Direzione didattica di Pavone Canavese

 

19.02.2001

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Mindstorms
....e la Riforma dei Cicli
di Nicky Secchi
 

 

Di ritorno dal Salone delle Tecnologie Didattiche di Genova, dopo la "3 giorni-TED", un po' per stemperare l'ebbrezza da "full immersion tecnologica", un po' per dare un senso alle lunghe ore di viaggio in treno, mi sono data ad una cara, vecchia (rasserenante?) lettura: "Mindstorms", di S. Papert, che tanta parte ha avuto, un po' di anni fa, nell'accendersi, dentro di me, della passione per il binomio didattica-nuove tecnologie.
E come spesso accade, rileggendo un vecchio libro, gli echi delle parole già note, si sono mischiati a quelli di letture più recenti, sul riordino dei cicli
scolastici e ai freschissimi ricordi del Convegno genovese.
Ma le argomentazioni che leggevo, lungi dal perdere rilievo e nitidezza, in questo gioco di libere associazioni, ne uscivano al contrario rafforzate, arricchite di nuovi significati.

Partiamo dal leit motiv delle discussioni pedagogiche di questi giorni: il Programma per il Riordino dei Cicli.
Che l'attenzione per le Nuove Tecnologie sia uno degli assi portanti del documento è un dato di fatto: attenzione che si traduce ovviamente in preoccupazione, sul quando e il come queste famigerate TIC possano permeare di sè i nuovi curricoli, finendo poi coll'assurgere a dignità di Disciplina Specifica, nell'ultimo biennio dell'obbligo.

Molte voci, ufficiali e non, stanno provando a delineare la partenza, l'arrivo e le tappe di tale percorso.
Si tratta di passare, sul piano delle infrastrutture, dalle torri d'avorio dei laboratori informatici ad una pluralità di postazioni multimediali e polifunzionali, a scuole cablate per un diversificato e continuo accesso alla rete.
E si tratta di passare, sul piano degli obiettivi curricolari, dalla situazione attuale di competenze informatico-multimediali casuali (e ciò vale sia per i docenti che per gli studenti!) a competenze diffuse e certificate, che siano al servizio di una gamma sempre più ampia di competenze disciplinari .
Ma come vanno definite tali competenze?
Nell'ultimo biennio della scuola di base e ancor più nel primo biennio della secondaria, si potrebbe assumere come guida (come si dice ormai da più parti), il Syllabus per il conseguimento della patente europea per il computer, rassicurante elenco di abilità specifiche, organizzate in categorie, che offrono una traccia per l'impostazione delle attività didattiche.
Il problema diventa più impegnativo se pensiamo ai primi 5 anni della scuola di base: il biennio di raccordo con la scuola dell'infanzia e il "corpo centrale" del settennio, quello in cui, per intenderci, dovrebbe "dispiegarsi e svilupparsi la rete curricolare che accompagna via via l'emergere dei nuclei disciplinari, dagli ambiti iniziali più generali".
Lì c'è veramente tutto da inventare...
Che tipo di utilizzo possono avere le tecnologie dell'informazione e della comunicazione in quegli anni ... che spazi si devono loro riservare, che legami si devono intessere tra di esse e le emergenti discipline curricolari?

Ed ecco la mano tesa di Papert.
Egli ci parla soprattutto di matematica, ma le sue argomentazioni sono verosimilmente trasferibili ad altre discipline...
" Per la maggior parte della gente, la matematica è somministrata e presa come una medicina...spesso i nostri bambini sono costretti a seguire il modello peggiore per l'apprendimento di tale disciplina: quello meccanico, dove la materia è trattata come se non avesse alcun significato...
Ma imparando a comunicare con un elaboratore può cambiare il modo di apprendere... l'elaboratore può parlare un linguaggio matematico...può fornire i legami tra le idee matematiche e la vita di tutti i giorni, può permetterci di "parlare matematica in Matelandia", il che è come imparare il francese in Francia ...

Ecco un prima idea : sarebbe bello poter contare su computer che "parlano matematica", o italiano, o storia o inglese..., che ci aiutano a trasformare la nostra aula, di volta in volta, in una Matelandia, in una Storylandia e via dicendo...in un ambiente, cioè, in cui l'apprendimento avviene in modo naturale e piacevole, secondo un fondamentale principio matetico: dare un senso a ciò che si vuole imparare.
In quest'ottica, quindi, il computer diviene strumento per creare scenari di apprendimento, intesi in senso costruttivistico, dove il vero e il falso, il giusto e lo sbagliato non sono criteri decisivi, dove il bambino è libero di esternare le sue anticipazioni intuitive e trova il materiale per rimodellarle, avvicinandosi via via, in modo graduale e progressivo, al sapere formale....

Papert si spinge oltre:
"La mia ipotesi è che l'elaboratore può rendere concreto (e personale) il formale. Visto sotto questa luce, è ben altro che un ennesimo potente strumento pedagogico....Io sono convinto che può permetterci di spostare il confine tra concreto e formale"
E ancora :
"Insegnando all'elaboratore a pensare, i bambini si lanciano in un'esplorazione del loro stesso modo di pensare. L'esperienza può essere inebriante..."

Papert, nelle sue riflessioni, aveva in mente un particolare ambiente informatico, il logo, e si riferiva, ovviamente, ad elaboratori ben diversi da quelli odierni (30 anni, in campo informatico, equivalgono a 300...); le sue riflessioni saranno trasferibili alla nostra epoca, alla scuola di oggi e del futuro?
Io credo proprio di sì, anzi, credo che il "computer- oggetto per pensare", di cui ci parla Papert, sia l'unico che possiamo accogliere a braccia aperte nella scuola di base.

E' chiaro che questi principi vanno poi tradotti in attività e progetti didattici concreti e questa è una sfida alla professionalità degli insegnanti...
Mi vengono in mente, ad esempio, accattivanti personaggi che, come la tartaruga logo, vivono nel computer e ci coinvolgono in "rischiose" avventure matematiche; amicizie e collaborazioni telematiche che danno un senso totalmente nuovo all'uso della lingua scritta; oggetti ipermediali che ci costringono a riflettere sulle sinergie comunicative dei vari linguaggi e ci fanno toccare con mano i processi di strutturazione (e ristrutturazione) delle idee.
Mi viene in mente un modo nuovo di intendere il software didattico, non come moderna trasposizione dei vecchi eserciziari, nè come strabiliante concentrato di effetti speciali, ma come offerta di itinerari didattici, in cui l'ambiente virtuale è solo un accattivante punto di partenza, che offre, via via stimoli per attività concrete e soprattutto per attività socialmente condivise.
Mindstorms, come dice Papert...tempeste, sconvolgimenti della mente...
O magari, semplicemente, è proprio questa la scuola che ci aspetta.

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