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(16.03.2006)
Tutte storie?  
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di Marco Guastavigna

Inauguro una modalità nuova di comunicare. In alto scrivo con la testa, in basso con le viscere.Lascio al lettore l'onere di capire con quale delle due versioni del contributo mi identifico maggiormente.

[Scritto con la testa]"Il progetto trae spunto dal convegno internazionale La conoscenza come bene pubblico comune (Torino, novembre 2003) promosso dal Comitato Tecnico Scientifico del CSI-Piemonte, nel quale, da alcune relazioni, è emersa l’idea di applicare allo sviluppo di corsi online assistiti dalla Rete un principio base del “software libero”: molti soggetti accettano di contribuire con risorse proprie allo sviluppo di singole parti di un sistema; ciascun soggetto partecipante acquisisce nello stesso tempo il diritto di utilizzare liberamente, entro limiti concordati, l’intero sistema. In tal modo diventa possibile sviluppare anche sistemi multimediali di grandi dimensioni e com­plessità, senza richiedere impegni troppo onerosi ai singoli partecipanti. L’intento è quello di far crescere la quantità e la qualità delle conoscenze accessibili gratuitamente via Internet, a titolo di bene pubblico comune, guardando in primo luogo alle scuole”. Sto citando la pagina di presentazio­ne del sito “Storia dell'Industria del Nord Ovest, dal 1850 ai giorni nostri”, che il lettore interessato potrà raggiungere ed esplorare per conto proprio, ideato dal prof. Luciano Gallino. Si tratta di una risorsa culturale di un certo interesse, paradigmatica da una parte delle potenzialità offerta dalla possibilità di organizzare e rendere accessibili grandi quantità di documenti digitali e dall'altra delle illusioni a ciò connesse. La valenza più significativa del progetto è infatti certamente l'accordo rag­giunto, in base al quale numerosi soggetti hanno accettato che il contenuto dei loro archivi venisse trasferito su supporto multimediale e messo gratuitamente a disposizione di studenti e studiosi attraverso la rete. Sono stati così raccolti, catalogati e organizzati materiali di grande ampiezza e importanza socio-culturale per la ricostruzione, l'interpretazione e la riflessione in merito alle vicende delle industrie piemontesi e liguri. La sintassi ipertestuale consente ovviamente poi un approccio ai materiali secondo diverse prospettive, ovviamente ricombinabili tra di loro, e quindi in questo caso da una parte per settori industriali e imprese e dall'altra per aree tematiche - dal design, alle relazioni sindacali, al rapporto con lo sport. Anche se la documentazione effettivamente implementata è ancora solo una parte di quella presente negli archivi e sui supporti originali, ci sono già immagini e video davvero di grande interesse. I documenti multimediali sono in genere collocati e contestualizzati all'interno di un insieme di unità informative redatte per l'occasione, e sono inoltre corredati da un ampio archivio di collegamenti ad una selezione di risorse Internet esterne al progetto vero e proprio, distinte in fonti testuali, immagini, storiografia e percorsi di approfondimento, a loro volta al momento ancora in fase di reperimento ed implementazione. Insomma, un progetto davvero meritevole ed interessante dal punto di vista culturale. Detto questo, però, non posso esimermi, passando agli aspetti più direttamente didattici. dall’usare un po’ di senso critico. L’accenno al modello di diffusione del software libero è, innanzitutto,  poco più di un artificio retorico. In realtà ai materiali è applicato in modo molto netto, esplicito e preciso il concetto di copyright, con tutte le limitazioni che ne conseguono sull’utilizzo effettivo dei materiali. È così escluso un uso attivo: secondo il modello del diritto d’autore i materiali possono essere “letti”, “visti”, “ascoltati”, ma non si possono realizzare opere derivate, ovvero non si possono compiere rielaborazioni personali. Al di là delle intenzioni e degli equivoci che sono sempre possibili quando si ragiona sugli strumenti culturali a base digitale, le idee di fondo del corso multimediale restano  insomma sempre l’assolutamente tradizionale insegnamento mediante lezione frontale e, di conseguenza, l’apprendimento mediante lettura e rilettura. Si tratta quindi di uno strumento probabilmente interessante per (bravi) studenti di livello universitario e per specialisti, molto meno per le scuole, dal momento che la quantità e la complessità dei materiali rendono il tutto in realtà poco accessibile dal punto di vista cognitivo. L’insegnante che volesse cimentarsi con il sito e con i materiali in esso contenuti, allo scopo di utilizzarli con i suoi allievi, si “scontrerebbe” per di più con alcuni problemi a cui il progetto non dà una soluzione convincente. Il primo: avere un’idea quanto più precisa possibile dei contenuti di insieme del sito; è importantissimo sapere “cosa c’è” effettivamente, ma anche (se non di più) “cosa non c’è” – e non solo genericamente, ma soprattutto per diverse tipologie - testi, immagini, filmati, documenti audio. A questo può dare una mano il motore di ricerca interno. In ogni caso, ciascuno di noi dovrebbe costruirsi un proprio portolano, o almeno un diario di bordo. Il secondo: verificare la fattibilità, la congruenza e la completezza dei percorsi da condurre con i propri allievi (o, meglio, da indicare loro affinché li seguano). Il terzo: predisporre strumenti di verifica degli apprendimenti. Insomma, un’impresa che pochi sono probabilmente disposti ad affrontare. Il merito di iniziative come questa è insomma a mio giudizio una sorta di “dimostrazione per assurdo”: andare oltre gli ingenui entusiami iniziali e comprendere che, a fronte della complessità delle conoscenze, accresciuta e resa di evidenza cristallina dall’accesso a risorse multimediali a distanza, il compito fondamentale della scuola è la pratica della mediazione culturale.

