Direzione didattica di Pavone Canavese

L'intervista

 

Io sono Ezio Novascone; sono nato nel 1924.    Sono stato educato, nell'epoca fascista, a servire la Patria e addestrato a combattere …   Oggi vorrei farvi capire come,   da "ragazzo di Mussolini",  sia diventato partigiano e abbia combattuto i fascisti e i tedeschi.

Sappiamo che durante il Fascismo i bambini erano organizzati in associazioni giovanili. Lei ne faceva parte ?

balilla75.gif (74579 byte) Sì, anch’io sono stato educato a servire la Patria e addestrato a combattere fin da piccolo. All’età di 6 anni mi sono ritrovato "balilla" con una divisa e un piccolo moschetto con pallottole di legno.  Con i miei compagni dovevo esercitarmi a marciare nel cortile della scuola, invece che giocare …  Verso i 16 anni, sono passato agli "avanguardisti".  Ho avuto un vero fucile da smontare e rimontare (anche ad occhi bendati); dovevamo declamare velocemente tutte le parti che componevano la nostra arma. Imparavamo ad usare anche la mitragliatrice leggera.

 

E le bambine cosa facevano?

Anche le bambine si esercitavano in saggi ginnici, avevano la divisa da "piccole italiane" (gonna nera a pieghe e camicia bianca).
I bambini più piccoli facevano parte dei "figli della lupa".
Ogni sabato e domenica eravamo obbligati a partecipare alle sfilate in piazza.

Vi piaceva far parte di queste organizzazioni ?

Essere "balilla" o "giovane italiana" era un obbligo; però a noi che eravamo cresciuti in un clima di cieca obbedienza, svolgere queste attività ci faceva sentire importanti. Io e miei compagni eravamo "gasati", volevamo far grande l’Impero, come ogni giorno ci veniva insegnato.
Il nostro imperativo era: credere, obbedire combattere.
Avevamo un capo che pensava e decideva per noi …

Lei ha fatto il militare ?

Avevo 16 anni quando è scoppiata la guerra. La Germania, come un lampo, aveva invaso e sopraffatto quasi tutta l’Europa e io pensavo che la guerra sarebbe finita presto e non avrei fatto in tempo a parteciparvi. Ma non è andata così. Mussolini entrò in guerra a fianco di Hitler, poi le cose si misero male … Intanto, io a circa 17 anni fui chiamato per la visita di leva, poi fui arruolato nel gruppo degli Alpini e assegnato alla caserma (ex cotonificio) di Torre Balfredo (sarei stato, in seguito mandato in Albania).
Qui, gli episodi di "nonnismo" erano all’ordine del giorno ed erano diretti soprattutto verso noi, "avanguardisti", perché sapevamo già usare le armi.

Che cosa ha fatto quando è stato firmato l’armistizio ?

L’8 settembre 1943 venne firmato l’armistizio; il re e i generali fuggirono nel sud d’Italia, lasciando i comandanti militari senza disposizioni. Io mi trovavo ancora nella caserma di Torre Balfredo. È stato un momento molto difficile, perché noi, abituati fin da piccoli ad obbedire, ci siamo trovati improvvisamente senza ordini e senza guida. L’esercito era allo sbando …
Chiedevamo ai "vecchi" che cosa dovevamo fare, ma nessuno sapeva darci ordini e indicazioni.
Per noi è stato un colpo grave: abbiamo visto cadere i nostri idoli, per primo Mussolini…
Improvvisamente, alla caduta del fascismo, tutti si dichiararono antifascisti: perché, allora, gli adulti non ci avevano spiegato che avremmo potuto fare cose più costruttive che non marciare nelle piazze? Perché non ci avevano detto che non avevamo i mezzi per vincere la guerra ?
Avevamo saputo che non si sarebbe più dovuto sparare contro gli Alleati, ma era scontato che avremmo dovuto difenderci dai Tedeschi, nostri ex amici. Girava voce che i soldati di Hitler avrebbero catturato i soldati sbandati e deportati in Germania.
I nostri comandanti non sapevano cosa fare di noi… ci portavano a marciare lungo la Dora ,ma non ci dicevano di scappare e di mettere in salvo la pelle…..
Anche qui abbiamo dovuto decidere da soli; siamo fuggiti alla spicciolata, senza armi. Io sono scappato attraverso una tubatura e sono tornato a casa a piedi, a Cuorgnè.
Ero un disertore e, se acciuffato, potevo essere fucilato.
Su consiglio di un carabiniere, io e alcuni amici, ci rifugiammo fuori dal paese, dove restammo nascosti per qualche tempo.

