23.05.2015
Valutazione e autovalutazione per migliorare la scuola
intervista a Massimo
Faggioli
Sul tema della
valutazione/autovalutazione delle scuole abbiamo intervistato il dott.
Massimo Faggioli, dirigente di ricerca dell’area “Valutazione e
miglioramento” presso l' INDIRE di Firenze. Le sue risposte possono essere
di aiuto alle scuole che stanno lavorando alla redazione del RAV.
Massimo Faggioli è anche autore di una
recente e
interessante pubblicazione sull'argomento.
1 - Di valutazione e autovalutazione delle scuole si parla ormai da tanto (forse troppo) tempo. Eppure ad ogni nuovo anno scolastico si ha l’impressione di essere all’ “anno zero”. Come mai ?
Certo, si può
addossare tutto alle
“timidezze”
del nostro ministero e a una linea a dir poco
indecisa del legislatore in materia di autovalutazione e valutazione ma
direi, più
in generale, di autonomia scolastica. Perché,
come ama ripetere Luigi Berlinguer, a mio avviso il più
lucido e determinato tra i ministri che si sono
succeduti dal 2000 a oggi, la valutazione ha senso solo se le scuole sono
dotate di un’autonomia
reale. Qualcosa di diverso da quella
“terra di mezzo”
in cui sono abbandonate le nostre scuole dopo l’incoraggiante
avvio del 1999, con il regolamento sull’autonomia.
Solo un’organizzazione
dotata di una sfera decisionale realmente autonoma può
percepire le responsabilità
che ne derivano e vedere quindi prima nell’autovalutazione
e poi nella valutazione esterna una risorsa indispensabile per il
miglioramento.
In questa situazione c’è
invece il rischio che queste operazioni siano viste in
chiave borbonica, come azioni messe in atto dallo stato per sanzionare e
punire.
C’è
tuttavia da dire, come altra faccia del problema, che gli insegnanti
reagiscono a ogni forma di valutazione che li riguarda con un’opposizione
di principio poco comprensibile. Sorge qualche dubbio sul fatto che i
docenti, che come professionisti ogni giorno effettuano valutazioni dei loro
studenti, siano realmente convinti del valore formativo della valutazione e
non temano invece che si applichi nei loro confronti quella
soggettività
di giudizio che spesso caratterizza la
valutazione dei loro alunni. Nelle recenti sperimentazioni sulla valutazione
delle scuole abbiamo rilevato infatti che il campo della valutazione degli
studenti è
uno degli aspetti più
carenti. In molti casi le scuole condividono i
criteri comuni solo come adempimento formale e la valutazione si effettua in
realtà a
livello di team o di consiglio di classe in base a criteri molto soggettivi.
In questa situazione c’è
il rischio che gli aspetti sommativi e sanzionatori della valutazione
prevalgano su quelli formativi.
C’è quindi
da scontare, accanto a una incertezza delle iniziative emanate dall’alto,
un ritardo nella diffusione della cultura della valutazione come risorsa per
il miglioramento continuo. La messa a regime di SNV
è il primo passo
in questa direzione: il processo di autovalutazione, valutazione e
miglioramento dovrà
estendersi a tutti i soggetti del sistema (scuole,
dirigenti scolastici, docenti e studenti), così
come avviene neii sistemi, come quello britannico, che sono molto più
avanti di noi su questo terreno.
2 - Molte scuole, già
dagli albori della legge sulla autonomia, hanno
promosso iniziative significative e progetti di un certo spessore culturale
e scientifico. Perché è
così
difficile
“mettere a
sistema”
le buone pratiche e le esperienze migliori ?
Per i motivi espressi prima, in primo
luogo la scarsa diffusione della cultura della valutazione.
Abbiamo scuole, e reti di scuole, che negli ultimi dieci anni sono andate
molto avanti nei loro percorsi di autovalutazione e miglioramento. Le scuole
che hanno preso parte a questi percorsi, valga per tutti l’esempio
in Piemonte del Marchio Saperi, sono in grado di impegnarsi autonomamente in
un processo ad andamento ciclico che
è poi il vero
senso dell’approccio
alla qualità
totale. Ma ci troviamo in una situazione in cui
convivono, a volte nello stesso territorio, scuole che sono andate molto
avanti, fino a rappresentare un punto di riferimento per l’innovazione,
e scuole arroccate nel rifiuto di ogni cambiamento sostanziale. Il tema
della valutazione solleva poi reazione istintive, paure immotivate e rifiuti
aprioristici. Siamo di fronte in questi casi a
un grande paradosso: gli insegnanti,
professionisti che spendono buona parte del proprio impegno lavorativo a
valutare gli studenti temono di essere valutati a loro volta per la qualità
del loro operato e per quello dell’organizzazione
a cui appartengono.