Mi sono occupato di Open Source, Open Content e Creative Commons Licenses per esempio in “Licenze digitali”, Insegnare, 7-8, 2005

[Scritto con le viscere] Sono andato ieri alla presentazione del progetto “Storia dell'Industria del Nord Ovest, dal 1850 ai giorni nostri. Dopo un quarto d'ora me ne sarei andato. La sensazione che si parli di scuola senza avere la minima idea di che cosa davvero vi succeda dentro è sempre più forte. Per non parlare della nausea che mi prende sempre più spesso quando sento parlare di multimedialità applicata alla didattica. Viviamo in una sorta di eterno futuro neopositivista. Siamo sempre alla ricerca di novità. Di promesse. Di sirene? Il senso critico è scomparso. Ogni oratore magnifica le proprie ed altrui intenzioni. Nessuno riflette sui risultati di apprendimento effettivi. Probabilmente nessuno li conosce, a nessuno interessano. Forse spaventano. Poco apprendimento, poco finanziamento. Che cattiveria...

Questa volta, poi, la faccenda si rivela fin da subito ancor più paradossale del solito. Mi vengono i brividi quando sento ripetere a cascata il concetto di "pagine video": probabilmente qualcuno doveva scrivere nei materiali di presentazione "pagine web", ma ha fatto un refuso. E gli altri gli sono andati dietro, senza chiedersi di cosa mai si stesse parlando. Non importa conoscere davvero ciò di cui si parla, l'importante è vantarsi di appartenere alla cerchia di coloro che sono proiettati nel futuro, che sono à la page. Che perfidia...

Superato nell'indifferenza blobdigitale questo primo scoglio cognitivo, si passa a magnificare l'ovvio. Sono circa 15 anni che celebriamo quotidiani riti ipertestuali, ma c'è ancora chi si illude di aver pensato in modo primigenio di assemblare e rendere disponibili i materiali secondo diverse prospettive. Per non parlare dell'ancor più esclusivo ricorso ad approfondimenti via Internet selezionati. Non posso fare a meno di pensare che se a riciclare queste stesse idee ogni volta fosse stato un comune insegnante, tutti se ne sarebbero accorti. Che malignità....

La voglia di andarmene ricompare quando sento citare a sproposito il modello dell'Open Source: a parte il fatto che semmai stiamo parlando di Open Content e di Creative commons licenses, l'affermazione è del tutto priva di senso. Di fronte a noi campeggia infatti il copyright della faccenda. Di nuovo, non posso non pensare che cosa succederebbe se a fare queste affermazioni fosse un insegnante di quelli da tutti i giorni, quelli che vanno in classe. Che malvagità...

Le braccia mi cascano definitivamente quando si passa alla presentazione dei materiali nei dettagli. Ci vengono rifilati due percorsi rigidamente predigeriti, chiari solo nella testa di chi li ha preparati e del valletto cliccatore (che infatti a volte anticipa la relatrice - se non altro sono rovesciati i ruoli mediali tradizionali) in modo che non ci rendiamo conto che l'insieme dell'archivio ha ancora un sacco di lacune. Tanto, chi sarà davvero interessato, una volta celebrato l'evento, ad andare a vedere cosa c'è davvero dentro? E, soprattutto, cosa non c'è? Chi sarà il pazzo che preparerà davvero una lezione multimediale per i suoi allievi, non limitandosi a scorrere le immagini, a dare una lettura veloce ai testi ed uno sguardo distratto ai video? Aspetto per pura cortesia che l'intervento abbia fine e me ne vado. Che intolleranza!

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