Direzione didattica di Pavone Canavese

Scuola maestra di vita

26.05.02

Per una scuola di dimensione europea

L’Europa è il continente delle molte comunità nazionali che hanno una propria fisionomia, una propria cultura, una propria lingua.
E’ una constatazione di fatto dalla quale occorre partire per ogni possibile discorso educativo avente la finalità di formare una nuova cittadinanza europea.
E’ innegabile infatti che questo dato storico ha reso in una certa misura più difficile la comunicazione tra i diversi popoli ed ha dato origine a tensioni sofferte quando non addirittura a scontri violenti ma la diversità se da una parte ostacola la comunicazione dall’altra la rende ancor più necessaria e feconda.
Le molte esperienze, se confrontate e raccordate tra loro, possono arricchirsi a vicenda.

In questa direzione va considerato il ruolo dell’educazione.

Ci domandiamo  quale è il senso e il significato da dare alla finalità condivisa di  formare il cittadino europeo o più in generale una nuova cittadinanza europea.
La risposta non è semplice anche per chi ha abbracciato con slancio e vivo interesse le tematiche del progetto Comenius e quindi ha l’animo e la mente predisposti a tale finalità.
Provo a dare una risposta racchiusa in poche parole consapevole comunque che la sintesi a volte non rende completamente conto della profondità del concetto.

Formare il cittadino europeo, per me, è contribuire alla crescita di una nuova cittadinanza che sia consapevole della propria identità e del proprio modo d’essere. Non deve sembrare un paradosso proprio per quanto affermato.
Rafforzando lo studio della nostra cultura i giovani potranno scoprire quegli elementi storici e culturali che inevitabilmente ci fanno consapevoli di appartenere ad una comunità più ampia che va oltre i confini della nostra nazione.
Conoscersi per meglio conoscere gli altri, per essere capaci di mettersi in discussione, andando oltre il semplice dialogo alla ricerca di quegli spazi inediti, quel non-ancora, che possiamo costruire insieme abitanti del sud e del Nord dell’Est e dell’Ovest.
Gli elementi che ci fanno parti della più grande comunità sono sicuramente le comuni origini cristiane ed umanistiche con i valori che ad esse sottendono.
Valorizzare tali origini non significa  arroccarsi sulle proprie posizioni ma essere preparati al confronto per sapere a quanto di mio posso rinunciare e quanto dell’altro posso accettare perché mi fa crescere e ci fa crescere.

Da qui discende il discorso e la necessità dell’educazione ai valori.
Quali valori?
La pace, la giustizia, la libertà, la condivisione dei problemi, la salvaguardia dell’ambiente, la salute, l’educazione..sono questi valori fondamentali riconosciuti da ogni popolo.
Formare il cittadino è dunque formare l’abitante della città che conosce i propri diritti e partecipa dei processi di vita democratica. La democrazia è il valore che racchiude, se mai fosse possibile una gerarchia dei valori, ogni altro principio.
Far fare dunque esperienze di democrazia , conoscere i sistemi istituzionali, confrontarsi con altri giovani di altri paesi europei , sono azioni concrete di formazione della cittadinanza europea.
E tuttavia avere consapevolezza dei propri diritti è anche consapevolezza che essi vanno esercitati in un contesto democratico e quindi che essi sono inevitabilmente collegati a doveri precisi: innanzitutto al dovere di rispettare gli altri e la loro cultura.
E’ il concetto della tolleranza che bandisce comunque ogni intolleranza.
E’ così che si pone il concetto dell’educazione alla responsabilità.
In una parola nella costruzione di una nuova cittadinanza non è sufficiente la sola istruzione ma si pone con forza l’esigenza della formazione integrale della persona.
Si comprende allora come ogni tentativo di costruire l’Europa dall’alto è destinato a naufragare ed è accolto con freddezza dai popoli.
L’Europa delle Istituzioni ha vita breve se non supportata da una parallela crescita di una coscienza comune dei popoli. La nostra storia lo ha dimostrato: fatta l’Italia occorreva fare gli Italiani .
E sappiamo quanto è stato lungo e faticoso quel processo!
E’ evidente dunque , occorre sottolinearlo con forza, il ruolo insostituibile che nella costruzione della cittadinanza europea ha l’educazione.

Se condividiamo questo assunto, inevitabile è la necessità di formare un insegnante “europeo”.
E se questo è vero occorre anche l’unità di intenti dei sistemi formativi dei diversi paesi europei nella convinzione di poter offrire in un tal modo un contributo di primaria importanza allo sviluppo di una convivenza pacifica e prospera intessuta di scambi vitali tra i popoli europei.
E il nostro sistema con gli opportuni aggiustamenti può sicuramente diventare modello europeo.
Che vuol dire infatti dobbiamo adeguare la nostra scuola al sistema europeo? E’ solo un modo usato dai politici per giustificare le loro scelte di riforma? Quale è il modello che può assurgere a modello europeo? La nostra scuola , soprattutto la scuola primaria , non ha nulla da invidiare alle altre scuole europee e può sicuramente meritare ogni attenzione.
L’esperienza del progetto Comenius mette spesso in evidenza carenze funzionali dei sistemi formativi degli altri paesi europei: vedi l’integrazione dell’handicap, vedi la formazione integrale della persona…

Allo stesso modo noi abbiamo molto da imparare rispetto alla formazione professionale.
Potenziare le occasioni d’incontro sicuramente contribuisce allo sviluppo di  un modello europeo che prenda il meglio dai diversi sistemi per l’educazione del cittadino europeo.
In nessun altro modo e per nessun altro motivo si può rinunciare alla nostra tradizione scolastica.

E allora l’affannarsi di ogni ministro, perché obbligato, ad inventarsi un sistema che consenta l’uscita dal sistema dell’istruzione a 18 anni. Ciclo della scuola di base (7 anni) – Berlinguer – Istruzione superiore ridotta a 4 anni ovvero anticipo delle iscrizioni alle elementari (Moratti)…. Può produrre solo incomprensioni e separazioni.
Semplicemente occorreva invece dimostrare la validità della nostra impostazione pedagogica e organizzativa con l’uscita del sistema a 18/19 anni.
Certamente occorreva mettere le mani all’unica riforma che mancava all’appello : quella delle superiori.

Girio Marabini

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