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I problemi della valutazione dopo la legge 169


24.03.2013

Valutazione delle scuole: il corto-circuito semantico tra risultati e apprendimenti.
di Franco De Anna
 

Nel nostro “discorso corrente” sulla scuola i termini istruzione, formazione, educazione conoscono un  singolare destino semantico. Da un lato vengono utilizzati in modo indifferenziato, quasi fossero sinonimi; dall’altro sono oggetto di equivoci.
Per esempio, il termine “educazione” è spesso visto con sospetto: si dice “quando si parli di scuola limitiamoci alla istruzione”… E così si convalida sia la “diffidenza laica”, sia lo spostamento baricentrico dell’educazione verso altre referenze (la famiglia, la tradizione religiosa, ecc.. insomma le “appartenenze ereditate”, e non quelle “deliberate” che costituiscono il fondamento sia dell’autonomia della persona, sia della polis   ).

Il termine “formazione” viene (altro esempio) immediatamente abbinato a “professionale”: la formazione sarebbe cioè lo specifico intervento per la “formazione al lavoro”.

Si fa così giustizia sommaria, e in un colpo solo di una lunga storia. Da Tommaso (forma hominis juxta propria principia…) a Goethe e Schiller (la formazione dell’uomo come bildung, tra aufklärung e kultur) a Marx (il lavoro come processo di umanizzazione dell’uomo e la sua alienazione e sfruttamento nella subordinazione ai rapporti di produzione..).
Per alcuno, quando si parla di scuola, meglio stare all’istruzione. Meno problemi con filosofie, concezioni, valori ecc… campo dell’incertezza, della non misurabilità, delle “inferenze” difficili.
Il riduzionismo, ed il meccanicismo funzionalista che in genere lo accompagna, sono però cattivi consiglieri per chi voglia o debba dare qualche fondamento di “ragione” (o meglio di “ragioni”) al proprio “discorso sulla scuola”.

Sembrano, le precedenti, questioni filosofiche e come tali andrebbero sviluppate in altro contesto; ma emergono con tutta evidenza quando un prodotto di tale “riduzionismo” si fa scelta politica, e chiama al confronto culturale, al dibattito politico, alle decisioni pubbliche. Questo è, per esempio, il cortocircuito che viene proposto quando la “valutazione delle scuole” si vorrebbe parametrare esclusivamente o principalmente alla “valutazione degli apprendimenti”, e per ottenere tutto ciò, si predispone una “macchina rilevativa” cui affidare in via esclusiva il compito.

Lo sviluppo storico dei sistemi di istruzione come sottoinsiemi istituzionali e sociali (apparati dello Stato nazionale, destinatari di politiche pubbliche rilevanti, strumenti di socializzazione di scale di valori riconosciute) ha accompagnato la storia del consolidamento degli Stati nazionali, e quello dello sviluppo economico, almeno a partire dalla seconda rivoluzione industriale (incorporazione progressiva del sapere nei processi produttivi).
Dal secondo dopoguerra tale sviluppo accompagna, come uno dei suoi pilastri, l’affermarsi dei modelli di welfare: l’istruzione diviene diritto esteso all’universo delle generazioni.
La “funzione sociale” che ha accompagnato tale sviluppo si è via via complessificata: dalla riproduzione delle classi dirigenti a alla “nazionalizzazione delle masse”; dalla affermazione di un “diritto” potenzialmente “universale” ad un elemento connesso allo sviluppo economico; dalla generalizzazione di un set di apprendimenti fondamentali (leggere, scrivere e far di conto) ad uno strumento essenziale per la “riproduzione culturale” della formazione storico sociale.
Non è un caso che oggi, in questa fase storica della terza (per qualcuno quarta) rivoluzione industriale con la destrutturazione sia delle enciclopedie dei saperi, sia delle forme della riproduzione sociale, sia del lavoro e degli strumenti della comunicazione sociale, sia del “contenitore” degli stati nazionali, il “discorso” sulla scuola si faccia così complesso, incerto, problematico.

La complessità della “funzione sociale” assegnata storicamente all’istruzione pubblica,  si è sempre tradotta in complessità dei medesimi apparati preposti, con significati più complessi di quelli delimitati alla coppia istruzione/apprendimenti.
E ciò vale sia per i “contenuti” assegnati a tali funzioni, sia alle forme attraverso le quali sono declinati, sia ai risultati che da tali apparati di riproduzione si richiedono. Neppure nelle fasi iniziali di sviluppo dei sistemi di istruzione la loro finalità era ridotta “all’apprendimento”. (Si pensi al legame tra la Riforma protestante, con la “lettura del libro” come fondamento, e la precoce alfabetizzazione dei popoli dell’Europa settentrionale).

