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I problemi della valutazione dopo la legge 169


26.04.2013

Sì al test, ma… nei limiti “oggettivi” che lo caratterizzano
di Maurizio Tiriticco
 

Ho letto con interesse il documento dei quattro insegnanti del “Gritti” (http://www.oltrescuola.org/?p=198), ma ancora una volta rilevo che l'analisi che si fa della prova test non è corretta! Leggo tra l’altro: “Nella pratica quotidiana, l’esperienza ci suggerisce che non solo ciò che verifichiamo attraverso un test è un tassello minimo, diremmo quasi minimale, del sapere di uno studente, ma che dobbiamo per forza ricorrere a delle ‘domande aperte’ (orali o scritte) se vogliamo verificare se è in grado di compiere analisi e sintesi rispetto a ciò che apprende, nonché se è dotato di senso critico”. Attenzione! La questione non è nel minimo o nel massimo! Non si tratta della “quantità” dei saperi, ma della “qualità” della elaborazione/produzione di processi cognitivi.

Lo ripeto per la centesima volta! E per tutti! Il test non è solo un pezzo di carta da crocettare! E' anzitutto una modalità di produrre "pensiero". E’ opportuno acquisire una serie di dati (bicicletta, Filippo, correre...) perché si possa comprendere una informazione (Filippo corre con la sua bicicletta; Filippo è stato investito da una bicicletta; ecc.). Se non avessimo certezza dei dati che utilizziamo quando comunichiamo (non so chi sia Filippo, non so che cosa sia una bicicletta), la comunicazione interpersonale non esisterebbe! Altro conto, invece, è esprimere un “giudizio di valore” sul bambino Filippo Rossi (è un imprudente! No! E’ sfortunato! Ecc.), oppure sulla bicicletta (è un mezzo stupendo! No! E’ pericoloso! Ecc.) o ancora sulla pedalata di Filippo Rossi (è un campione! Non sa pedalare! Ecc.). La zona test, quindi, costituisce il primo livello delle nostre acquisizioni cognitive. Se ho sete, cerco un bicchier d’acqua; se ho fame, un panino! E così via! Altro conto è la considerazione che facciamo dell’oggetto: uno vuole l’acqua del rubinetto, un altro l’acqua minerale gasata, un altro la vuole naturale; chi la vuole bella ghiacciata, chi a temperatura ambiente! Il panino è cattivo! Il panino è ottimo! Assistiamo al medesimo film, abbiamo letto lo stesso libro! Ma i giudizi che esprimiamo sono molteplici! Quel vestito e bellissimo ed è a buon mercato! Per un altro, lo stesso vestito è fuori moda e costa l’iradiddio!

La zona test è quella della condivisione che potremmo definire agnostica, avaloriale: la bicicletta, il panino, il vestito; invece, la zona della manifestazione di un giudizio è quella della differenziazione: quella bicicletta e non un'altra; quel panino e non un altro! E’ la zona che io amo chiamare reattiva. Le famose macchie di Rorschach sono in effetti dei reattivi: nella medesima macchia un soggetto sereno e ottimista “reagisce” e può “vedere” una farfalla; invece, un soggetto disturbato e angosciato “reagisce” diversamente e “vede” un drago pronto ad assalirlo. I Promessi sposi sono un romanzo meraviglioso! No! Sono una gran pizza! La Divina Commedia nel Seicento era considerata un poema fumoso; invece, nel nostro Romanticismo fu considerato il poema che noi tutti apprezziamo. Il regalo che abbiamo fatto, che ci è piaciuto molto e che è costato tanto, non viene affatto apprezzato dal destinatario! E poi, quanto si discute dopo avere visto il medesimo film!

