(31.08.00)
Sentenza del Consiglio di Stato
Circolare ministeriale n. 193 del 3 agosto
2000
-Dirigenza scolastica - preposizione dei capi di istituto alle istituzioni scolastiche
dotate di autonomia e della personalità giuridica a norma dell'articolo 21 della legge
15/3/1997, n. 59.
In relazione all'approssimarsi dei termini previsti dalla legge per l'attuazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche è necessario individuare alcuni passaggi procedimentali indispensabili perché tali prescrizioni possano trovare attuazione.
Si ricorda, in proposito, che l'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 individua come termine ultimo ("e comunque non oltre") per l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia alle istituzioni scolastiche il 31 dicembre 2000. Il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia) ha conseguentemente stabilito che le disposizioni in materia di autonomia, in esso contenute, si applicano alle istituzioni scolastiche a decorrere dal 1° settembre 2000. Tale disposizione è peraltro coerente con quella relativa ai piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, contenuta nell'articolo 3, comma 9 del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233, in forza del quale i piani stessi hanno completa e definitiva attuazione entro l'inizio dell'anno scolastico 2000-2001.
L'art. 25 bis del decreto legislativo n. 29 del 1993, introdotto dal decreto legislativo 6 marzo 1998 n. 59, prevede l'istituzione, nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica, della qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche autonome e l'inquadramento dei dirigenti scolastici in ruoli di dimensione regionale.
Il successivo art. 25 ter dispone che i capi di istituto assumono la qualifica dirigenziale, previa frequenza di appositi corsi di formazione, all'atto della preposizione alle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e della personalità giuridica a norma dell'art. 21 della legge n. 59 del 1997, salvaguardando per quanto possibile la titolarità della sede di servizio. Tale disposizione, sulla base anche dell'indicazione contenuta nel regolamento di organizzazione del Ministero della Pubblica Istruzione in corso di emanazione, va intesa nel senso che la preposizione agli istituti costituisce atto preliminare e distinto rispetto al formale conferimento dell'incarico.
Con circolare prot. n. 8860 del 25 luglio 2000 sono state fornite istruzioni agli uffici scolastici regionali per la predisposizione della certificazione relativa alla partecipazione alle attività di formazione dei capi di istituto, copia della quale sarà messa, dai predetti uffici, a disposizione dei Provveditorati agli studi.
E' necessario provvedere ora a completare l'attuazione di tali disposizioni tenendo presente che:
a. i piani di dimensionamento sono stati approvati o sono in via di
definitiva approvazione da parte dei commissari nominati dal Governo e, per la Sicilia, da
parte dei competenti organi istituzionali;
b. i capi di istituto hanno completato il percorso di formazione e i
sovrintendenti scolastici stanno provvedendo a predisporre la certificazione della
frequenza dei relativi corsi;
c. è in corso l'attività di ricognizione per la definizione delle
dotazioni organiche regionali dei posti di funzione dirigenziale sulla base del numero
delle istituzioni scolastiche dimensionate e degli istituti educativi con contestuale
soppressione dei posti di vicerettori dei convitti nazionali e di vicedirettrici degli
educandati, a norma dell'art. 25 ter, comma 4. del decreto legislativo n. 29/93.
Relativamente al primo degli aspetti indicati, si rileva come
l'adozione dei piani regionali di dimensionamento delle istituzioni scolastiche adottati
dalle Regioni in attuazione del D.P.R. n. 233 del 1998 consente di individuare le
istituzioni scolastiche cui riconoscere l'autonomia e attribuire la personalità
giuridica.
La predetta individuazione si rende possibile ora tanto relativamente
alle Regioni che hanno adottato i piani in questione nei termini previsti tanto in quelle
ove si è proceduto tramite l'intervento sostitutivo di un commissario governativo.
Conseguentemente, laddove non si fosse già provveduto, i Provveditori
agli Studi (nelle Regioni Liguria, Lombardia e Toscana, ove è in corso la sperimentazione
della nuova organizzazione dell'amministrazione periferica, i dirigenti incaricati della
sperimentazione stessa) sono tenuti ad emettere, entro il 1° settembre 2000, con
riferimento a ciascuna istituzione scolastica afferente al territorio di appartenenza,
come risultante dal piano di dimensionamento della Regione, un formale provvedimento di
riconoscimento dell'autonomia alle singole istituzioni scolastiche e di attribuzione della
personalità giuridica per quelle che ne siano prive. Per la Sicilia la competenza è
attribuita agli organi istituzionali regionali.