Come ovvio la complessità della funzione sociale assegnata ha sempre “contenuto” discrimini di valore: basti prendere in considerazione alcune coppie di opposizione come selezione sociale/promozione sociale; riproduzione delle elite/promozione dell’equità sociale; riproduzione di competenze/socializzazione di valori e comportamenti (e l’elenco potrebbe continuare) per comprendere che tale “funzione sociale” non sia leggibile in termini “funzionalistici” ma esplori sempre un fondamentale versante di “ideali”, di significati, di  strategie politiche, visioni complessive della società e del suo sviluppo, anche alternativi.
Ma tale complessità si è sempre tradotta, quale che fosse l’ispirazione “strategica”, in un progressivo complessificarsi dei “servizi” (diremmo oggi) che essa deve predisporre ed offrire per compiere tale funzione sociale, delle strutture organizzative, professionali, economiche necessarie per costruire il “prodotto” richiesto. In particolare tale sviluppo ha accompagnato in termini crescenti l’affermarsi dei sistemi di “istruzione di massa” come causa ed effetto dell’universalismo di ispirazione dei sistemi del welfare costruiti dalla seconda metà del secolo scorso.
In altre e semplificate parole: il “core” della funzione sociale si costituisce attorno alla organizzazione di apprendimento/insegnamento; ma la sua stessa realizzazione necessita di una struttura complessa che investe diverse attività, organizza risorse, crea ambienti, coordina professionalità diverse, scandisce tempi di realizzazione, organizza procedure e cicli “produttivi”. E, più complessa è tale organizzazione, più complesse si fanno le relazioni multivariabili tra i processi e i risultati.

Valutare una scuola attraverso la valutazione degli apprendimenti è una scorciatoia (teorica innanzi tutto, prima ancora di definire gli strumenti per la misura degli apprendimenti) che invalida qualunque protocollo si costruisca su tale semplificazione, qualunque sia il “tasso tecnico” degli strumenti messi in opera. Insomma, semplicemente fallisce l’obiettivo.
Valutare una scuola significa invece affrontare, sia pure parzialmente ma  progressivamente, attraverso inevitabili  approssimazioni, il complesso delle sue attività che come “organizzazione” (risorse, persone, sviluppo organizzativo) sono messe in opera intorno e per il “core” dell’insegnamento e apprendimento, e ne determinano e  condizionano, attraverso un sistema complesso multi variabile, i risultati in termini di assolvimento della “funzione sociale” complessa che la scuola ha rispetto alla formazione storico  sociale di riferimento.

I “teorici” di un modello di valutazione che si fondi sulla misura di un solo fattore (i livelli di apprendimento) tentano (apparentemente) di mitigarne la parzialità, introducendo altri fattori, apparentemente più sofisticati, che possano o sappiano depurare i risultati dell’apprendimento da fattori e variabili che su di essi possono incidere come le condizioni socio economiche, familiari, di contesto.

Quello che in gergo, viene chiamato il “valore aggiunto”. Insomma il contributo specifico che la singola scuola da al “risultato”. Un buon esercizio, naturalmente, fatto di un uso attento degli strumenti statistici, e di “pesatura” delle correlazioni tra le variabili che operano in un complesso multivariabile. Nulla in contrario nell’apprezzarlo. Ma se “isolo” tale fattore e lo considero esaustivo del dare conto della complessità operativa di una singola scuola, ma soprattutto della complessità fondativa della funzione sociale assegnata, rendo ancora più palese la parzialità di fondo del modello e la sua semplificazione “funzionalista/meccanicista.

Con qualche paradosso: una scuola che si desse l’obiettivo di migliorare il proprio fattore di valore aggiunto, potrebbe decidere di perseguire un abbassamento degli standard in ingresso, reclutando utenti preferenzialmente nel “disagio sociale”. A medio e lungo termine finirebbe per favorire le “disequità” sociali, separandole, anche solo per prendersene cura.