Come è diventato partigiano ?

Per evitare l’arruolamento nell’esercito della Repubblica Sociale (…), i miei parenti riuscirono a farmi ottenere un posto di lavoro nella Organizzazione tedesca Todt, dove costruivo aerei, nella zona di Pinerolo.
Arrivò, però, un momento in cui i capi tedeschi cercarono di obbligarci a diventare guardie dei campi di lavoro, in Germania
Ragazzi, era il momento di "filarsela"!
Dovevo scegliere se servire la Germania o restare a difendere le mie case, il mio paese, le mie montagne.
Scelsi ciò che mi sembrava più giusto e mi rifugiai a Cintano, dalla "Ninin", poi mi misi in contatto con i partigiani che già operavano tra quelle montagne.
Iniziò, così, una nuova vita; da questo momento sarò conosciuto con il nome di Elvetio.
Di questa decisione non informai nessuno, neanche la mia famiglia; non ci fidavamo più di nessuno, mantenevamo la massima segretezza, anche perché non sapevamo neanche se avevamo fatto la scelta giusta.
Infatti, solo dopo parecchio tempo, scoprirò che anche mio fratello, Elio, aveva preso la mia stessa decisione e operava in un’altra formazione partigiana.

Tra di voi combattevano anche delle donne ?

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Sì, parecchie.
Alcune erano staffette e si occupavano dei collegamenti tra le bande, altre hanno condiviso con noi la miseria e la fatica della vita in montagna.
Erano bravissime nel procurarci cibo e vestiario.
Ricordo, in particolare, Palmira, che fuggì su un nostro camion quando i tedeschi fecero saltare il ponte sull’Orco, a Pont; la Gina che sotto la gonna nascondeva sempre la pistola; "Dio Furbo", chiamata così per il suo intercalare.

Come vi procuravate il cibo ?

I partigiani poterono sopravvivere solo perchè ebbero l’appoggio della popolazione. C’era chi ci nascondeva, chi ci forniva vestiario; i contadini e i montanari dividevano con noi il poco cibo che producevano.
Qualche volta riuscivamo a requisire i camion che trasportavano generi alimentari. Mi ricordo quando per una settimana mangiammo solo il "dolce verde", un formaggio fuso, appiccicoso, destinato alla popolazione civile, che noi avevamo sottratto in gran quantità.

In che modo combattevate ?

Di solito, preferivamo non scontrarci frontalmente con i tedeschi e i fascisti, dal momento che eravamo pochi e male armati. Pensate che quando mi sono unito ai partigiani avevo con me solo il pugnaletto da "avanguardista" !
Le nostre erano azioni di guerriglia: attaccavamo, sparando le poche munizioni che avevamo e poi fuggivamo. Per impedire l’avanzata di plotoni tedeschi, minavamo strade e facevamo saltare ponti.

In queste azioni sono morti molti suoi compagni ?

Purtroppo, sì; nel nostro gruppo di circa 300 uomini ben 97 sono morti: chi in battaglia, chi trucidato dopo la cattura.

E’ stato difficile perdonare i nemici ?

Ci devo pensare…Se immagino il nemico come un ragazzo che ha fatto una scelta diversa dalla mia, arruolandosi nell’esercito fascista, solo per comodità, non provo rancore; se ripenso, invece, ai miei compagni torturati, uccisi barbaramente, non riesco a perdonare chi ha commesso queste atrocità.

 

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