Correlativamente, a ciascuna istituzione scolastica autonoma dovrà
essere preposto uno dei capi di istituto, compresi coloro che si trovano nelle posizioni
di stato indicate al comma 5 del più volte citato art. 25 ter d.lgs. n.29/93, che hanno
frequentato i corsi di formazione, salvaguardando, ove possibile, la titolarità della
sede di servizio e, comunque, nel rispetto del settore formativo di appartenenza; per
l'assegnazione della sede al personale in soprannumero si farà riferimento ai criteri
contenuti nel relativo accordo decentrato siglato il 25 luglio scorso.
I sopramenzionati dirigenti dell'amministrazione scolastica periferica
e il dirigente dell'ufficio regionale sperimentale della Sicilia, su delega dei direttori
generali, che si allega, provvederanno pertanto ad adottare provvedimenti collettivi di
preposizione dei capi di istituto alle istituzioni scolastiche autonome.
Ciascun capo di istituto eserciterà i poteri connessi con l'entrata in
vigore del regolamento di autonomia delle istituzioni scolastiche (D.P.R. 275/1999), fatte
salve le limitazioni discendenti dalla necessità di attendere il riordino
dell'amministrazione centrale e periferica.
Riguardo ai poteri che possono essere immediatamente esercitati, il
Consiglio di Stato - Sez. II - al quale questa Amministrazione ha inoltrato richiesta di
parere, si è espresso nel senso della immediata applicabilità della disposizione di cui
al comma 5 dell'art. 25 bis del decreto legislativo. n. 29/93 che prevede, per il
dirigente scolastico, la possibilità di avvalersi della collaborazione di docenti da lui
individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti. Si deve pertanto ritenere
superata la disposizione contenuta nel comma 2, lettera h, dell'art. 7 del decreto
legislativo n. 297/94 riguardante la competenza del collegio dei docenti in materia.
Restano ferme le competenze del collegio dei docenti previste dal CCNL riguardo
all'identificazione e attribuzione delle funzioni obiettivo.
Le questioni relative alla funzione vicaria formeranno oggetto di
successive comunicazioni.
A norma dell'articolo 28-bis, comma 5, del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, introdotto dal decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, nulla è
innovato, fino all'anno scolastico successivo alla data di approvazione della prima
graduatoria del corso concorso di reclutamento ordinario, in materia di conferimento degli
incarichi di presidenza delle istituzioni scolastiche.
Per quanto riguarda il conferimento formale degli incarichi
dirigenziali e la stipula dei relativi contratti individuali, che recheranno anche
l'indicazione della durata degli incarichi stessi e l'entità del connesso trattamento
economico, occorrerà attendere il contratto nazionale di lavoro dei dirigenti scolastici
che disciplinerà anche gli altri istituti demandati alla contrattazione collettiva
Circolare ministeriale n.
205 del 30 agosto 2000
Funzioni e adempimenti degli Uffici dell'Amministrazione e delle istituzioni scolastiche
in ordine al regolare avvio e allo svolgimento dell'anno scolastico 2000/2001
Si ritiene utile fornire agli Uffici dell'Amministrazione ed alle
istituzioni scolastiche, nel momento di avvio del nuovo anno scolastico caratterizzato
dall'entrata in vigore dell'autonomia e dal trasferimento di funzioni alle istituzioni
scolastiche, chiarimenti in ordine ad alcuni aspetti attinenti alla gestione del servizio
scolastico e del personale ad esso addetto.
