Pierre Bordieua cura di Aluisi Tosolini
Pierre Bordieu, noto sociologo francese, raccoglie in questo breve testo 17 brevi interventi. SI tratta per lo più di articoli o relazioni a convegni che evidenziano lo "schierarsi" di Bordieu nei confronti della religione dominante dei nostri giorni: il neoliberismo assunto come dogma non solo economico ma anche politico e sociale.
Un testo contro il neoliberismo, dunque. Contro la pretesa dell'economia neoliberista di farsi, per dirla con Ignacio Ramnet di Le Monde Diplomatique, "pensiero unico".
I testi sono sferzanti, cattivi, immediati e si polarizzano in primo luogo sul "sistema simbolico" che - come Scrive Rossana Rossanda nella prefazione - "prima e accanto ai rapporti di proprietà e al modo di produzione, legittima il dominio e fa introiettare l'essere dominati".
Per uneconomia della felicità
La globalizzazione è per Bordieu in primo luogo un mito giustificatore. Questo non significa che essa non "agisca" nella pratica. AD esempio essa "é assolutamente reale nel caso dei mercati finanziari..... un campo dove la posizione dei dominanti - gli USA nello specifico - li mette in condizione di definire la maggior parte delle regole del gioco" (pag. 48) mettendo radicalmente in scacco le politiche degli stati nazionali.
Occorre, scrive Bordieu, "mettere radicalmente in discussione la visione economica che individualizza tutto, la produzione così come la giustizia o la saluye, i costi così come i profitti, e che dimentica che lefficacia - di cui si fornisce una definizione ristretta ed astratta, identificandola tacitamente con la redditività finanziaria - dipende evidentemente dagli obiettivi ai quali la si misura, redditività finanziaria per gli azionisti e gli investitori, come accade oggi, oppure soddisfazione dei clienti e degli utenti, oppure ancora, allargando il campo, soddisfazione e gradimento dei produttori, dei consumatori e, per successive approssimazioni, soddisfazione del maggior numero possibile di persone. A questa economia ristretta e dalla visione limitata deve essere contrapposta uneconomia della felicità che terrebbe in considerazione tutti i profitti, individuali e collettivi, materiali e simbolici, associati allattività (come la sicurezza), e anche tutti i costi materiali e simbolici associati allinattività o alla precarietà (ad esempio, il consumo di medicinali quali i tranquillanti). Non si può barare con la legge della conservazione della violenza: ogni forma di violenza ha un costo; ad esempio, la violenza strutturale eservitata dai mercati finanziari sottoforma di licenziamenti, di precarietà ecc ha la sua contropartita in tempi più o meno lunghi, sotto forma di suicidi, di delinquenza, di criminalità, di droga, di alcolismo, di piccole o grandi violenze quotidiane" (pag. 50).
E a nulla vale, come accade in California, che lo stato spenda più per le carceri che per tutto il sistema universitario dello stato.
Il Tietmeyer pensiero
Tietmeyer, ex presidente della Banca centrale tedesca è un classico esponente del pensiero neoliberista che ha come fine specifico la rottura dei legami sociali, la deregulation delle relazioni sociali, lhomo homini lupus di hobbesiana memoria (come già indicava Darhendorf in "Quadrare il cerchio").
Resistere al neoliberismo implica, secondo Bordieu, promuovere uno stato sociale transnazionale, uno stato che cumuli le conquiste sociali più avanzate dei diversi paesi, che costruisca un dirittto sociale comune. Insomma, che crei legami sociali invece che distruggerli.
Ma proprio qui sta il difficile: il neo-liberismo è lutopia dello sfruttamento senza limiti ed è in corso di realizzazione mediante la distruzione di tutte le strutture collettive capaci di ostacolare la logica del mercato puro (pp. 108-109). Una logica che tende a distruggere la "mano sinistra dello stato" (pp. 15. ss), ovvero quanto lavorano del sociale, nelleducazione, nel welfare. Settori che il neoliberismo puro ritiene inutili. Assolutamente inutili.
E gli insegnanti fra questi (a meno che non servano per la sola fornitura di "competenze tecniche e funzionali").
I media: teoria e prassi dellanestetico
Durissima poi (e condivisibile) la presa di posizione sui media e sulla televisione in particolare.che opera una amnesia strutturale tesa a proporre una visione destoricizzata e destoricizzante, atomizzata e atomizzante che "trova la sua attuazione paradigmatica nellimmagine fornita dai telegiornali, un susseguirsi di storie apparentemente assurde che alla fine si assomigliano tutte, una sfilata ininterrotta di popoli miserabili, cui fanno seguito avvenimenti che, trasmessi senza commento, scompariranno senza soluzione: oggi lo Zaire, ieri il Biafra, domani il Congo (oppure, potremmo dire.... oggi il Kosovo) avvenimenti che, privati della loro contestualità politica, nel migliore dei casi susciteranno un vago interesse umanitario. Questa tragedie senza collegamento, prive di una prospettiva storica, non si distinguono dalle catastrofi naturali ..... le cui vittime non riescono a suscitare la solidarietà o la ribellione sul versante specificatamente politico, più di quanto non lo facciano i deragliamenti di treni e altri incidenti" (pp. 82-83).
Una poesia per concludere
"Svolgendo" i miei compiti per le vacanze (a dire il vero sto facendo gli esami di stato.... ma qualche viaggio in treno concilia la lettura di molte cose strane) mi sono in questi giorni imbattuto in un poeta a me assolutamente sconosciuto, Valerio Magrelli.
Devo questa segnalazione ad un fortuito incontro ai tavoli di un caffè dopo lavoro ferroviario con una ex collega. Parlando di programmi osceni di alcune quinte superiori (tanto per dire non hanno fatto Ungaretti e così la prima traccia - analisi di testo dellesame di maturità è finita nel cestino.... ) la collega mi riferiva del programma della sua V liceo. Dellincontro con alcuni poeti contemporanei. Tra questi Magrelli.
Ho divorato il suo ultimo libro (Didascalia per la lettura di un giornale, Einaudi 1999).
Una poesia mi è rimasta conficcata tra i molti pensieri. Chiudo i compiti per le vacanze di questa settimana riportandone il testo:
"Il confine tra la mia vita e la morte altruiDavanti allingiustizia che sublime
ci ha tratto om salvo per farci contemplare
il naufragio da terra,
essere giusti rappresenta
appena la minima moneta
di decenza da versare a noi stessi,
mendicanti di senso,
e al dio che impunemente
ci ha fatti accomodare sulla riva,
dal lato giusto del televisore"
Esistono parole più dure questa sera? Non credo. Torno al mio lavoro. Tra lo sconcerto di chi ha oggi scoperto che i quesiti di storia della terza prova di una classe a me limitrofa riguardavano gli indiani dAmerica (rigorosamente in programma) ed implicavano considerazioni a partire da un film (Soldato blu) e da un testo di De Andrè. Uscendo da scuola ho sentito le studentesse protestare: ma chi è De Andrè?
Me ne sono andato sconsolato.
Aluisi Tosolini