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(09.07.2012)

A costo 2.0 - di Marina Boscaino

Commentando il decreto sulla spending review nelle parti che riguardano la scuola, la gran parte dei media ha utilizzato lo stesso schema comunicativo: enfasi sull’innovazione e sui tagli.

Togliete gli annunci sull’innovazione (vera o presunta) a questo governo e vi renderete conto dello spessore delle politiche scolastiche che sta proponendo.

Grande spazio a ciò che buca lo schermo, l'obbligo di fornire la “pagella on line”; il decreto assegna piena validità legale al documento digitale, salvaguardando il diritto degli utenti a riceverne copia cartacea gratuita. Non solo: “A decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico”. Immaginare le possibili conseguenze di un simile cambiamento non è facile e soprattutto ci obbliga alla vaghezza e all’ambiguità: manca infatti l'assegnazione esplicita del medesimo valore legale del corrispettivo cartaceo a quanto realizzato su supporto elettronico. Soprattutto, preoccupano noi addetti ai lavori, in primo luogo la mancanza di adeguate infrastrutture  (e, di conseguenza, delle relative abitudini in moltissime unità scolastiche; in primis sicurezza dei dati trattati e degli accessi accreditati, fattore non a caso colpevolmente ignorato dalla grandissima parte dei commentatori); in secondo luogo il fatto che è già chiaro che non ci saranno investimenti ad hoc: le scuole dovranno infatti organizzarsi "con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".
Anche le iscrizioni avverranno d'ora in poi tutte mediante Internet: in questo caso è prevista la realizzazione di un'applicazione da parte del Ministero. Considerati il precedente di Commissione Web, non disponibile il giorno di insediamento delle commissioni degli Esami di Stato e via via integrata in funzione delle osservazioni e soprattutto degli inceppamenti in cui si sono imbattuti coloro che l'hanno utilizzata, le nostre preoccupazioni per le possibili implicazioni di questo provvedimento – di grande efficacia mediale immediata e a forte rischio di inefficacia funzionale futura – aumentano. Con buona pace di coloro che non si rendono conto che l'innovazione (vera o presunta che sia) non può nascere dalle forzature.


Altro capitolo: tagli e risparmi. Il decreto prevede infatti procedure che consentano all'autorità centrale un maggior controllo sulle spese delle singole unità scolastiche, tra cui l'obbligo di versare i fondi alla Banca d'Italia senza più poter intrattenere rapporti con singole banche; ma soprattutto contiene impietosi interventi sui destini professionali e personali di varie categorie di lavoratori, docenti in esubero e inidonei per motivi di salute, insegnanti tecnico-pratici e che insegnano all'estero, mediante assegnazione a supplenze, inserimento forzoso nei ruoli del personale ATA, riduzione dei posti disponibili. Con conseguente restringimento delle occasioni di lavoro per i colleghi precari. Ai vicari è disconosciuto il compenso per “mansioni superiori” e potranno essere retribuiti solo con il fondo di istituto.


La scuola continua ad essere, attraverso provvedimenti più o meno occultati dietro la demagogica e mistificatoria etichetta di “razionalizzazione”, oggetto di impoverimento. Quanto ci sia ancora da spremere non è chiaro: l’attenzione dei nostri decisori ha virate fantasiose e a volte inattese. È evidente, comunque, la perfetta continuità di visione della scuola e sue possibili riforme con i predecessori Tremonti-Gelmini. L’impressione è che non ci aspettino tempi migliori.

 

 

 

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