(omissis)
c) Per quanto riguarda le competenze del collegio dei docenti e del dirigente scolastico in ordine alla nomina dei collaboratori, prevista dal decreto legislativo n. 297 del 1994, e di docenti individuati dal dirigente scolastico ai quali delegare specifici compiti a norma dell'art. 25/bis, comma 5, del decreto legislativo n. 29 del 1993, è noto che il Consiglio di Stato, come ricordato nella circolare n. 193 del 3 agosto scorso, ha espresso il proprio parere in merito a due quesiti. In merito all'esonero e al semiesonero del collaboratore vicario del dirigente scolastico il Consesso ha chiarito che, in ragione del passaggio di competenze dai Provveditorati agli Studi alle singole scuole, i provvedimenti di concessione degli esoneri in questione debbano essere ora emanati direttamente dalle scuole stesse, ovviamente nel rispetto delle norme vigenti che nella materia in esame disciplinano le condizioni nelle quali gli esoneri medesimi possano essere concessi. Quanto all'immediata applicazione del citato art. 25/bis ed alle esclusive competenze del dirigente scolastico, per quanto riguarda la delega di specifici compiti ad alcuni docenti e la nomina del vicario, l'Organo Consultivo ha affermato che tale competenza va correttamente intesa ed esercitata anche nel rispetto delle attribuzioni degli organismi collegiali e, per quel che più direttamente attiene al problema in argomento, nel rispetto delle competenze del collegio dei docenti. La norma va letta, dunque, alla luce dei criteri di compatibilità e sussidiarietà: le norme contenute nel decreto n. 297 vanno verificate e limitate con le nuove, contenute nel più volte citato art. 25/bis, che sono recessive solo se si sia in presenza dell'affidamento a docenti individuati dal dirigente scolastico di specifici compiti di gestione e di organizzazione. Il collegio dei docenti, pertanto, fino all'approvazione del disegno di legge di riforma degli organi collegiali a livello di circolo e d'istituto, continua ad assegnare le funzioni-obiettivo in coerenza con le indicazioni della circolare n. 204 del 28 agosto scorso e continua altresì a poter eventualmente individuare ulteriori figure di collaborazione del dirigente scolastico, alle quali, alla luce dell'evoluzione normativa riassunta, potrebbero essere affidati, in coerenza col P.O.F., solo compiti connessi all'attività educativa e didattica. In ragione della complessità della situazione così determinata e dell'oggettiva difficoltà di distinguere, in talune situazioni, le attività di gestione e di organizzazione da quelle di contenuto educativo-didattico, appare auspicabile, e per esigenze di razionalizzazione della spesa e affinché sia condivisa la valutazione del possesso, da parte degli insegnanti chiamati a svolgere la funzione vicaria e quelle delegate, delle necessarie doti di professionalità e di esperienza, che siano costituite in questa prima fase di transizione e nell'attesa del provvedimento legislativo di riforma degli OO.CC., forme di raccordo tra le autonome scelte del dirigente scolastico e quelle del collegio dei docenti.
Consiglio di Stato - Adunanza della Sezione II del 26 luglio 2000 - N. Sezione 1021/2000 - Ministero della Pubblica Istruzione - Richiesta di parere sulla permanenza, nel contesto dell'autonomia scolastica e dell'assetto della dirigenza scolastica delle norme di cui all'art. 7, comma 2, lettera h, art. 396, comma 5 e art. 459, comma 1 del decreto legislativo n. 297 del 16/4/1994
IL CONSIGLIO DI STATO
La collocazione del dirigente scolastico nel Sistema
dell'autonomia definito dall'art. 21 della legge n. 59/1997 e l'assetto della dirigenza
scolastica che scaturisce dalla specifica normativa contenuta nel decreto legislativo n.
29/1993 e successive modificazioni e integrazioni, pongono la questione delle
compatibilità delle citate norme del Testo Unico con il nuovo quadro normativo e, quindi
se esse sopravvivano nel nuovo Sistema, oppure se debbano ritenersi implicitamente
abrogate: ciò soprattutto in relazione alla disposizione contenuta nell'art. 25/bis,
comma 5 del più volte citato D.L.vo n. 29/1993 che recita: "nello svolgimento delle
proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da
lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti".
Nel porre a confronto le varie disposizioni normative,
l'Amministrazione rileva che nell'assetto definito dal Testo Unico n. 297/1994 le scuole
dispongono di una limitata autonomia didattica, che riguarda esclusivamente le innovazioni
di tipo metodologico, mentre ogni innovazione degli ordinamenti e delle strutture è
soggetta alla preventiva autorizzazione ministeriale (art. 278).
In tale quadro normativo, il capo d'istituto si pone essenzialmente
come il soggetto che promuove e "coordina" le attività dell'istituzione
scolastica quasi "primus inter pares", come risulta dallo stesso articolo 396
che definisce la funzione direttiva.
La legge 15 marzo 1997 n. 59 all'art. 21 definisce un nuovo e diverso
assetto delle istituzioni scolastiche dettando norme in materia di autonomia
amministrativa, didattica organizzativa di ricerca e sviluppo delle stesse.