Sono paure che recano in sé
una componente irrazionale e che non si possono vincere solo con leggi e
decreti. Occorre un approccio che rassicuri tutti sulle reali intenzioni con
cui si propongono le azioni di valutazione e che disinneschi la
conflittualità esagerata
che si è
scatenata intorno a questi temi e che di certo non
fa bene alla scuola. La costituzione di reti di scuole che condividano in
rapporto peer to peer i processi di autovalutazione e miglioramento, a
partire dalle buone pratiche presenti sul territorio, possono essere un
utile elemento di equilibrio rispetto a un sistema che rischia di essere
visto come un’imposizione
dall’alto.
3. Valutare e autovalutarsi
è importante, ma
a cosa dovrebbe servire?
L’autovalutazione
è il modo
in cui regoliamo continuamente, in modo quasi inconscio, le nostre azioni
quotidiane, è
il fulcro della crescita, dell’evoluzione:
leggere le proprie azioni, valutarne gli esiti, selezionare e consolidare
quelle che ci danno risultati che giudichiamo migliori. Quando queste
funzioni si proiettano sulle organizzazioni complesse il processo diventa più
difficile. Le
organizzazioni tendono a cristallizzarsi in routine, adempimenti, ruoli
predefiniti. La scuola non fa eccezione: le pratiche innovative nascono
ormai soprattutto dal basso, per iniziativa di individui o di gruppi ma sono
poche le scuole che riescono a sviluppare processi riflessivi condivisi e a
individuare priorità
strategiche che coinvolgano l’intera
istituzione scolastica in tutte le sue componenti.
Se la valutazione è
operata da soggetti esterni, ispettori o altre figure preposte a questo
compito, entriamo in un terreno ancora più
ostico, perché,
in regime di autonomia incompiuta, le scuole
vedono sovente queste figure come i
“commissari di governo”
che inquisiscono e sanzionano le performance dell’istituzione.
Nelle sperimentazioni sulla valutazione abbiamo in qualche caso registrato,
come risposta, una sorta di cheating collettivo a livello dell’intera
scuola. In realtà
queste valutazioni, che vengono condotte con protocolli e
strumenti trasparenti tesi a leggere la realtà
della scuola, i suoi punti di forza e di
debolezza, sono una risorsa importante per avere una lettura
“altra”,
fatta da un occhio esterno. Danno l’opportunità
di uscire dall’autoreferenzialità,
di confrontare i propri risultati con quelli di altre scuole, di uscire
dalla fissità
dei ruoli e delle routine comunicative che caratterizzano
le istituzioni isolate.
4. Cosa significa esattamente predisporre e realizzare
un “piano
di miglioramento”?
Tutto il sistema nazionale di
valutazione è
finalizzato al miglioramento della qualità
dell’offerta
formativa e degli apprendimenti. Le priorità
strategiche che derivano dall’analisi
autovalutativa dovranno confluire, a partire da settembre 2015, in un piano
di miglioramento (PdM).
Non è solo
un cambiamento di nome per le consuete pratiche progettuali delle scuole. Il
PdM è un
documento che, rispetto al tradizionale progetto, si caratterizza perché:
è
data driven, muove cioè
dalla lettura critica dei dati dell’autovalutazione
muove dall’individuazione,
fatta nella sezione 5 del RAV, di poche priorità
strategiche che impegnano tutta la scuola e
dai relativi traguardi triennali
è un processo condiviso dove si esprime l’autonomia della scuola
ne è responsabile il Dirigente Scolastico, che fa parte del nucleo operativo della scuola
per ogni obiettivo, funzionale in modo esplicito al raggiungimento dei traguardi, sono analizzati la fattibilità e l’impatto, le risorse umane e finanziarie da impegnare, i tempi e gli indicatori su cui basare una periodica misurazione degli esiti del piano.
E’ forse questo il punto più originale che differenzia la pianificazione dalla progettazione tradizionale: qui gli obiettivi sono dotati di indicatori e la scuola si dà una tempistica per effettuare misurazioni cicliche dei risultati e all’occorrenza apportare modifiche o correzioni al piano stesso.
5 - Si parla anche di “tutor
di miglioramento”:
di che figura si tratta?
Il miglioramento, come
l'autovalutazione, è
un processo che ricade in pieno nella sfera
dell'autonomia scolastica. Tuttavia sia negli standard di
autovalutazione/miglioramento delle organizzazioni più
diffusi, come EFQM, sia nelle sperimentazioni
condotte in questi anni in ambito scolastico, la figura di un esperto
esterno con funzioni di consulenza, aiuto e accompagnamento
è risultata
cruciale. L'intervento esterno non si sostituisce né
si sovrappone al lavoro del nucleo interno alla scuola. Non propone
soluzioni già
pronte, ma aiuta la scuola a leggere e interpretare i
dati, a sviluppare un dialogo critico sulla propria situazione, a
pianificare gli obiettivi di miglioramento in modo chiaro, potenzialmente
efficace, con indicatori di processo misurabili nel tempo. Il consulente
eterno gioca anche un ruolo chiave per promuovere un’estesa
condivisione del processo di miglioramento: dialoga con il dirigente
scolastico, accompagna il lavoro del nucleo interno che segue il piano,
invita quest'ultimo a mettere in atto azioni tese a coinvolgere tutta la
comunità
scolastica e gli stakeholders nello sviluppo del. Piano
di miglioramento.
