24.10.2011
Le misure della scuola
di Stefano Stefanel
La legge 111 del 15 luglio 2011, che ha convertito in soli dieci giorni il d.lgs 98 del 6 luglio 2011, ha abolito i Circoli didattici e le Scuole secondarie di 1° grado e generalizzato nel primo ciclo dell’istruzione la formula aggregativa dell’Istituto comprensivo, portando a 1.000 il numero minimo di alunni per Istituto in situazioni di normalità. In varie occasioni ho avuto modo di rendere pubblico il mio pensiero sull’argomento, che è sempre stato a favore degli Istituti comprensivi (addirittura io sono per gli Onnicomprensivi includendo anche le Scuole secondarie di 2° grado) e dei numeri alti. Le moltissime reggenze attualmente in vigore da ormai tre anni dimostrano che il carico di lavoro di noi dirigenti scolastici può sopportare bacini fino a 2.000 studenti.
So di essere abbastanza solo in questa posizione “tremontiana”, ma dato che tremontiano non sono preciso che capisco benissimo come il Governo abbia attuato questa manovra razionalizzante non perché la pensa come me, ma perché voleva fare un po’ di cassa. Resta il fatto che tra il 6 e il 15 luglio sull’argomento nessun partito di opposizone abbia avuto nulla da dire e che le Regioni e i Comuni sono già all’opera per dimensionare nonostante i richiami dei Sindacati, preoccupati per la diminuzione di posti di lavoro di noi dirigenti, dei direttorti dei servizi generali e amministrativi e di un po’ di personale ata.
E’ difficile argomentare su una materia a cui nessuno vuole dare ascolto. Preciso che lo faccio non di mia iniziativa, ma su richiesta del direttore di Pavone Risorse. Questa precisazione nasce dall’essermi visto rifiutare nel 2011 alcuni articoli sull’argomento da alcuni siti con cui collaboro in quanto quegli articoli erano contrari all’idea che “piccolo è bello”. Dunque non svolgerò grandi argomentazioni, ma mi limiterò ad enucleare i punti che a mio modo di vedere consigliano la creazione di Istituti con più di 1.500 alunni, salvo che in particolari situazioni insulari o montane.
Le mie non sono considerazioni assolute, ma solo analisi nate anche dall’esperienza personale (da quattro anni sono dirigente e reggente di scuole con un bacino di 1.800 alunni il primo anno e 1.500 gli altri tre: 15 scuole il primo anno, 8 negli altri tre).
Queste le mie posizioni:
le reggenze hanno dimostrato che il lavoro di dirigente scolastico doveva essere ripensato e riorganizzato su un’azione con ampie deleghe e ampio decentramento;
la dirigenza scolastica priva di figure intermedie di sistema non può concentrarsi su una sola persona, pena la perdita di contatto con la realtà circostante: i piccoli istituti isolano, non aprono;
più vasto è il bacino di azione di un dirigente scolastico, più ampia è la collaborazuione necessaria e quindi la crescita professionale dell’organizzazione;
gli interventi educativi, formativi e sulla didattica del dirigente scolastico non sono relativi al dimensionamento, ma al modo in cui interpreta il suo ruolo (aspetto di conoscere le innovazioni, le migliorie, i progetti, le buone pratiche attuate dai dirigenti scolastici italiani di piccoli istituti in questi ultimi dieci anni);
le scuole premiate a livello internazionale o che sviluppano progetti europei sono per lo più Scuole secondarie di secondo grado di grandi dimensioni;
i piccoli istituti hanno poco personale, pochi soldi, molti spezzonisti;
la ricerca e l’innovazione, vista l’assenza del Miur in questi settori, possono essere realizzate solo su bacini ampi, verticali, complessi, altrimenti sono un esercizio autoreferenziale fine a se stesso;
le procedure di gestione ottimale si hanno quando esiste una casistica ampia e comprensiva su cui agire, capace di creare formati gestionali efficienti ed efficaci;
un Fis e fondi progettuali in un bacino ampio favoriscono la progettazione di istituto e non la microprogettualità di classe o di docente;
la creazione di Reti veramente efficaci sulla didattica e l’organizzazione sono favorite dall’estistenza di Istituti grandi e complessi;
la presenza del dirigente scolastico in sede e nei plessi è una questione di organizzazione, di volontà, di vocazione: ci sono molti dirigenti di piccoli istituti che non vanno mai in classe lo stesso;
il rapporto con i docenti deve diventare di sistema nella formazione, nell’organizzazione e nella gestione e non può essere una sorta di rapporto quotidiano tra pari in cui viene avvolta la scuola.