Il comma 16 del citato art. 21 prevede in particolare il conferimento
ai capi d'istituto della qualifica dirigenziale contestualmente all'acquisto
dell'autonomia e della personalità giuridica da parte delle istituzioni scolastiche
ponendo la qualifica dirigenziale in funzione dell'effettivo esercizio dell'autonomia.
L'art. 25/bis del D.L.vo n. 29/1993, così come integrato dal D.L.vo 6
marzo 1998 n. 59, affida al dirigente scolastico la gestione unitaria dell'istituzione, la
gestione delle risorse finanziarie e strumentali, nonché poteri di direzione, di
coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. Il dirigente scolastico ha il
compito di organizzare l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia
formativa e risponde in ordine ai risultati.
Coerentemente con tale nuovo contesto, il comma 5 dell'art. 25/bis
attribuisce al dirigente la facoltà di avvalersi della collaborazione di docenti, da lui
individuati, ai quali può "delegare" compiti specifici.
Tale ultima disposizione appare tuttavia incompatibile con quella
dell'art. 7, comma 2, lettera h) del D.L.vo n. 297/1994 che, come si è detto attribuisce
al collegio dei docenti la competenza ad eleggere i collaboratori del capo d'istituto.
Poiché le due disposizioni disciplinano la stessa materia in modo differente
l'Amministrazione ritiene prevalente la disposizione successiva nel tempo.
Peraltro tale conclusione appare anche l'unica possibile sul piano
logico e sistematico poiché il comma 5 dell'art. 25/bis, non può che presupporre
l'esistenza di un rapporto fiduciario tra delegante e delegato presupposto che sarebbe
frustrato dalla scelta del soggetto delegato compiuta da organo diverso dal dirigente
scolastico delegante.
Relativamente alla figura del collaboratore vicario, poi, prevista per
il capo d'istituto dall'art. 396 D.L.vo n. 297/1994, essa non sembra trovare spazio nel
Sistema della dirigenza scolastica, non essendo prevista espressamente; le considerazioni
da ultimo espresse, infatti, fanno sembrare, a fortiori, tenuto conto delle funzioni
spettanti al vicario, ancor meno ipotizzabile la figura di un vicario del dirigente che
sia eletto da un organo collegiale.
La soluzione al problema della sostituzione del dirigente scolastico in
caso di assenza o impedimento sembra debba piuttosto essere ricercata nella normativa
generale e, quindi, nell'affidamento temporaneo di funzioni da parte del dirigente ad uno
dei suoi collaboratori, ove si tratti di impedimenti di breve durata, o attraverso
l'affidamento della reggenza da parte del competente dirigente generale per assenze
protratte nel tempo.
Sulla base delle suesposte considerazioni l'Amministrazione ritiene che
sul piano interpretativo la normativa introdotta con il comma 5 del più volte citato art.
25/bis D.L.vo n. 29/1993 debba ritenersi prevalente su quella di cui al comma 2 dell'art.
7 del Testo Unico.
La seconda questione sottoposta a questo Consiglio riguarda la
sopravvivenza nel sistema dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e della dirigenza
scolastica, della norma contenuta nell'art. 459 del D.L.vo n. 297/1994 secondo cui il
docente incaricato di sostituire il capo d'istituto in caso di assenza o impedimento può
essere esonerato totalmente o parzialmente dall'insegnamento con provvedimento del
Provveditore agli Studi, al verificarsi di determinate condizioni (numero delle classi,
esistenza di sezioni staccate o succursali).
Ferme restando le considerazioni svolte in ordine alla permanenza della
figura del collaboratore vicario, si ritiene tuttavia che la norma in esame non sia in
contraddizione con il nuovo quadro normativo; al contrario, l'eliminazione di una risorsa
già prevista nel Sistema precedente sarebbe in contrasto con gli accresciuti e più
impegnativi compiti delle istituzioni scolastiche.
A parere di questo Ministero, la norma deve essere
interpretata in modo coerente con il nuovo Sistema nel quale va a inserirsi, per cui:
1) occorre prescindere dalle modalità di individuazione del
beneficiario (non "eletto" dal collegio dei docenti, ma individuato dal
dirigente scolastico);
2) la prevista autorizzazione del Provveditore agli Studi (art. 459,
comma 1, D.L.vo n. 297/1994) peraltro non discrezionale, ma legata al solo accertamento
dell'esistenza delle condizioni richieste, è abolita per effetto dell'art. 14 del D.P.R.
n. 275/1999.