Se poi pensiamo alle prove di verifica di un apprendimento, è indubbio che il primo gradino del “nuovo conoscere” è quello che riguarda i dati: la Prima guerra mondiale è scoppiata nel 1914; Giacomo Leopardi ha scritto La ginestra; tre per tre fa nove! Il fascismo è stato un movimento politico… ma! I giudizi dati dall’antifascista e dal nostalgico sono diametralmente opposti. Nell’espressione 3x = 12, x è eguale 4! E guai a chi dice 5! Però… se si assegna un tema, non attenderò risposte tutte eguali! Nel caso dell’espressione aritmetica, la risposta attesa è una soltanto! Nel caso del tema le risposte attese sono tutte diverse! Se il rubinetto versa un litro al minuto, in 5 minuti avrà versato 5 litri. Ma, se debbo arredare un bagno, avrò da scegliere tra mille rubinetti e mille vasche. Nel primo caso, ho a che fare con l’unica conseguenza logica. Nel secondo ho a che fare con una situazione problematica: quale spazio ho a disposizione; dove sono gli attacchi; dove le uscite delle acque reflue, e così via.

Ciò detto, non capisco le posizioni antitest! La nostra giornata si articola per 12 ore tra situazioni test e situazioni reattive. Al supermercato ci sono prodotti che costano quello che costano! Per alcuni clienti saranno a buon mercato, per altri cari! La stessa cravatta può piacere alla donatrice, per nulla al destinatario. Tutti noi indossiamo scarpe, calze, camicie, e così via (zona test)! E’ estremamente difficile trovare in giro due camicie identiche (se non nel negozio che le vende).

E si dà pure il caso che molti insegnanti che rifiutano il test come strumenti del demonio, quando interrogano, fanno sfilze di domande di questo genere! Quand’è scoppiata la guerra x! Qual è la capitale del Paese y? Quand’ è nato il poeta z? Non ho nulla da obiettare! E’ la vita stessa, quella di tutti i giorni che ci impegna in operazioni test e in operazioni reattive. Mille acquirenti acquistano mille copie del Corriere della Sera, ma è certo che non ci saranno due acquirenti che leggeranno gli stessi “pezzi”!

In conclusione, la zona operativa test è quella che ci garantisce il primo livello della… sopravvivenza quotidiana: possiamo chiamarla così! Con la chiave apro la porta di casa, poi apro il rubinetto per lavarmi le mani, accendo il gas per cucinare il pranzo. Tutte zone test, ma… se ho perduto le chiavi di casa? Se manca l’acqua? Se c’è lo sciopero dell’azienda del gas? E’ allora che si mettono in moto le operazioni reattive: si tratta di risolvere dei problemi!

Tornando alla scuola, l’apprendimento è una continua e progressiva conquista di dati certi, oggettivi, assolutamente necessari per ulteriori apprendimenti più significativi. La zona test e la zona reattiva del cervello dei nostri alunni (e di noi tutti anche) sono in continuo movimento! E a fasi alterne! E’ necessario “apprendere a memoria” l’alfabeto, le tabelline, la numerazione, i primi meccanismi del sommare e del sottrarre, del produrre pensieri orali e scritti in cui l’informazione sia la risultante di una parte nominale e di una parte verbale. Se non possedessimo “dati certi”, non potremmo mai andare a trovare un amico che abita in Corso Vittorio 86; o prendere il tram n.13 che porta lì! Nelle nostre operazioni mentali è un continuo andirivieni tra operazioni test e operazioni reattive! Le prime condizionano le seconde. Le prime sono eguali per tutti; nelle seconde ci differenziamo! Guai se non fosse così! Saremmo tutti dei robot! Miliardi di calcolatrici ci diranno sempre che 2 più due dà 4! Ma ciascuno di noi può dire 5 o 6 o ciò che vuole! Le operazioni test sono operazioni convergenti. Le operazioni reattive sono divergenti… possono negare il reale!

Ne consegue che i test – quelli scolastici – non vanno affatto demonizzati. Basta soltanto accettare il fatto che ci permettono di rilevare se dati condivisi e eguali per tutti sono stati acquisiti o meno. Si tratta, quindi, di strumenti “poveri”, ma che costituiscono i mattoni con cui ciascuno di noi può costruire operazioni reattive, “ricche”, complesse, personalizzate, se si vuole. Due architetti progetteranno due ville diverse, ma guai a loro se non posseggono dati e conoscenze comuni e condivise di aritmetica, geometria, ecc.