Le scuole che hanno preso parte alle sperimentazioni hanno anche apprezzato
il ruolo svolto dal consulente nel portare all'interno dei gruppi una
visione imparziale, un occhio esterno che aiuta a vedere l'organizzazione
con uno sguardo non condizionato dai ruoli e dalle relazioni comunicative
che legano le persone che vivono al suo interno..
6 - L’autovalutazione è certamente un’ottima “pratica”, ma non c’è il rischio che si limiti ad essere una attività del tutto autoreferenziale?
Certo, un'autovalutazione che fosse un processo isolato, del tutto affidato alla scuola, ci esporrebbe a questo rischio. Molte iniziative di coustomer satisfaction rivolte agli utenti, questionari per i genitori e gli studenti, sono talvolta le sole azioni che si richiamino in qualche modo all'autovalutazione. Ma il SNV prevede molte dimensioni intrecciate in un sistema complesso: l'auto valutazione avviene a partire da dati che fornisce la piattaforma del ministero che consentono di confrontare lo stato della singola scuola con quello di altre scuole dal contesto simile e con i dati regionali e nazionali. Il RAV viene poi reso pubblico e costituisce la base per avviare un processo di rendicontazione sociale. Infine, dall'autovalutazione scaturiscono le priorità del piano di miglioramento, che impegneranno la scuola in tre anni di lavoro e che potrebbero anche costituire una componente importante della futura valutazione del DS. Non bisogna dimenticare poi che in SNV è prevista anche la valutazione esterna delle scuole da parte di equipe dirette dagli ispettori, che avverrà per un contingente annuo del 10% delle scuole italiane. Gli esiti dell'autovalutazione potranno essere quindi confrontati con quelle dei valutatori esterni. Come si vede il nuovo sistema vede l'autovalutazione come un tassello di un mosaico molto complesso è tutt'altro che autoreferenziale .
7 - In che modo l’Indire
contribuisce a sostenere e a far crescere nelle scuole la cultura della
valutazione e della autovalutazione?
La direttiva 11 del 18 settembre 2014 assegna all'indire due compiti precisi: - mettere a disposizione delle scuole esperti e strumenti per la predisposizione dei piani di miglioramento. I due compiti sono la definizione in dettaglio di quello più generale affidato all'istituto fin dalla legge 10/2010 : supportare le scuole nei processi di miglioramento. Per assolvere al primo compito stiamo predisponendo un albo di consulenti per il miglioramento a cui si accederà con un percorso di formazione selettivo basato sulle conoscenze ma anche su competenze attitudinali. Per il secondo INDIRE propone a tutte le scuole un modello di piano di miglioramento che deriva da quello ampiamente sperimentato in VSQ e VALES e che è stato oggetto di accurate ricerche sul campo anche in collaborazione con alcune università. Nel prossimo anno scolastico, come previsto dal DPR 80/2013, le scuole potranno scegliere se avvalersi di queste opportunità messe a disposizione dall'istituto.
8 - La scuola italiana
è pronta anche a
operazioni di valutazione esterna?
La domanda suscita molti dubbi. Sopravvive ancora l'idea dell'ispezione, del superiore ministero che indaga e sanziona. È' un altro segno dell'autonomia incompiuta. Il fatto paradossale è che la prevenzione verso la valutazione esterna svanisce quando le scuole vengono valutate. Personalmente ho coordinato un'equipe di valutazione in cinque scuole del progetto VSQ e tutte, alla fine, ne hanno colto il valore come aiuto a capire, grazie a uno sguardo esterno, i processi interni all'organizzazione scolastica e per decidere, confrontando questo sguardo con l'analisi interna, quali erano le vere priorità su cui basare il piano di miglioramento . Certo, per l'esiguità delle risorse ma anche per un ritardo culturale che nel nostro paese affligge non solo le scuole ma anche i diversi livelli dell'amministrazione, il nuovo sistema non è partito nel migliore dei modi. Se possiamo apprezzare la qualità degli strumenti e dell'impianto generale, altrettanto non si può dire dell'azione di formazione e di accompagnamento che le norme prevedono e che è stata assegnata agli USR senza una progettazione che finalizzasse al meglio le poche risorse disponibili. Il risultato è un quadro disomogeneo, con territori e reti di scuole più avanti e altri in cui le scuole lamentano di essere lasciate a se stesse di fronte a operazioni che implicherebbero approfondimenti importante non solo sulle operazioni tecniche da fare ma anche sul background culturale. Il rischio maggiore, che potrebbe manifestarsi purtroppo proprio nelle situazioni più deboli e che avrebbero maggiore urgenza di migliorare, è quello di vedere tutta l'operazione come l'ennesimo adempimento burocratico, una nuova pioggia di moduli da riempire.