Si ritiene, pertanto, che il dirigente, nell'individuare i docenti di
cui intende avvalersi nello svolgimento delle funzioni organizzative e amministrative,
possa indicare quello incaricato di sostituirlo in caso di assenza o di impedimento di
breve durata e che per questo docente, ricorrendone le condizioni di fatto, previste dal
citato art. 459 T.U. n. 297/1994, lo stesso dirigente possa disporre l'esonero o il
semiesonero, dandone comunicazione all'Ufficio scolastico periferico per gli adempimenti
relativi alla copertura del posto di insegnamento.
CONSIDERATO
L'art. 7, comma 2, del T.U. in materia di istruzione scolastica emanato
con il D.L.vo 16/4/1994 n. 297, nell'individuare le competenze del collegio dei docenti,
stabilisce che esso, tra gli altri compiti, assolve a quello di (lett. h) eleggere,
in numero di uno nelle scuole fino a 200 alunni, di due nelle scuole fino a 500 alunni, di
tre nelle scuole fino a 900 alunni, e di quattro nelle scuole con più di 900 alunni, i
docenti incaricati di collaborare col direttore didattico o col preside, prevedendo,
altresì, che uno degli eletti sostituisce il direttore didattico o preside in caso di
assenza o impedimento.
L'articolo 459 dello stesso T.U., nel disciplinare la materia degli
esoneri e semiesoneri per i docenti con funzioni vicarie, stabilisce, al comma 1, che i
docenti, eletti ai sensi dell'articolo 7, innanzi citato, siano incaricati di sostituire
il direttore didattico o il preside in caso di assenza o impedimento, possono ottenere, da
parte del Provveditore agli Studi, l'autorizzazione all'esonero o al semiesonero
dall'insegnamento secondo i criteri e le modalità indicati nei successivi commi.
Con il quesito in oggetto l'Amministrazione si chiede e chiede a questo
Consiglio se le due riportate disposizioni siano tuttora compatibili con il nuovo assetto
della dirigenza scolastica e con i connessi principi di autonomia delle istituzioni
scolastiche.
In particolare il Ministero dubita della compatibilità della
permanenza, in capo al collegio docenti, dei poteri di elezione dei docenti collaboratori
del preside, una volta che questi è stato investito della qualifica dirigenziale ed è
divenuto attributario di tutti i poteri di gestione unitaria della scuola, contestualmente
all'acquisto dell'autonomia e della personalità giuridica dell'istituzione scolastica.
I dubbi sollevati dall'Amministrazione appaiono pienamente legittimi.
Invero, vale ricordare che l'art. 25/bis del D.L.vo n. 29/1993,
aggiunto dall'art. 1 del D.L.vo 6 marzo 1998, n. 59, ha creato la nuova figura del
dirigente delle istituzioni scolastiche, trasformando e modificando le "funzioni
direttive" di cui all'art. 396 del T.U. del 1994 in funzioni dirigenziali e
disponendo al comma 1, che nell'ambito dell'Amministrazione scolastica periferica è
istituita la qualifica dirigenziale per i capi d'istituto preposti alle istituzioni
scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed
autonomia a norma dell'articolo 21 della legge n. 59/1997, i quali sono inquadrati in
ruoli di dimensione regionale e rispondono agli effetti dell'articolo 20 dello stesso
decreto n. 29, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità
delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo dì valutazione
istituito presso l'Amministrazione scolastica regionale.
Il comma 2 dello stesso articolo stabilisce, poi, che il dirigente
scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza,
è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del
servizio. In particolare, aggiunge la norma che nel rispetto delle competenze degli organi
collegiali scolastici, spettano al capo d'istituto autonomi poteri di direzione, di
coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, con specifici poteri di
organizzazione dell'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia
formative ed è titolare delle relazioni sindacali.
I commi 4 e 5 prevedono, ancora, che nell'ambito delle funzioni
attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l'adozione dei provvedimenti
di gestione delle risorse e del personale e che nello svolgimento delle proprie funzioni
organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati,
ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed é coadiuvato dal responsabile
amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa nell'ambito delle direttive di
massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi
generali dell'istituzione scolastica coordinando il relativo personale.
Il comma 6 conclude stabilendo che il dirigente presenta periodicamente
al consiglio di circolo o al consiglio d'istituto motivata relazione sulla direzione e il
coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di
garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle
competenze degli organi dell'istituzione scolastica.