Ben vengano allora mille prove test per accertare che ci siano i “mattoni mentali” perché si possa andare oltre. E’ impossibile apprezzare “La ginestra”, se non si hanno le coordinate di base a tutti comuni che caratterizzano la vita e l’esperienza leopardiane. O il canto secondo del Paradiso dantesco, se non si hanno le coordinate concettuali della cosmologia medioevale. E si tratta di coordinate che rinviano a dati oggettivi che per un alunno – o per qualsiasi altro soggetto – è necessario avere acquisito. L’accertamento della presenza di questi dati è una semplice operazione misurativa: il dato c’è o non c’è. E’ chiaro che un “sistema di istruzione” (educare e formare sono altre cose) non può limitarsi a operazioni misurative, necessarie, ma non sufficienti. Quando si sollecitano operazioni divergenti, pensiero critico, riflessioni personali, capacità di discuterle e… di modificarle anche, entriamo in un altro mondo: quello delle operazioni divergenti sulle quali, allora, si esprimono altri giudizi, che attengono alla valutazione, che è un altro mondo! Il documento del Gritti afferma correttamente che il “valutare non coincide con il misurare”. Misurare è relativamente facile: Napoleone è morto il 5 maggio del 1821! Ma valutare la sua opera è estremamente complesso.

Se tutto ciò che ho scritto fino adesso è vero – e lo è! – è anche vero che le prove test mi danno l’opportunità di disporre di dati importanti circa l’evoluzione dell’apprendimento di un alunno – o di un qualsiasi soggetto – ma solo in relazione a operazioni convergenti (l’acquisizione di dati comuni e condivisi, necessari per andare oltre in processi cognitivi più elaborati). Ma dovrò anche dire che si tratta di prove necessarie, ma non sufficienti a verificare se il soggetto è capace di procedere verso operazioni “altre”, più elaborate, “divergenti”.

Di qui il grande equivoco delle tanto temute prove Invalsi. Si tratta di prove che non vanno – né lo potrebbero fare – oltre a pure e semplici rilevazioni misurative: proprio per il fatto che sono prove eguali per tutta la platea del campione. Pertanto, non possono in alcun modo essere proposte o barattate come prove capaci di darci il gradiente delle competenze di analisi, di sintesi e di valutazione. Com’è noto, per l’ormai superato (per davvero?) Bloom, si tratta pur sempre di operazioni cognitive superiori, produttive, che vanno ben al di là delle più semplici operazioni di primo livello: contatto/acquisizione/conoscenza, comprensione, applicazione.

Giustamente – dice il documento del Gritti – non dobbiamo enfatizzare! Non dobbiamo barattare per esaustive prove che esaustive non sono affatto! Misurare non è valutare! Quindi piantiamola di parlare di valutazione di sistema! Che è altra cosa e che andrà realizzata e – chissà quando? – con ben altri strumenti!

Concludendo: non è affatto detto che una prova Invalsi sia in grado di dare il coefficiente di produttività di una classe di alunni. Può dirci soltanto se il pensiero convergente di un alunno è in grado di operare correttamente su determinati dati. E non potremmo mai dire che un alunno “non conosce”, se non ricorda la data della battaglia di Zama. Perché può darsi che sappia tutto dell’importanza delle guerre puniche, ma non ricordare quel fatidico 202 a.C.! Potremmo allora dargli zero in storia? E poi gli elefanti schierati da Annibale saranno stati veramente 80? Una data! Un numero! Sono sufficienti per promuovere o per bocciare?

Voglio sperare che il nuovo ministro faccia un po’ di chiarezza sui compiti dell’Invalsi e sui limiti “oggettivi” delle prove “imposte” alle scuole! Mah!!! Ormai sono anni che mi auguro la nomina di un ministro di alto profilo, all’altezza di una situazione difficile e complessa! Ma non sono mai ascoltato!!! Vogliamo sperare? Mah!!!

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