Direzione didattica di Pavone Canavese

La valutazione dopo la legge 169


21.12.2008

Nella primaria torna il voto, ma nessuno protesta seriamente
di Reginaldo Palermo

 

L’ottavo comma dell’articolo 1 del “Regolamento sulla valutazione” parla chiaro: “In riferimento all’adozione delle nuove espressioni della valutazione con voto in decimi, gli insegnanti, nell’ambito della loro autonomia didattica e professionale, ne estendono l’uso alla pratica quotidiana, secondo criteri di coerenza e di trasparenza, nel rispetto dei principi di cui al precedente comma”.
La motivazione di questa disposizione va cercata nel testo del comma precedente che recita espressamente: “La valutazione dei processi formativi e degli esiti degli apprendimenti conseguiti è oggetto di adeguata informativa per le famiglie degli alunni”.
Il ragionamento implicito sembra insomma questo: poiché la famiglia deve disporre di adeguati elementi informativi per poter comprendere il significato del voto attribuito al termine del quadrimestre o dell’intero anno scolastico, allora è opportuno che il voto sulla pagella sia adeguatamente “preparato” e in un certo senso “preannunciato”.
Può darsi che questa scelta abbia un senso se riferita alla scuola secondaria (ma è meglio che su questo si esprimano gli esperti di quel segmento scolastico).
E’ però quasi certo che - per la scuola primaria – si tratta di una decisione quanto meno discutibile.
E’ vero che le famiglie vanno adeguatamente informate, ma questo obiettivo si può raggiungere in molti modi diversi e non necessariamente apponendo un voto numerico sotto ogni compito svolto dall’alunno.
Ci sembra che una pratica del genere non tenga conto del dibattito che in questi decenni si è sviluppato sui meccanismi dell’apprendimento, sulla motivazione ad apprendere e sul rapporto fra processi e prodotti.
E' anche possibile che questa pratica apra la strada al contenzioso fra scuola e famiglia; prendiamo il caso di un alunno che in 6 compiti abbia riportato questa sequenza di voti: 4, 5, 5, 6, 7, 7; e di un altro che abbia invece una sequenza esattamente opposta: 7, 7, 6, 5, 5, 4; siamo sicuri che un “6” finale sia giustificato per entrambi ?
Senza contare che forse il comma 8 che abbiamo citato contrasta non solo con le norme sulla autonomia ma anche con la libertà di insegnamento.

Ma ciò che mi pare più preoccupante è un altro aspetto: non mi pare che sulla questione del voto ci sia molta “mobilitazione”, tutt’altro.
Forse c’è rassegnazione o persino condivisione (che però ci si vergogna un po’ ad esprimere pubblicamente). Senza rendersi conto che nella scuola primaria ritornare al voto può significare una modifica significativa della relazione educativa fra insegnante e alunno.
Ma qualcuno dovrebbe incominciare a porsi seriamente una domanda: per quale motivo quegli stessi insegnanti che hanno fatto le barricate su tutor, portfolio e unità di apprendimento sono disposti ad accettare serenamente il ritorno al voto ?

 
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