Come si vede il nuovo assetto della dirigenza scolastica vale a rendere
operativo il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche individuando un
referente tendenzialmente unico per la realizzazione dei fini di gestione di tutte le
funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle istituzioni
scolastiche e di realizzazione della flessibilità, diversificazione, efficienza ed
efficacia del servizio scolastico, individuati dall'art. 21, commi 4 ed 8, come elementi
qualificanti del predetto principio.
Di qui la necessità di evitare, per quanto possibile, duplicazioni,
dispersioni o frammentazioni di competenze fra i vari organi della scuola, che
vanificherebbero, attraverso un assetto fluttuante ed incerto delle funzioni, le finalità
di autonomia, efficienza ed efficacia dell'azione delle istituzioni scolastiche correlate
alla tendenziale concentrazione di compiti nella figura del dirigente scolastico.
Tale necessità traspare, d'altronde, con specifico riferimento al
settore scolastico, dall'art. 21 comma 15 della legge n. 59/1997, che, nel fissare i
principi e criteri direttivi delle norme delegate per la riforma degli organi collegiali
della pubblica istruzione a qualsiasi livello, individua specificamente quello
dell'eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, secondo il precetto
generale dell'art. 12, comma 1, lett. g) della stessa legge.
Tale scelta appare coerente con il principio di tendenziale
concentrazione delle funzioni amministrative in capo ai dirigenti, principio che trova
formalizzazione nell'art. 45 comma 1 del D.L.vo n. 80/1998, secondo cui "a decorrere
dalla data di entrata in vigore del presente decreto le disposizioni previgenti che
conferiscono agli organi di governo l'adozione di atti di gestione e di atti e
provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai
dirigenti". Disposizione, questa, che trova espressa applicazione anche al personale
della scuola per effetto dell'esplicita previsione del comma 7 dello stesso art. 45.
Sul piano sistematico, poi, la soluzione di affidare al capo d'istituto
la competenza a nominare i propri collaboratori nell'ambito del corpo docente, che trova
preciso riscontro letterale nel ricordato art. 25/bis comma 5 del decreto n. 29 ("il
dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati"), appare conseguenza del
nuovo ruolo della dirigenza anche sul piano funzionale e della connessa nuova disciplina
della responsabilità dirigenziale (cfr. artt. 19 comma 7 e 21 del D.L.vo n. 29/1993, art.
5 del D.L.vo 30/7/1999 n. 286 ), la quale ricollega le speciali misure sanzionatorie nei
confronti dei dirigenti alle valutazioni negative non solo delle complessive prestazioni a
loro richieste, ma anche dei comportamenti relativi alla gestione ed allo sviluppo delle
risorse professionali, umane e organizzative ad essi assegnate (competenze organizzative),
tenendo conto particolarmente dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione
e del mancato raggiungimento degli obiettivi.
In tale contesto, gestione del personale assegnato all'Ufficio
dirigenziale e responsabilità del suo titolare per cattiva gestione di tutte le risorse
assegnate rappresentano aspetti connessi di un unico ruolo dinamico affidato al dirigente,
il quale intanto può ritenersi responsabile dei risultati negativi e del mancato
raggiungimento degli obiettivi assegnati in quanto abbia la facoltà di scelta dei propri
collaboratori.
Non a caso l'art. 19, comma 5, del più volte citato decreto n. 29
assegna al dirigente preposto alla struttura di livello più complesso la competenza a
conferire gli incarichi di direzione degli altri Uffici dirigenziali in cui si articola la
struttura medesima.
La soluzione sin qui prospettata sembrerebbe tuttavia trovare un
ostacolo nella dizione, peraltro non perspicua, contenuta negli artt. 25/bis comma 2
secondo periodo del decreto n. 29 e 16 comma 2 del D.P.R. n. 275/1999 (Regolamento
attuativo delle norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi
dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59) secondo cui, rispettivamente, gli autonomi
poteri di direzione, coordinamento e organizzazione del dirigente scolastico spettano
"nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici" e "il
dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto legislativo n. 59/1998 nel
rispetto delle competenze degli organi collegiali".
Le predette norme, nella loro portata apparentemente conservativa delle
precedenti competenze degli organi collegiali vanno lette ed interpretate secondo il
principio di non contraddizione, di utilità semantica e di coerenza sistematica. Principi
che sarebbero violati secondo una lettura pedissequa e frammentata, che non tenga conto
del chiaro disposto del più volte citato art. 25/bis comma 5 del decreto n. 29 (potestà
di avvalersi della collaborazione di "docenti individuati" dal dirigente
scolastico) e dei nuovi principi in materia di attribuzioni e responsabilità
dirigenziali.