Ancora: ci si chieda di cosa uno studente uscito dalla scuola debba “dare conto” in un colloquio di selezione per un posto di lavoro: le sue competenze e conoscenze (il valore grezzo) o “il valore aggiunto” della scuola che ha frequentato?
In realtà il fattore “valore aggiunto” assume pienamente funzione di indicatore della qualità di una scuola, tanto più quanto più le condizioni di partenza siano confrontabili ed omogenee. Esattamente come sarebbe confrontando risultati economici di due imprese.
Il paradosso è che la scelta riduzionista-meccanicista (valutiamo le scuole sulla base delle rilevazioni dei livelli di apprendimento) svuota il significato potenziale del parametro “valore aggiunto” sacrificandolo strumentalmente come risposta (“buonista”?, Consolatoria?) alle tensioni che tale riduzionismo provoca in chi contrappone valutazione dei livelli di apprendimento e differenze di contesto ambientale e sociale.

Ogni tentativo di costruire un assennato sistema di valutazione delle scuole deve perciò misurarsi su tre fronti problematici:  in primo luogo sfuggire alla tentazione riduzionista di identificare l’oggetto della valutazione con la “rilevazione dei livelli di apprendimento”, che non può che costituirne solo “una parte”. (Confondere la parte per il tutto è un errore fondamentale nella attività valutativa).

In secondo luogo identificare una sufficientemente significativa declaratoria di “prestazioni” che alla scuola vengono richieste in termini di “attività formative”, servizi alla cittadinanza, “funzioni” svolte all’interno del complesso quadro della “funzionalità sociale” riconosciuta al sistema di istruzione. (La complessità di tali funzioni, ricordata nei paragrafi precedenti)

In terzo luogo (ma in realtà si tratta di una precondizione “teorica”) misurarsi con l’appropriata consapevolezza che non tutte le attività connesse con l’espressione di tale “funzione sociale” sono “misurabili” (E’ questo il senso dei paragrafi di apertura e dei richiami ad una “teoria della formazione”). Ciò non significa rinunciare alla “misura”. Anzi. Occorre sottoporre a misura tutto ciò che è misurabile, per “liberare” il pensiero all’esercizio della ricerca della “inferenza alla miglior spiegazione” (direbbe H. Putnam), ed evitare invece il rischio che l’accanimento “misuratorio” prevalga sulla valutazione e la riduca a sé.
Allargare l’orizzonte della valutazione a tale complessità, e scegliere all’interno di essa un assennato “repertorio” di ciò che è possibile valutare significa inoltre definire un esplicito “quadro di valori” posto a riferimento della valutazione stessa. (Valutare significa “assegnare valore”).

Tutto ciò pone in primo e preliminare piano le basi della “politica pubblica” che promuove la valutazione stessa.
La “declaratoria valoriale” va esplicitata: da essa dipendono le “teorie” e le “strategie” che informano la politica pubblica, le priorità e gli obiettivi che persegue, la “selezione” nella destinazione delle risorse, le politiche del personale ecc.
Anche su questo piano andrebbe sciolta qualche confusione semantica (ma si tratta di scelte politiche e ciò, come si sa, rende arduo perseguire l’obiettivo della chiarezza).

Per fare solo qualche esempio: perseguire l’eccellenza o perseguire l’equità sociale non sono certo obiettivi alternativi; ma non sono neppure equivalenti: ispirano diverse scelte strategiche in termini di selezione di priorità e di tempi della strategia. Mettere semplicemente una congiunzione “e” tra eccellenza ed equità è sempre possibile, ma a scapito della significatività strategica dell’affermazione: a risorse limitate occorre scegliere le priorità.
Ancora: valorizzare l’autonomia scolastica entro un modello di “governance” (governo misto) del sistema di istruzione promuove un protocollo di valutazione assai diverso rispetto a quello che può si convalida entro l’ipotesi di miglioramento di un sistema di governo centralizzato.

Potremmo continuare nell’esemplificazione. Troppe affermazioni si limitano semplicemente a “tenere insieme” prospettive che, anche se non sono in sé “logicamente” contraddittorie, lo diventano quando debbano tradursi in scelte strategiche (per esempio priorità nelle destinazioni delle risorse economiche).
Per meglio dire: ogni strategia pubblica che si misuri con la complessità del sistema di istruzione, deve esplicitare il mix di valori, assegnando a ciascuno di essi il “peso” in termini di priorità: si può affermare di perseguire congiuntamente l’eccellenza e la “promozione sociale allargata”. Ma occorre assegnare un “peso” alle due indicazioni e su tale base assegnare “i valori” entro un sistema di valutazione. C’è una sostanziale differenza tra pronunciare affermazioni  difficilmente falsificabili (qualcuno potrebbe mai ragionevolmente affermare di essere contro l’eccellenza? Anche se, per la verità, qualcuno è pronto  ad affermare l’inutilità della “promozione sociale allargata”…) e delineare una realistica “politica pubblica”.

