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(03.03.2002)
Sovrani e maniscalchi 
- di Marco Guastavigna

Mi è stato da poco chiesto, in occasione di un corso di formazione, di valutare se la rete di una scuola fosse "giusta" o meno. Ho glissato e ho parlato d'altro. Non credo infatti che ci sia la Soluzione Perfetta, in grado di rispondere a tutte le necessità. Credo piuttosto che ciascuno debba analizzare le proprie esigenze e  cercare di rispondervi nel modo più puntuale possibile. E che i criteri debbano essere soprattutto didattici e non solo tecnologici.

Certo, in tutti questi anni qualche idea me la sono fatta e so, per esempio, quali disposizioni dei PC in un laboratorio mi convincono di più e quali mi lasciano davvero perplesso.

Cominciamo da queste ultime. Trovo davvero poco convincenti sotto il profilo didattico e relazionale i laboratori (magari "di informatica") in cui si riproduce, con l'aggravante di cristallizzarlo e assolutizzarlo implementandolo in una infrastruttura e in scelte sul software, il rapporto frontale dell'aula tradizionale. Mi spiego: questo modello è caratterizzato da un numero di "postazioni" tali da consentire l'assegnazione a ciascun allievo di un suo PC multimediale, posato su di un banco separato, dotato di cuffie, di un collegamento in rete locale - realizzato magari con Windows NT o 2000 e con un server che gestisce via ADSL la connessione a Internet, di una cartella condivisa da tutti gli utenti della LAN (in genere chiamata "pubblica" a calco delle scelte aziendali).  Agli allievi è assegnato il profilo "Studente", che consente sì di accedere alle macchine senza password, ma impedisce di installare, di accedere in scrittura a un sacco di cartelle e così via. Solo pochi eletti possono infatti accedere ai PC con i privilegi di administrator. All'insegnante è assegnata una sua macchina particolare, a cui accede con il profilo "Docente". Questa macchina, ovviamente posata su di una sorta di cattedra, funge spesso da server di stampa, ha il masterizzatore e lo scanner, frequentemente è collegabile a un videoproiettore e, a completare la dotazione che ne fa un vero e proprio "trono", gestisce una delle più terribili ingegnerizzazioni che la tecnomente abbia concepito: la rete didattica, ovvero la possibilità per il Docente-tecnologizzato di inviare sul monitor degli studenti (tutti o in parte) ciò che si fa sul "trono", nonché di "spiare" da lontano quanto un singolo studente va facendo, magari assumendo orwellianamente il controllo del suo PC, anziché sedersi di fianco a lui per stimolarlo e aiutarlo in forma diretta. Non a caso, a situazioni ergonomicamente così concepite, si associa sempre più frequentemente l'insegnamento addestrativo delle tecnologie, in genere gli "skills" dell'ECDL. Non sto inoltre a sottolineare più di tanto la scarsa utilità della concentrazione in una sola macchina di molte risorse periferiche e quanto questo non solo non faciliti,  ma addirittura possa ostacolare ogni attività distribuita (e non centralizzata) e cooperativa (e non gerarchizzata).

Mi imbatto molto spesso, per fortuna, nel modello opposto: il ferro di cavallo e le sue possibili varianti. Si tratta in genere di dotazioni hardware più modeste: una macchina per 2-3 allievi; la LAN non sempre c'è o è stata realizzata in modo solo parziale e a volte i dati circolano tra un pc e l'altro via dischetto; il masterizzatore è collegato a un PC, lo scanner a un altro. Non c'è il "trono", anzi, il più delle volte, non c'è nemmeno una vera e propria macchina destinata al docente. Non c'è perché il docente non saprebbe cosa farsene, impegnato come è non a fare lezione, ma a assistere gli allievi nelle loro attività di produzione e di apprendimento - scrittura di testi, disegno, matematica, grafica, logica, ricerca finalizzata su Internet, realizzazione di giornalini cartacei e elettronici, di pagine WEB che raccontano esperienze, di CD che implementano percorsi didattici e così via.  La disposizione più o meno circolare dei PC è intenzionale, perché  permette con un solo colpo d'occhio di vedere cosa va facendo ciascun gruppo di allievi. Già, ciascun gruppo, senza cuffie, ma interattivo, impegnato in discussioni e confronti, che a volte possono generare qualche piccolo litigio e qualche difficoltà di rapporto, ma che sono per contro una componente essenziale della consapevolezza del senso di quanto si va facendo e della sua adeguatezza. Ovviamente amo queste soluzioni, povere di contenuti tecnologici, ma  ricche di significati cognitivi e formativi, tanto quanto non mi piacciono le altre.

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