Direzione didattica di Pavone Canavese


 

(21.11.2010)

La ricerca dei valori - di Marina Boscaino


Stanno cercando di convincerci che siamo “vetero”. Stanno cercando di persuaderci che quasi tutto quello che abbiamo creduto idealmente, studiato partecipativamente, amato visceralmente, ciò che ha suscitato in noi passione, serietà, rispetto, appartenenza, sia roba scaduta, da rottamare, come un cimelio di cui qualcuno (qualche intenditore?) riconosce persino il pregio passato, ma che ora è troppo rovinato, non serve più a niente. È vecchio.

Per fortuna c’è chi non ci sta. C’è chi continua ad aderire – oltre che con le parole, anche nella sostanza – a principi e valori che hanno costituito nel passato il col lante di generazioni politicamente determinate; principi e valori che sono stati anche oggetto di revisionismo, quando non di abiura, per una parte di quelle generazioni. Ma ai quali i rimanenti continuano ad ispirare la propria azione quotidiana.

Esistono Cittadini che non hanno alcuna intenzione di arrendersi e assuefarsi alla “costituzione materiale”, quella affiancata con arroganza implacabile  e implacabili necessità e urgenza  alla nostra Carta: una delle più aperte, emancipanti e moderne delle democrazie europee. Ostinatamente essi assegnano a quella costituzione materiale il segno e il senso di una deriva che va combattuta con educazione, cultura, ricerca e studio. E con la nostra bellissima Costituzione, quella autentica e unica. Quella legittima. Quella nata dalla Resistenza e dall’Antifascismo. Quella concepita contro i poteri esclusivi e per l’inclusione. Un testo da leggere e rileggere, come si fa con i libri che ci hanno aiutato a capire.

Ed ecco il punto in cui si saldano Costituzione e scuola. Non sono solo gli articoli 9, 33 e 34, che la Carta dedica esplicitamente all’istruzione, a generare il binomio. Si tratta, piuttosto, di un binomio necessario, implicito, democratico, che parla di e alla cittadinanza, indicando la strada. La scuola è il luogo della nascita e dello sviluppo della cittadinanza. La scuola di tutte e di tutti: “la scuola è aperta a tutti”, appunto. La scuola della Repubblica. L’esercizio della propria cittadinanza in maniera consapevole non può ignorare la prima norma italiana, quella che determina i principi fondamentali e tutte le conseguenze che da essi si dipartono. Spetta alla scuola l’onore e il dovere di continuare la scelta di custodire e di coltivare un grande progetto: un ambiente in cui esista una effettiva dimensione di libertà e giustizia, di uguaglianza e solidarietà (l’ambiente, il Paese definito dalla nostra Costituzione, lontanissimo dal realizzarsi in questo momento). Credere in questo sogno, lavorare perché si concretizzi non può spettare che alla scuola. Oggi più che mai.

Opera apprezzabile da più punti di vista, la ricerca di ProteoFareSapere - l’associazione professionale vicina all’Flc Cgil, che  da tempo si occupa in maniera significativa di formazione e di ricerca - e del Centro per la Riforma dello Stato. Perché individua e ribadisce quanto sia fondamentale che la scuola – oltre ad opporsi concretamente a certe deviazioni più o meno intollerabili (dalla “epocale riforma” basata su atti illegittimi, come sono stati definiti dal Tar del Lazio; alla quota massima del 30% di alunni migranti nelle classi) - restituisca il senso di una conoscenza che non può essere solo orecchiata, ma meditata e metabolizzata, se desideriamo davvero che quelle deviazioni non si ripetano, non si amplifichino.

La Costituzione della Repubblica ItalianaSolo la conoscenza produce reale consapevolezza. E ciò che emerge da questa preziosissimo questionario è la riproduzione di una condizione più generale di crisi del sistema scolastico: sempre più incapace di dare risposte significative per interpretare il mondo complesso e diverso che c’è fuori della scuola. È una crisi drammatica, alla quale si è pensato di offrire risposte – le più varie, spesso fantasiose: tutte sufficientemente lontane dalla possibilità di raggiungere un qualche risultato – spostando costantemente l’attenzione su altro rispetto al soggetto dell’apprendimento. Non saranno cacciaviti, maestri unici, valutazione, merito, semplificazione e razionalizzazione (due termini cult del trio Tremonti-Brunetta-Gelmini che significano “taglio”) a migliorare apprendimenti e relazione nella scuola. Piuttosto che semplificata, la scuola andrebbe resa ambiente complesso – complicato ma potente, potente seppur complicato - per far fronte a dinamiche esterne e a tendenze cognitive in continua evoluzione. Bisogna tornare a rendere la scuola capace di rispondere ai perché, attraverso un cosa e un come da rimettere in gioco, da rinegoziare dopo opportuni studio e riflessioni.