Parlando di Sistema Nazionale di Valutazione e di protocolli che diano sostanza all’impegno fondamentale della sua assennata (e faticosa) costruzione, si pone come fondamentale il chiarimento rispetto all’assetto di sistema che si vuole sviluppare e a cui si accennava in precedenza.
La valutazione entro un sistema di istruzione caratterizzato da un modello di governance a titolarità plurime e dalla attività di una pluralità di produttori autonomi (con il loro grado definito di autonomia produttiva) non può che muovere da una esplicita declaratoria di “prestazioni” che il soggetto pubblico, cui si riferisce un diritto di cittadinanza di cui è garante ultimo sia in termini di risorse (destinazione della fiscalità generale) sia in termini di “valori” che rendono omogenea la “funzione sociale” del sistema, definisce come “essenziali” per rispondere a tale diritto in termini “uguali” per tutti i cittadini.
La pluralità dei “produttori finali” del servizio al diritto di cittadinanza, sulla base dei livelli di autonomia definiti, dovrà essere valutato, innanzi tutto, sulla base di tale declaratoria di prestazioni essenziali. Del resto è proprio tale approccio che rende “fisiologica e necessaria” un’opera attenta di valutazione.

Altro significato può invece assumere la valutazione se la si interpreta come attività che permea una “piramide gerarchica” con un decisore che tramite essa vuole rendere più efficace proprio tale catena di comando.
Vi è il rischio che l’impronta  “riduzionista” ricordata più sopra, oltre che un difetto intrinseco alla scientificità di un protocollo valutativo da essa caratterizzato, contribuisca (anche non volendolo esplicitamente) a validare un modello di “monopolio produttivo” messo in capo al decisore amministrativo. (Con buona pace di oltre un decennio di tentativi di riforma della Pubblica Amministrazione e di governo della scuola).

Non ci si può nascondere che la individuazione di una declaratoria di prestazioni essenziali da porre alla base di un assennato protocollo valutativo delle scuole sia operazione culturalmente e scientificamente complessa,  che deve nutrirsi di ricerca sul campo, di prove e tentativi, di progressive approssimazioni; come è altrettanto evidente che a fronte dell’impegno di ricerca che ciò comporta e dell’urgenza di “varare l’impresa”, non si possa attendere che tutto sia perfetto.
Se ne ragiona da oltre un decennio a cominciare dalla problematica del “federalismo” nella scuola e dalla riflessione sui LEP (si rimanda ad una esplorazione in rete per reperire bibliografia, se non abbondante, certo significativa).

Ripropongo qui (appendice), a puro titolo di esempio della complessità del compito di definire una declaratoria  di prestazioni che possa almeno approssimare la complessità della “funzione sociale” assegnata alla scuola, una “matrice delle prestazioni”, le cui “celle” possono costituire altrettanti “oggetti” di valutazione, e dunque “riempirsi” di indicatori, di variabili da misurare ed apprezzare, di enucleazione di responsabilità nella organizzazione dei servizi corrispondenti.
In essa si tenta di descrivere la complessa attività di una scuola a partire da “macro aree” di attività e iscrivendo in ciascuna un repertorio di prestazioni corrispondenti. Riempire le “celle della matrice è il compito della ricerca valutativa
La definizione operativa di tale repertorio è impegno e responsabilità di entrambi i protagonisti della valutazione: il valutatore che deve esplicitare oggetti, protocolli, valori per rendere attendibile e completa (per quanto possibile) la valutazione. Il valutato (le scuole) per ragioni speculari e simmetriche, che attengono alla valorizzazione delle funzioni complesse che svolgono.
Il vecchio Skinner, pur padre del comportamentismo, diceva “un insegnante che possa essere sostituito da una macchina…se lo merita”. Parafrasando:” una scuola che possa essere valutata solo con le rilevazioni degli apprendimenti… se lo merita.”

