Direzione didattica di Pavone Canavese

 

Quaderno di scuola - a cura di Marina Boscaino

(22.11.2009)

Relazioni (sindacali) pericolose  - di Marina Boscaino

Il 22 gennaio 2009 Governo, Confindustria con Cisl e Uil sottoscrivono un accordo che letteralmente polverizza quanto stabilito dal "Protocollo sulla politica dei redditi e dell'occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo", stipulato da Governo e da tutte le parti sociali nel luglio del '93 con la convinzione rivelatasi illusoria che la politica della concertazione potesse divenire costante strategia di soluzione dei problemi socio-economici.

L'accordo separato ha segnato l'inizio di un attacco massiccio al ruolo del sindacato e alla contrattazione, di cui stiamo raccogliendo in questi giorni i frutti più amari. È accaduto infatti – nella sostanziale indifferenza di una parte dei lavoratori della scuola e di tutta l'opinione pubblica – che, con un ennesimo colpo di mano, l'approvazione all'inizio di ottobre da parte del Consiglio dei Ministri del decreto legislativo della legge 15/09 di Renato Brunetta ha definito la sospensione delle elezioni delle Rappresentanze Sindacali Unitarie, previste già da tempo nel comparto scuola dall'1 al 3 dicembre, con l'assenso di Cisl e Uil. Con un atto legislativo, dunque, si sono rinviate le elezioni RSU di un anno: si effettueranno in contemporanea con quelle di tutti gli altri settori del Pubblico Impiego (dal quale invece erano state scorporate sin dalla loro nascita: nel novembre '98 si tennero le prime elezioni nel PI tranne che nella scuola, che votò nel 2000, dopo l'entrata in vigore dell'autonomia scolastica).

Si è definita in tal modo  una inaccettabile incursione dalla dubbia legittimità costituzionale. Nella cornice generale di una legge autoritaria e demagogicamente meritocratica, che prevede la riforma della dirigenza pubblica, misure sulla valutazione delle strutture e del personale, su incentivi e premi, sulle sanzioni disciplinari e sulla responsabilità dei dipendenti pubblici – che non a caso si inserisce perfettamente nella poetica del fannullonismo che tanto ha appassionato Brunetta, incoraggiato dal coro bipartisan di alcuni dei nostri più esimi editorialisti -  si definiscono una serie di  norme che determineranno la riduzione degli spazi contrattuali nazionali, l’indebolimento della contrattazione decentrata, escludendo ogni funzione delle RSU su organizzazione del lavoro, orari, trattamenti accessori e riducendo diritti e tutele per i lavoratori pubblici.

All'inizio di novembre  una nota del capo di gabinetto del Ministero della Pubblica Amministrazione ha chiesto al Miur di adeguarsi a quanto prescritto dall'art. 64 della dlgs 150; il Miur ha inviato diligentemente la nota agli Uffici Scolastici Regionali, che l'hanno a loro volta inoltrate a tutte le scuole. Così anche  la FlcCgil che – unico tra i confederali, aveva deciso di procedere e presentare comunque le proprie liste – ha dovuto arretrare, ritenendo intollerabile dover procedere a un contenzioso per esigere le elezioni scuola per scuola e doversi trovare a contendere con  istituti che non hanno alcuna responsabilità rispetto a quegli atti. Sono state così bloccate le liste che si erano costituite – nonostante Brunetta - in circa l'80% delle scuole, con il coinvolgimento di 25mila candidati. La Flcgil impugnerà in sede giudiziaria quanto previsto dal Dlgs 150/09 e nelle note pubblicate dai due ministeri, facendo seguito a una diffida notificata il 4 novembre scorso.

In questa situazione è riemersa purtroppo la logorante disputa tra Cgil e sindacalismo di base. Tra il '98 e il 2000, infatti, prende corpo la frattura tra chi vuole Rsu "provinciali" – come i Cobas - e chi insiste perché si eleggano Rsu nei singoli luoghi di lavoro. Prevalse quest'ultima istanza, ma la questione, come si diceva, è stata ed è oggetto di una polemica dai toni aspri tra due sigle sindacali tradizionalmente radicate e molto attive nella scuola: ne è la prova il successo dello sciopero dei sindacati di base e della bella manifestazione del 23 ottobre. Oggi i voti che le lavoratrici e i lavoratori esprimono per eleggere i propri rappresentanti per la contrattazione nei luoghi di lavoro, assieme al numero degli iscritti, consentono di determinare la rappresentatività sindacale. Inoltre solo chi supera la soglia del 5% - in un calcolo ponderato tra voti Rsu e iscritti – è ammesso alla contrattazione nazionale.

Comunque sia, la cultura e la democrazia sindacali nel nostro Paese rischiano di subire una grossa battuta di arresto. È oggi, più che nel passato, che occorre vigilare sull'esigibilità dei diritti dei lavoratori. È oggi che – chiunque eserciti la funzione di Rsu nella scuola – si trova a fare i conti con tagli economici che hanno colpito anche i singoli bilanci di istituto e che richiedono impegno e determinazione per evitare di limitare le attività scolastiche alle sole ore curriculari di lezione, impoverendo per sempre il piano dell'offerta formativa. È oggi che rischiamo di doverci scontrare – come docenti – con l'altra parte fondamentale dei lavoratori della scuola – il personale Ata – per dividerci le briciole di un fondo di istituto sempre più inconsistente. È ancora oggi, infine, che la scuola chiede ai sindacati un contributo sostanziale nella lotta di chi ha lavorato per anni senza un contratto a tempo indeterminato (i precari, li ricordate? La loro emergenza esiste ancora, anche se i media non ne parlano più), dando una mano fondamentale nel conseguimento del successo formativo di tanti studenti. È ancora oggi, credo, che il sindacato – una forza ancora viva ed elaborante nella nostra società – deve trovare la forza di rispondere con parole nuove ai perché non solo del mondo del lavoro ma di una società senza referenti al punto di rischaire l’assuefazione alla deroga e all’arbitrio.

Sono da sempre Cgil, sono Rsu nel liceo in cui lavoro. Ma conosco persone validissime tra i Cobas, colleghi, personale tecnico e ausiliario, che, come me, hanno a cuore il destino della scuola pubblica, laica e pluralista. E che si impegnano quotidianamente per non lasciar affondare la scuola sotto i colpi sferrati da una gestione autoritaria e irresponsabile, che - dopo aver martellato il "gioiello di famiglia" (la scuola primaria) - sta attaccando violentemente la scuola superiore. Senza opposizione, senza indignazione, senza progettualità alternative. Nel silenzio ottuso e distratto di una parte del mondo della scuola, di (dis)informazione, opposizione, intellighenzia del nostro Paese. Credo che la scuola democratica tutta, guardando Brunetta che bacchetta i presunti assenteisti (facendo di tutta l'erba un fascio) e impone vessatori criteri di reperibilità durante la malattia dei lavoratori, debba pensare seriamente a condurre le proprie convinte battaglie di principio – spesso condivise - con maggiore unità.

 

 

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