Direzione didattica di Pavone Canavese

10.08.2006

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Ma il bambino non è nè di destra nè di sinistra !!
di Girio Marabini

 

Ho letto con vivo interesse i due articoli recentemente apparsi su Pavonerisorse Ma la Sinistra è pronta a discutere di personalizzazione ? di E. Puricelli; Sinistra e personalizzazione di S. Stefanel , e non ho potuto fare a meno di scrivere queste brevi annotazioni.

I lettori mi scuseranno dell’enfasi con la quale mi esprimo ma ritengo estremamente importante che il mondo della scuola discuta, in qualsiasi modo, della gravità della situazione.
La scuola è diventata ormai terreno di scontro politico e questo è il peggiore dei mali in cui poteva incorrere. Ed il rischio è che essa diventi sempre più burocratizzata (segnali contro l’autonomia non mancano) e che sia solo apparentemente orientata alla persona.
Quando il potere cerca di usare l’istituzione scolastica quale strumento per "indottrinare" la massa o quando il sistema educativo è piegato agli interessi dell’ideologia dominante o più semplicemente agli interessi di parte, quello è il momento della morte della scuola.
Il bambino però non è di destra né di sinistra è semplicemente un bambino, risorsa del genere umano, e come tale dovrebbe essere cresciuto nella libertà.
Ritengo davvero inutile, allora, domandarsi se la Sinistra sia pronta a discutere di personalizzazione o se la riforma Moratti sia il portato più profondo della cultura della destra, o se in fondo la riforma Moratti non possa ridursi alla sola previsione della figura del Tutor o del portfolio delle competenze individuali.
Ritengo invece più convincente dal punto di vista politico - pedagogico l’ipotesi che in fondo sia mancata in Italia la "cultura" pedagogica e che proprio per questo occorra recuperare il valore ed il senso della ricerca che è confronto di ideologie e di culture e mai scontro. E’ ricerca incessante di quel "non ancora" che insieme possiamo costruire.
Assistiamo, invece, ancora oggi, a divisione, frantumazione e scontro e questo è uno dei gravi portati del bipolarismo politico, diciamo così, imperfetto, che ho definito in passato, bipolarismo delle coscienze ( ci hanno divisi, hanno separato la società in… buoni e cattivi ecc…).
La scuola come Istituzione di tutti e per tutti deve , però, essere orientata non tanto dalla "cultura" della politica quanto dalla "politica" della cultura che in questi anni, tuttavia, è stata quasi del tutto assente.
Non vi è stata, a mio parere, infatti, una seria discussione terorico-politica "tesa ad illuminare ed orientare le scelte legislative ed esecutive, contribuendo a dare ad esse un carattere di razionalità adeguata alle reali domande formative,(…)" (C.Nanni, in l’Educazione tra crisi e ricerca di senso, LAS, Roma, pag.194)
Vi è stato un grave scollamento tra mondo politico e mondo educativo e pedagogico con gravi conseguenze per la scuola.
A nessuno sfugge, infatti, che la ricerca scientifica sia stata imbrigliata all’interno di scelte politiche di parte, effettuate a priori, anziché essere protagonista di tali scelte illuminandole ed orientandole e che il mondo della scuola è stato tenuto ai margini d’ogni scelta.
Al contrario la ricerca pedagogica insieme al lavoro di innovazione e ricerca delle scuole autonome avrebbe potuto essere momento culturale fondamentale , strumento di innovazione e di riforma sociale ed educativa.
Non possiamo non avvertire infatti, in questo quadro, la difficoltà a realizzare una strategia educativa scientificamente fondata e socialmente avanzata, rispettosa della persona e del suo mondo.
Ai processi riformatori è, dunque mancata un’anima: una seria riflessione pedagogica, epistemologica, insomma un sicuro progetto educativo di riferimento.
E’ necessario, allora, compiere tutti insieme il superamento delle divisioni, nella logica della riconciliazione, per recuperare il valore della qualità in pedagogia: quale senso e significato possiamo dare alla ricerca pedagogica in rapporto alla situazione attuale? Come poter stabilire una relazione dinamica tra cultura, famiglia, società, e scuola?
Come poter, dunque, innovare il nostro sistema educativo?
"Innovare" ha il senso di porre elementi di novità, ha il senso cioè dell’innestare il nuovo sulla solida pianta del nostro passato, dei valori condivisi (la Costituzione) della nostra cultura, una cultura umanistica senza reticenze e false ipocrisie, una cultura fondata sull’uomo e sulle qualità dell’uomo.
Ecco allora farsi pressante l’esigenza di fondare una pedagogia della libertà riscoprendo il valore fondamentale dell’esperienza e della conoscenza, della parola e dell’azione ai fini dell’autodeterminazione dell’uomo.
Questo processo di liberazione, deve avere come obiettivo primario la liberazione delle energie creative dei giovani perché possano essere un giorno cittadini responsabili.
Da qui il ruolo fondamentale della sperimentazione che parte dalla scuola, dall’esperienza degli insegnanti e degli stessi alunni utilizzando gli strumenti logici e metodologici messi a disposizione dalla ricerca pedagogica.
Le istituzioni scolastiche, tuttavia, vivono una forte condizione di disagio che impedisce di dare un senso alla libertà : i tanti ostacoli quotidiani, la mancanza di risorse umane e materiali, rendono vano di fatto ogni tentativo di innovazione
Eppure lo strumento principe rimane l’autonomia della scuola: occorre riscoprirla e darle nuovo impulso. E’ legge dello Stato, è principio costituzionale.
Dobbiamo riappropriarcene.
La politica una volta tanto faccia un passo indietro; renda, dunque, lo spazio dovuto alla ricerca e alla sperimentazione delle scuole e alle indicazioni del mondo accademico, per trarne la necessaria sintesi, risolvendo nell’immediato il problema economico politico di non secondo ordine, degli stanziamenti e degli investimenti .

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