Direzione didattica di Pavone Canavese

Scuola maestra di vita

14.04.02

Storia maestra di vita ?

AngeloVita nel suo appassionato commento si interroga, tra l'altro, se la storia possa essere ancora considerata maestra di vita.
Non è facile rispondere in considerazione che oggi  la velocità delle informazioni, il loro accumularsi e susseguirsi senza ordine e mediazione, lo stesso loro "bruciarsi" nell'arco di poche ore nell'interesse delle persone sembra testimoniare la fine della storia.
E' una evidenza la fatica che l'insegnate deve fare per "catturare" l'interesse dell'alunno ai fatti storici, allo studio della storia. 
I giovani oggi vivono il presente senza memoria del passato e senza speranze apparenti per il futuro. 
E' chiaro che nessuno "è obbligato a credere nel futuro della storia o in quello della società. E' possibile che la nostra società venga distrutta oppure perisca per una lenta decadenza , e che la storia ripiombi nella teologia  - cioè nello studio, anziché delle conquiste umane , degli intenti divini - oppure nella letteratura - cioè nella narrazione  di racconti e leggende senza scopo e senza importanza"(E.H. Carr). 
La concezione che abbiamo della storia riflette la concezione che abbiamo della società. 
Una società che ha perso ogni fiducia nelle proprie capacità di progredire verso il futuro , cessa entro poco tempo di preoccuparsi dei propri progressi passati.
Occorre dunque recuperare ai giovani la certezza del futuro della società . 
E' allora che  la storia ed il suo insegnamento tornano ad essere essenziali nella formazione integrale della persona. 
Non bisogna seguire l'insegnamento degli scettici, i quali al termine dei loro ragionamenti hanno solo il nulla. 
Occorre, è vero tuttavia, recuperare il valore del dubbio come parte essenziale per il progresso. 
Il dubbio necessario all'autocoscienza . (Hegel) Recuperare il valore del dubbio e avere fiducia nel progresso della società nonostante tutto testimoni del decadimento, per non cadere nella disperazione e nello sconforto. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo ai giovani che ci sono affidati.
La formula che ci è stata insegnata per rispondere alla domanda perché studiare la storia, mantiene allora la sua forza e la sua funzione: studiare la storia per conoscere il passato, per interpretare e capire il presente, per progettare il futuro.
Occorre cioè considerare lo scopo dell'insegnamento della storia più che interrogarsi su che cosa sia la storia.
Lasciamo ai filosofi l'interrogativo se la storia debba essere considerata una scienza , almeno da comprendere tra le scienze umane. E comunque quando ci accingiamo ad insegnare la storia dobbiamo tener conto della dicotomia esistente tra fatti ed interpretazioni che di quei fatti propone lo storico.
Dobbiamo essere coscienti che il fatto storico acquista "valore" secondo le idee di chi lo interpreta . 
Dobbiamo perciò liberare il fatto storico dalle contaminazioni della retorica e della politica che tendono ad una interpretazione sempre di parte e funzionale agli  scopi   del potere dominante.
Dobbiamo rendere consapevoli gli alunni che nella conoscenza storica non c'è verità definitiva , ma una verità provvisoria che può e deve essere  rimessa in discussione quando si conosceranno meglio i fatti.
Conoscere il passato attraverso una attenta riflessione e il richiamo continuo ai limiti delle nostre conoscenze.
Valutare i fatti con obiettività per formare coscienze critiche: qualcuno dice che questo è un compito impossibile.
E' comunque questo un compito morale che è ben diverso dall'insegnamento "moralistico" che cerca nei fatti esempi di "malvagità" punita   e di virtù premiata. Tale visione moralistica rinuncia all'obiettività in favore di un'azione etico-pedagogica.

Assumere come vera una sola interpretazione dei fatti va in questa ultima direzione e va sicuramente contro il valore dell'insegnamento della storia che è quello di far partecipi gli alunni in modo critico, creativo e orientativo della "memoria collettiva" per poter crescere come  uomini e cittadini e così progettare il proprio futuro.
In questo senso è possibile recuperare all'insegnamento della storia un fine   politico quello cioè di contribuire allo sviluppo di una coscienza civica e di   preparazione alla vita sociale.
Il fine politico dell'insegnamento della storia, in tal modo  inteso, contribuisce a sviluppare i sentimenti di solidarietà, a dare coscienza che tra l'individuo e l'umanità esistono delle strutture in cui concretamente  egli deve operare e senza cui non è possibile realizzarsi  pienamente.
L'insegnamento della storia assume allora come uno dei suoi compiti essenziali l'Educazione civica intesa come un grande campo di raccordo culturale interdisciplinare al fine di far maturare la coscienza delle responsabilità morali, civiche, politiche, sociali, personali e comunitarie di fronte ai problemi dell'umanità. 
Educazione civica come educazione alle responsabilità e ai valori.
Ma quali valori? Che cosa dobbiamo intendere con tale termine?

Valore è ciò che dà senso alla vita e per questo, educare ai valori può essere determinante a risvegliare nei giovani l’interesse alla vita , la creatività, l’amore di se stessi e del prossimo. Valore è ciò che consente ai giovani di non buttarsi via, di realizzarsi pienamente. E allora la scuola come comunità educante deve possedere valori progettuali condivisi e deve saper indicare valori di riferimento agendo in dialogo con le culture del territorio. All’interno della scuola i giovani devono poter imparare a vivere concretamente i processi della partecipazione , della democrazia, della responsabilità personale.

Il lavoro inteso come servizio, la collaborazione e la solidarietà, le ore dedicate a se stessi e alla famiglia, il tempo trascorso nello studio, l’impegno solidale nel volontariato possono infatti contribuire a costruire l’identità della persona dando giusto valore e senso alla realtà.

Occorre recuperare le ragioni per cui l’uomo si auto-realizza: esse si possono riassumere nei valori della libertà e dell’identità che richiamano in educazione il concetto di valorizzazione delle differenze e di eguaglianza delle opportunità.

Quale libertà? La libertà anzitutto di affermare la propria identità, di esprimere liberamente il proprio pensiero, la libertà che deriva dalla pace; la libertà dello spirito di servizio e dall’asservimento del potere; la libertà dalla pressione del consumismo.

Dove poter rintracciare allora valori condivisi, rispettati dai componenti una società e che possano in qualche modo garantire l’uomo?

La risposta è che devono essere rintracciati  nella nostra carta costituzionale, perché  mediamente condivisi e perché sono alla base della nostra convivenza civile, ma soprattutto perché essa rappresenta la sintesi più alta della cultura cristiana e quella che definiamo laica.

Fondamento della carta costituzionale è l’idea che le norme fondamentali della convivenza politica e sociale sono il prodotto della  volontà degli uomini che agiscono secondo piani ed obiettivi razionali e che condividono scelte di libertà. 
L'insegnamento della storia e l’educazione sono senza dubbio due dei principali mezzi con cui possono mantenersi vive l’attenzione e la condivisione dei principi stabiliti dalla costituzione.
Inteso in questo modo il fine politico non è inconcepibile ma anzi è elemento costitutivo del più universale fine umanistico verso cui dovrebbe tendere l'educazione: la formazione integrale della persona.
Da qui, ribadisco, la necessità di non tirare la giacca della storia dalla parte dell'ideologia e della parte politica e culturale a cui l'insegnante sente di appartenere .  Se ognuno di noi insegnasse la storia secondo i propri convincimenti cosa accadrebbe?
Storia maestra di vita dunque se insegnata e appresa in modo libero....

Girio Marabini

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