ho ricominciato anche io la scuola e debbo davvero ringraziare Ilvo Diamanti, che su Repubblica qualche giorno fa iniziava un pezzo in questo modo irrispettoso e sarcastico: “CARI RAGAZZI: non studiate! Soprattutto, non nella scuola pubblica. Ve lo dice uno che ha sempre studiato e studia da sempre. (…) Ascoltatemi: non studiate. Non nella scuola pubblica, comunque. Non vi garantisce un lavoro, né un reddito. (…) Non vi garantisce prestigio sociale. Vi pare che i vostri maestri e i vostri professori ne abbiano? Meritano il vostro rispetto, la vostra deferenza? I vostri genitori li considerano “classe dirigente”?Difficile. Qualsiasi libero professionista, commerciante, artigiano, non dico imprenditore, guadagna più di loro. E poi vi pare che godano di considerazione sociale? I ministri li definiscono fannulloni. Il governo una categoria da “tagliare”. E continua, questo disfattista di professione, “Non andate a scuola. In quella pubblica almeno. Non avete nulla da imparare e neppure da ottenere. Per il titolo di studio, basta poco. Un istituto privato che vi faccia ottenere in poco tempo e con poco sforzo, un diploma, perfino una laurea. (…) Per fare il precario, la velina o il tronista non sono richiesti titoli di studio. Per avere una retribuzione alta e magari una pensione sicura a 25 anni: basta andare in Parlamento o in Regione. Basta essere figli o parenti di un parlamentare o di un uomo politico. Uno di quelli che sparano sulla scuola, sulla cultura e sullo Stato. Sul Pubblico. Sui privilegi della Casta. (Cioè: degli altri). L’Istruzione, la Cultura, a questo fine, non servono”. E concludeva: “I Professori: verranno aboliti per legge, insieme alla Scuola”, conclude Diamanti. “D’altronde, studiare non serve. E la cultura vi creerà più guai che vantaggi. Perché la cultura rende liberi, critici e consapevoli. Ma oggi non conviene. Si tratta di vizi insopportabili. Cari ragazzi, ascoltatemi: meglio furbi che colti!”. Come dargli torto? Gli esempi sono quotidianamente sotto i nostri occhi.

L'ironia di Diamanti e il suo implicito appello per la rivalutazione della scuola sono in controtendenza rispetto all'assordante silenzio di editorialisti ed intellettuali sulla campagna di deligittimazione socio-culturale della scuola in corso da anni.

L’immeritevole Gelmini (curriculum scolastico mediocre), con il suo impassibile aplomb, ha per altro inaugurato anche questa volta in conferenza stampa l’anno scolastico, che a suo insindacabile giudizio per i 7.830.650 studenti iscritti sarà «regolare». Come nelle migliori tradizioni della manipolazione linguistica cui siamo assuefatti, sono state sciorinate cifre per illustrare “le magnifiche sorti e progressive” della scuola italica. Un florilegio di numeri, tutti con il segno più, a dire la strategia vincente, che però rimangono volatili, a cominciare dalla sbandierata immissione in ruolo di 30mila insegnanti e 36mila Ata. Omettendo, però, che anche quest’anno si prevedono 19.700 insegnanti e 14.500 Ata in meno; e soprattutto che le immissioni sono solo intenzioni, perché dovranno passare al vaglio di Tremonti, notoriamente accogliente rispetto alle esigenze della scuola. Non una parola sulla manovra aggiuntiva che – nell’imbarazzante gioco delle 3 carte cui abbiamo assistito nelle ultime settimane – ha mantenuto inalterati i tagli agli enti locali: mancate risorse per edilizia scolastica, impoverimento dei servizi, danni soprattutto a scuola dell’infanzia e primaria.


Flessibilità, modernità, parole d’ordine del neoliberismo imperante continuano ad alienare diritti con disinvoltura. E se qualche sera fa su “Zapping” Aldo Forbice – fan smodato dell’attuale governo – si indignava per il fatto che un laureato non accetti di buon animo di andare a raccogliere i pomodori, Gelmini non si è preoccupata di sottolineare che gli eventuali nuovi assunti della scuola per effetto del blocco dei contratti per il pubblico impiego e del blocco degli scatti di anzianità percepiranno un salario differenziale, costretti ad aspettare 6 anni prima di avere un aumento di stipendio. Un arretramento in termini di diritti e di pari opportunità persino rispetto ai succulenti salari dei docenti di ruolo immessi in precedenza. Continuano a pensarci e volerci consumatori acritici.


 

 

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