 

 

Macroaree di servizio

Nomenclatura singole prestazioni

Titolari

Attività per prestazione

Misura delle prestazioni

 

Protocolli

Standard

Costi standard per LEP

Impianti fissi

Spazi adeguati e conformi all’attività di istruzione

Enti territoriali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Istituzioni scolastiche

Adeguatezza spazi pro capite

Superficie e volumetria

Certificazione

 

Agibilità

 

Certificazione

 

Sicurezza

 

Certificazione

 

Spazi attività ordinaria

Superficie e volumetria

 

 

Spazi attrezzati sportivi

Superficie e volumetria

 

 

Attrezzature

 

 

Laboratori

Superficie e volumetria

 

 

Attrezzature

 

 

Spazi collettivi

Superficie e volumetria

 

 

Tipologia

 

 

Cablatura informatica

Edificio

Certificazione

 

Spazi dedicati

Certificazione

 

Manutenzione ordinaria

Ore lavorate

 

 

Accesso al servizio

Informazione preventiva e promozionale delle scelte dei cittadini

Istituzioni scolastiche

 

Comuni

Documentazione

Completezza, significatività

 

 

Sportello pubblico

Tempi di apertura

 

 

Fruibilità del servizio

Enti territoriali

Trasporto Pubblico

 

 

Tariffe

Trasporto Dedicato

 

 

Tariffe

Accoglienza e inserimento

Valutazione di ingresso

Istituzioni scolastiche

Valutazione conoscenze

Ore di lavoro dedicato

Test apprendimento

 

Valutazione capacità, attitudini, competenze

Ore di lavoro dedicato

Test psicodiagnostica

 

Profilo individuale

Ore di lavoro dedicate

Test di personalità

 

Informazione diagnostica individuale

Istituzioni scolastiche

Documentazione individuale

Ore di lavoro dedicate

Scheda diagnostica

 

Organizzazione dei servizi all’utenza

Progettazione formativa offerta agli utenti

Istituzioni scolastiche

Stesura del POF

Ore di lavoro dedicate

 

 

Documentazione interna del piano

Completezza, coerenza, significatività

 

 

Documentazione esterna del piano

Format dedicati per interlocutori

Rendicontazione sociale

 

Rendicontazione pubblica delle risorse utilizzate

Istituzioni scolastiche

Documentazione interna del piano

Completezza, coerenza, significatività

Rendicontazione sociale

 

Documentazione esterna del piano

Format dedicati per interlocutori

Assistenza e consulenza agli utenti

Istituzioni scolastiche

URP

Ore dedicate

 

 

Sportelli dedicati

Ore dedicate

 

Tutoring individuale

Ore dedicate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Macroaree di servizio

Nomenclatura singole prestazioni

Titolari

Attività per prestazione

Misura delle prestazioni

 

Protocolli

Standard

Costi standard per LEP

(continua)

Misure di diritto allo studio

Enti territoriali

Erogazioni economiche

 

 

 

Erogazione servizi

 

 

 

Esenzione spese

 

 

 

Insegnamento e apprendimento

Erogazione Insegnamenti comuni

N.B la matrice va espansa per ogni area/disciplina

Istituzioni scolastiche

Attività di aula

 

 

 

Esercitazione laboratorio

 

 

 

Insegnamento invidualizzato

 

 

 

Erogazione Insegnamenti complementari

Istituzioni scolastiche

 

 

 

Attività di aula

 

 

 

Esercitazione laboratorio

 

 

 

Insegnamento invidualizzato

 

 

 

Erogazione insegnamenti opzionali

Istituzioni scolastiche

Attività di aula

 

 

 

Esercitazione laboratorio

 

 

 

Erogazione attività formative integrate

Istituzioni scolastiche

 

 

Sistema FP

Orientamento professionale

 

 

 

Percorsi formativi integrati

 

 

 

Stage lavoro

 

 

 

Erogazione insegnamenti ad esito certificabile “esterno”

Istituzioni scolastiche

Attività di aula

 

Certificazioni

 

 

 

Esercitazione laboratorio

 

 

Servizi offerti all’apprendimento

Istituzioni scolastiche

Biblioteca

Consistenza giacimenti

 

 

Ore uso pro capite

Spazi multimediali

Consistenza giacimenti

 

 

Ore uso pro capite

Aule studio

Ore uso pro capite

Agibilità e appropriatezza spazi

 

Documentazione esiti formativi

Documentazione esiti apprendimento

Istituzioni scolastiche

Misura delle conoscenze acquisite

Uso strumentazione valutativa “oggettiva”

Schede valutazione

 

Documentazione competenze

Istituzioni scolastiche

Descrizione capacità, attitudini competenze

Uso strumentazione psicodianostica

Portfolio competenze

 

Raccordo intersistemico

Orientamento formativo

Istituzioni scolastiche

Università

Sistema FP

Informazione

 

 

 

Documentazione

 

 

 

 

Orientamento professionale

Istituzioni scolastiche

Sistema FP

Informazione

 

 

 

Documentazione

 

 

 

Esperienza stage