La Costituzione è un punto di partenza e un approdo. Ma la scuola non è stata capace ( e le risposte di questo campione di studenti ne sono la dimostrazione) di servirsi di questo meraviglioso strumento di interpretazione della realtà di allora e di ora, di questa rappresentazione di diritti e doveri, di regole che può darsi un Paese veramente civile e democratico, moderno e inclusivo, rispettoso del singolo e della collettività, in maniera adeguata ed efficace. Nel perseguire congiuntamente il bene comune, l’interesse generale e le dignità individuali. Perché? Credo, soprattutto, perché ridurre la Costituzione a “materia scolastica” le impone una dimensione troppo asfittica e periferica per poter spiegare apertamente il suo ampio respiro. E spiegare la vita. La Costituzione è realmente trasversale, esattamente come lo sono le competenze di cittadinanza, se è vero – come è vero – che un sistema scolastico capace di licenziare cittadini consapevoli è un buon sistema scolastico.

Sono passati solo 2 anni da quando Gelmini dichiarava a gran voce la necessità di portare in tutte le scuole di ogni ordine e grado l’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Il fatto che si trattasse di uno dei consueti annunci a carattere auto promozionale lo dimostra non solo la mancata realizzazione del progetto, ma anche il taglio delle ore di Storia e di Diritto, naturalmente accostate allo studio della Costituzione. Non è una semplice conseguenza dei tagli; ma, credo, una precisa scelta culturale ed ideologica. La Costituzione rappresenta uno strumento troppo divergente rispetto alle ambizioni di istituzionalizzare il pensiero unico tra i futuri cittadini del Paese. La ricerca di Proteo ci indica la strada da seguire, perché il boomerang della manipolazione strumentale si ritorca contro chi ha tentato di usarlo: diffondere e difendere la Costituzione attraverso la conoscenza.

L’indagine restituisce risposte coerenti con le condizioni della scuola italiana: le differenze di conoscenze nei vari segmenti dell’istruzione superiore, con un’istruzione professionale che si segnala sempre come ultima.  Il segmento che ospita il numero di gran lunga più significativo di studenti migranti e di studenti che provengono da situazioni socio-economico-culturali svantaggiate è, al tempo stesso, quello più indebolito dalla recente “riforma”: sarà un caso? La concentrazione delle risposte sbagliate specialmente nel Meridione, dove la consuetudine costante (spesso quotidiana) con l’alternativa allo Stato e, al contempo, con pratiche di resistenza civile avrebbe bisogno, urgenza di sostegno, di conoscenza, di educazione; avrebbe bisogno di attivare strumenti per sollecitare anticorpi alla rinuncia istituzionalizzata dell’esercizio della cittadinanza. Sono scritti sulla Carta. Ma la maggior parte dei ragazzi li ignorano.

Sono troppi i dati allarmanti che emergono dall’indagine. Dati che accompagnano e coincidono con  la crisi della didattica e della relazione educativa: troppe le risposte date per assonanza o che non intercettano nemmeno lontanamente una rappresentazione dei rapporti di causa-effetto che intervengono nel determinarsi di alcuni eventi storici (la datazione della Costituzione, la sua ratio, l’attribuzione al dittatore criminale Mussolini della sua stesura, ad esempio).

Sono indicatori che – lontani dal muovere il sorriso o la benevola tolleranza – devono suonare da campanelli d’allarme e segnare una direzione da invertire nella costruzione della cittadinanza consapevole nel nostro Paese, tra ragazzi che per il 42.2% non hanno una Costituzione in casa. Il nome dei costituenti è sconosciuto ai ragazzi che frequentano oggi la scuola: è il senso di una drammatica mancanza di una cultura collettiva rispetto a interessi e principi comuni e identitari, sia a scuola che in famiglia. In altri Paesi i costituenti sono eroi nazionali. In questa strana Italia i miti della collettività a cui riservare onore e rispetto sono altri.

 

Certamente la scuola non deve e non può dimenticare che in momenti bui della nostra storia i diritti di libertà sono stati negati e migliaia di donne e uomini si sono impegnati – spesso a prezzo della vita – perché la Costituzione potesse essere scritta e quella storia buia diventasse per sempre un terribile ricordo del passato. È impegno per ricordare attivamente il nostro passato, riflettere criticamente sul nostro presente, rendere migliore il nostro futuro.

Un impegno a cui ProteoFareSapere e una parte della scuola democratica non hanno alcuna intenzione di sottrarsi. Le risposte sbagliate, quelle stravaganti, improbabili, inconsapevoli, casuali ci indicano – molto più di quelle esatte – il cammino da seguire. Nel merito e nel metodo questo lavoro punta i riflettori su un rischio grande, che forse – attraverso lo studio, l’impegno, la tenacia, attraverso scelte impopolari perché controcorrente – siamo ancora in tempo a sventare. Basta volerlo veramente. E rinunciare all’idea che il racconto, la ricerca, lo studio, la riflessione sulla Costituzione non siano semplice atto di testimonianza, ma di costruzione attiva e vitale di cittadinanza. E di futuro per questo Paese.

 

 

 

 

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