Direzione didattica di Pavone Canavese

Quale scuola per quale riforma
di Girio Marabini


IL RUOLO DEGLI INSEGNANTI

 

Per fare della scuola una comunità sociale viva, partecipata e laboriosa è indispensabile che l'organizzazione educativa sia organica, unitaria e quindi condivisa.

Il lavoro degli insegnanti non può essere basato solo sul binomio insegnante - alunno e per giunta al singolare.

Ritengo invece che gli insegnanti devono costituirsi in gruppo per l'apprendimento, una sorta di collettivo pedagogico di cui parlava tanto per fare un nome Makarenko; occorre quindi siano uniti nei fini e negli scopi, collaborino e siano disponibili a mettersi in discussione, a confrontare le proprie idee con le idee dell'altro, disponibili alla specializzazione oltre la propria competenza disciplinare ( non vi è nulla di nuovo che non si possa imparare).

E' però indispensabile rivedere la formazione dell'insegnante. Esperienze significative sono in atto in questa direzione anche a livello normativo tese a formare coloro che vorranno entrare nel mondo dell'insegnamento alle scienze dell'educazione ed in particolare alla pedagogia, questa scienza che è sempre apparsa la cenerentola delle scienze ma il cui ruolo è invece fondamentale soprattutto oggi in cui tutto, dicevo, sembra incerto e provvisorio.

Tuttavia si può diventare vero insegnante - educatore anche, ad esempio, dopo che si è avuta la "fortuna" di lavorare per alcuni anni in una scuola in cui gli insegnanti hanno saputo organizzare il loro lavoro in gruppi di lavoro pedagogici .

E' veramente indispensabile e decisivo recuperare all’insegnante il ruolo di educatore.

L’attuale condizione giovanile infatti richiede sempre più interventi realmente costruiti sull’intenzionalità pedagogica; in particolare i giovani hanno bisogno di trovare non solo buoni insegnanti ma soprattutto buoni educatori, ossia testimoni coerenti di scelte di vita responsabilmente assunte.

In questo senso la scuola può sicuramente offrire un buon numero di occasioni tenendo presente che una cultura della diversità esige attenzione particolare ai ritmi, ai bisogni, agli interessi del singolo.

Nell'organizzazione scolastica gli stessi consigli di classe o i team d’insegnanti dovranno diventare gruppi "pedagogici" con lo scopo di approfondire la ricerca didattica e lo studio della pedagogia evitando il rischio di sentirsi dei semplici funzionari dell’istituzione condannati a scrivere "programmazioni" che probabilmente nessuno mai leggerà , a scrivere schede a compilare registri.

"Come educatore l’insegnante non è funzionario di nessuna istituzione. Agisce in nome dell’umanità: e cioè in nome della vita propria e altrui. Non c’è altro modo per sviluppare una vita da uomini che quello di interessarsi profondamente gli uni degli altri, di discutere, di cercare insieme che cosa continuare e che cosa innovare. Il risultato non è mai scontato. In questo senso è vero che non si può insegnare senza apprendere, o, come ha scritto Freire, che "nessuno educa nessuno e nessuno educa se stesso, ma gli uomini si educano tra loro con la mediazione del mondo" " (L.Corradini in " Educare nella scuola", Brescia , La Scuola,1983 pag.27-28)

Una citazione nella citazione che rende benissimo mi pare l’idea del ruolo dello insegnante – educatore così come va delineandosi nella scuola dell’autonomia.

E’ indispensabile dunque rafforzare la professionalità dell’insegnante non solo dal punto di vista giuridico amministrativo ma anche dal punto di vista pedagogico e didattico per la redazione di progetti realistici e non ridondanti, capaci di raggiungere risultati significativi in rapporto al "possibile"

"Il senso dell’insieme" e la disponibilità al servizio, la capacità di vedere al di là dell’insuccesso, per evitarlo, individuandone le cause, la fermezza sui principi e la

duttilità nelle formule e nelle procedure, sembrano essere condizioni che evitano il rischio sia di cadere nell’anonimato della routine massificante sia nel furore missionario della "comunione"." (L.Corradini, opera citata, pag.109)

E comunque l’insegnante deve essere competente della propria disciplina in modo da saper definire gli obiettivi circa i contenuti specifici da proporre o gli vengono proposti dagli stessi alunni e circa le abilità che l’alunno dovrà sviluppare attraverso l’apprendimento.

Non è sufficiente: occorre conciliare i contenuti della disciplina con il livello di preparazione ed i bisogni di apprendimento dei singoli alunni .

La disciplina va infatti utilizzata per la soluzione di problemi, per l’orientamento nella realtà socio-economica e per la sua interpretazione, per la realizzazione di determinati compiti che corrispondono poi al concetto di lavoro.

L’insegnamento della disciplina dunque costituisce una complessa azione didattica, ben diversa dalla semplice trasmissione di contenuti prestabiliti e prescritti dal programma.

E’ vero infatti che i contenuti non vanno considerati il fine dell’insegnamento ma costituiscono lo strumento utile per la formazione della personalità dell’alunno.

In questo modo la selezione è abbandonata in favore dell’orientamento e di una reale pro-mozione.

L’attività di programmazione allora non può essere che chiara, evidente ed intenzionale L’insegnante-educatore esprime infatti chiaramente la propria offerta formativa e motiva il proprio intervento didattico esplicitando le strategie, gli strumenti di verifica, i criteri di valutazione che è sempre valutazione "formativa".

L’insegnante- educatore è coautore nella costruzione del sapere : non fornisce un sapere codificato ma lavora con l’alunno e per l’alunno per costruire insieme il sapere.

Dal sapere nasce un nuovo sapere e la voglia di appropriarsi di nuove competenze (motivazione)

L’insegnante – educatore sa riconoscere le cause degli insuccessi ed evita la sedimentazione degli stessi che portano alla dispersione e all’abbandono.

"Non c'è niente di più ingiusto del dare cose uguali a persone diseguali" (don Milani).

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