La clausola di "rispetto" per le attribuzioni degli organismi
collegiali, contenuta in quelle norme, va dunque letta alla luce dei criteri di
compatibilità e sussidiarietà, nel senso che le vecchie attribuzioni vanno verificate e
limitate con le nuove le quali sono recessive solo in presenza di competenze che non
impingano nelle specifiche funzioni e responsabilità di gestione ed organizzazione
spettanti in via esclusiva al dirigente scolastico, il quale, altrimenti, sarebbe chiamato
a pagare anche per l'operato di collaboratori scelti da altri soggetti irresponsabili per
i cattivi risultati dell'attività gestoria ed amministrativa.
In conclusione, l'esame complessivo della normativa di settore non
porta ad individuare nelle previgenti competenze degli organi collegiali un limite alle
nuove attribuzioni della dirigenza, in via di principio onnicomprensive [cfr., sul punto,
Ad. Gen., par. 10/6/1999 n. 9/99, sub punto 1 delle considerazioni di diritto].
D'altra parte, le conclusioni cui si è innanzi pervenuti trovano uno
specifico referente nel parere di questa stessa Sezione n. 1603/99 del 27/10/1999, emesso
su analogo quesito dello stesso Ministero P.I. in merito alla permanenza delle competenze
che l'art. 10 del ricordato T.U. n. 297 del 1994 affida al consiglio di circolo o
d'istituto, nonché alla Giunta esecutiva in materia di provvedimenti contabili e di
gestione (lett. b): acquisto, rinnovo e conservazione delle attrezzature
tecnico-scientifiche e dei sussidi didattici, compresi quelli audio-televisivi e le
dotazioni librarie, e acquisto dei materiali di consumo occorrenti per le esercitazioni,
comma 10; la Giunta esecutiva predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo;
ecc.
In quel parere si è stabilito, in coerenza con le esposte
considerazioni, che "il problema del coordinamento tra l'art. 10 citato e l'art.
25/bis del decreto n. 29 è risolto sul piano interpretativo considerando prevalente la
nuova normativa ex art. 15 disp. PreI. Cod. Civ.", con la conseguenza che
"risultano superate ex lege le competenze" di quegli organi collegiali, che
invadano le nuove attribuzioni della dirigenza, ferme restando dunque solo quelle inerenti
agli altri aspetti dell'organizzazione e gestione dell'attività didattica.
In base alle esposte considerazioni deve ritenersi, con riferimento al
secondo quesito posto dall'Amministrazione, che la disposizione di cui all'articolo 459
dello stesso T.U., che affidava al Provveditore agli Studi l'autorizzazione all'esonero o
al semiesonero dall'insegnamento del collaboratore vicario del capo d'istituto vada oggi
letta in connessione con le nuove disposizioni in tema di competenze dirigenziali e, in
particolare, con l'art. 14 del citato Regolamento n. 275 del 1999, in materia di
attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche. La norma, infatti, dispone che a
decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni
già di competenza dell'Amministrazione centrale e periferica relative alla carriera
scolastica e al rapporto con gli alunni, all'Amministrazione e alla gestione del
patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non
riservate, in base all'articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all'Amministrazione
centrale e periferica.
Ora, poiché tra le funzioni riservate non c'e (né vi sarebbe potuta
essere) quella relativa alla posizione giuridica del docente vicario e poiché la
designazione di quest'ultimo spetta al capo d'istituto, come aspetto specifico della
gestione del personale ne deriva come corollario che allo stesso dirigente spetti la
determinazione della posizione giuridica del suo principale collaboratore.
Nel concludere l'espressione del parere, la Sezione non può che
ribadire quanto già segnalato nel precedente parere n. 1603/1999 in merito alla
necessità di iniziative legislative che mettano ordine nella materia in esame. Infatti,
il recente D.L.vo n. 233 del 30/6/1999 ha provveduto soltanto alla riforma degli organi
collegiali della scuola a livello territoriale centrale, regionale e locale,
individuandoli, peraltro con compiti prevalentemente consultivi e propositivi, nel
Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, nei consigli regionali dell'istruzione e
nei consigli scolastici locali, mentre risulta ancora pendente il Disegno di riforma degli
organi scolastici.