Pavone Risorse

Le Istituzioni scolastiche nel contesto delle autonomie


10.08.2012

Governare la scuola
di Stefano Stefanel
 

         L’interessante pronuncia del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione del 25 luglio 2012 su “autonomia e governance del sistema”, cioè sul così detto DDL Aprea in discussione nella sola Commissione Cultura, che ha però l’appoggio di PD, PDL e UDC/FLI/API, permette di fare alcune considerazioni argomentative, su un tema che troppo spesso viene affrontato come una battaglia sui diritti costituzionali a scuola. Il testo del CNPI giustamente colloca questa nuova normativa sugli Organi collegiali della scuola dentro il meccanismo di attuazione del Nuovo Titolo V della Costituzione, modificata dalla Legge Costituzionale n° 3 del 2001. Gli avversari “giurati” di questo DDL Aprea mi pare vogliano invece distinguere tra la parte inalterabile della Costituzione – quella dei principi - la cui verifica andrebbe controllata non dagli organi preposti (Corte Costituzionale) ma da chi si richiama alla purezza del dettato costituzionale, e la parte modificata nel 2001, che sarebbe una Costituzione di serie B da non prendere in seria considerazione visto lo stato del sistema dell’istruzione italiano.

         La pronuncia del CNPI va analizzata, a mio modo di vedere, dentro il grande alveo del problema principale della scuola italiana autonoma: una Costituzione che prescrive una legislazione concorrente tra Stato e Regioni sull’istruzione e una potestà legislativa delle Regioni sull’istruzione e la formazione professionale e la mancanza di leggi regionale attuative sulla questione. Il sistema così però non può reggere, perché lo Stato non ha più titolo per legiferare in prima persona su vasti temi della scuola, in quanto la competenza è esclusiva o concorrente (con necessità di iniziativa regionale) da parte delle Regioni. Qualsiasi atto dello Stato sulla scuola è impugnabile e debole perché la Costituzione dice che sono le Regioni a dover legiferare. Gli stessi però che sostengono l’impugnazione di ogni atto dello Stato sulla scuola in quanto eccedente rispetto alla propria competenza, poi contestano qualsiasi iniziativa regionale che modifichi in maniera consistente il sistema (Legge regionale della Lombardia, ad esempio), contestando da un po’ di tempo a questa parte anche la legge 6/2005 della Provincia di Trento, spesso citata come il granello di sabbia da cui può partire la distruzione dell’unità del sistema dell’istruzione italiana e non come il punto di partenza dell’eccellenza trentina.

         La Costituzione nella parte modificata e ritenuta dalla Corte Costituzionale rispettosa dei principi generali e dunque equiparata a essi, prescrive, oltre a quanto sopra esposto, anche la necessità di salvaguardare l’autonomia scolastica, autonomia funzionale ma di rango costituzionale e dunque non eliminabile per via legislativa ordinaria. Il DDL Aprea qui entra con alcune innovazioni che  sono accettate dal CNPI, ma solo nelle parti in cui non vanno ad intaccare l’idea di scuola nata negli Anni Settanta e considerata l’unica possibile per attuare il dettato costituzionale (principi generali, articoli 33 e 34). Interessante notare anche due cose nel citato parere:

Il parere del CNPI tende a salvaguardare se stesso in quanto organismo, a rendere minimi i mutamenti accettabili, a connettere autonomia statutaria e organismi di autogoverno a strutture di controllo/concessione che permettano solo l’emanazione di Statuti fotocopia (almeno per ordine di scuola) e il mantenimento dell’attuale caoticità del Collegio docenti. Inoltre il parere rimane ancorato al concetto di valutazione priva di conseguenze, propria di una scuola che non vuole assumersi responsabilità reali davanti ai citati stakeholder. Il parere benché dentro i limiti che ho citato è però un parere sul testo e non sulla democrazia italiana messa in pericolo e di questi tempi non è poco.

Sfugge però perché PD, PDL, UDC/FLI/API vogliano approvare questo DDL Aprea, visto che ciò porterà a proteste, sit-in, contestazioni, accanimenti terapeutici sugli Organi collegiali Anni Settanta, passi indietro, decreti esplicativi, ricorsi, ecc. Tutto potrebbe essere semplificato se si avesse il coraggio di dire cosa si vuole fare della figura del Dirigente scolastico: finché c’è questa figura e rimane inalterato l’art. 25 del d.lgs 165/2001 l’Organo collegiale per sua natura è debole, verboso, azionatore di perdite di tempo. L’art. 25 del d.lgs 165/2001 assegna agli Organi collegiali “competenze” che il Dirigente scolastico deve rispettare: ma queste competenze possono essere accertare o dal Dirigente scolastico stesso (che non è un unum inter pares, non è un eletto, non è un ex-collega, ecc.) o da un Giudice. Mentre lo stesso articolo assegna al Dirigente scolastico “autonomi poteri”, che un Giudice e solo in alcuni casi il Miur possono disciplinare. Tutti coloro che hanno una minima conoscenza della lingua italiana sanno la differenza tra competenza e potere. Per dare forza e vigore agli Organi collegiali di qualsiasi tipo bisogna dare competenze al dirigente scolastico (e quindi ritrasformarlo in Preside o Direttore didattico) e potere agli Organi collegiali, magari connettendoli per l’esecutività delle delibere al Direttore dei servizi generali e amministrativi, così che il Dirigente scolastico non sia più organo di gestione.

     Finché si lascia il potere dove sta oggi (Miur – Dirigenti scolastici), le competenze potranno essere esercitate realmente solo nell’ambito di una forte cultura, non attraverso nuovi marchingegni organizzativi. Gli attuali Organi Collegiali valgono poco e fanno perdere tempo, quelli che potrebbero nascere dal DDL Aprea possono anche introdurre molto caos e molta creatività. “Grande la confusione sotto il cielo, dunque la situazione è eccellente”.

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