La costruzione del
Sistema nazionale di valutazione
e il "pilota automatico"
Franco De Anna
Gli anni che ci separano dalla decisione di dare vita ad un
Sistema Nazionale di Valutazione (DPR 80/2013) sono stati contrassegnati da un
processo operativo complesso, intersecato da tensioni politiche e contraddizioni
culturali (si pensi alla faticosa integrazione con la Legge 107/2015), che ha
comunque prodotto un risultato iniziale importante: è stata costruita una prima
componente del SNV, che riguarda la “valutazione delle organizzazioni
scolastiche”. Mi riferisco ovviamente al sistema RAV/Piani di Miglioramento/
Nuclei Esterni di Valutazione. Si tratta, quali che siano i rilievi critici che
si possono (e si devono…) sviluppare, di un inedito per il nostro sistema di
istruzione.
Se non altro, si può cominciare a discutere non più solo su “idee” (attività
fondamentale) ma anche su realtà. Il che necessita di attenzione ai “dati”, alle
evidenze, alle esperienze. Insomma si può (e deve...) procedere alla “critica
della realtà” e non (o non solo…) esercitarsi nella più confortevole e meno
impegnativa “realtà della critica” ancorché popolata da illustri (?) interpreti.
Il procedere operativo di questi ultimi due anni è stato del
resto preceduto da sperimentazioni sul campo, nelle quali lo “strumentario” è
stato variamente collaudato (VALES, Valutazione e Miglioramento, VALSIS, VSQ,
ecc…) Tutti hanno prodotto report conclusivi interessanti, anche se poco
consultati dalla “realtà della critica”.
Riassumo, chiedendo scusa per la necessaria sinteticità
Il modello RAV.
Interpreta la scelta fondamentale di costruire un sistema di
valutazione delle scuole diretto a promuovere consapevoli e responsabili
processi di miglioramento, e (dunque) fondato sulla (problematica…) coniugazione
di “autovalutazione” e di “valutazione esterna”.
La prima è (teoricamente) basata sull’impegno autoanalitico di una
organizzazione, sia pure assistito (come da consolidata tradizione) da uno
“sguardo” competente esterno (il famoso “amico critico). Un modello/processo
auto valutativo fondato su tale capacità e impegno autoanalitico è da
considerarsi come un autentico indicatore di “propensione” al miglioramento di
una organizzazione.
La coniugazione tra auto ed etero valutazione e finalità di miglioramento, ha
trovato una interpretazione particolare nel modello RAV che si è articolata in
sostanza
1.
La produzione e
generalizzazione di un modello auto valutativo comune, generalizzato a tutte le
scuole con la forza di un adempimento e l’autorevolezza scientifica
dell’Istituto di ricerca nazionale a cui è affidata l’intera disciplina della
valutazione di sistema. Si è cioè prodotto un modello “etero determinato” di
“autovalutazione”.
Riconoscere e condividere la sua necessità non significa sottovalutare il limite
intrinseco di tale scelta, soprattutto rispetto alla essenzialità dell’impegno
auto analitico in rapporto alla individuazione dei progetti di miglioramento.
(vedi oltre)
2.
L’autovalutazione “eterodiretta”
si è espressa attraverso un “questionario” che è stato proposto a tutte le
scuole. Il questionario è stato costruito facendo riferimento ad un “modello”
che coniuga sia elementi di sperimentazione, sia scelte “teoriche” (vedi
riferimenti a modello CIPP consolidato nella ricerca internazionale). I dati di
ciascuna scuola, così raccolti da INVALSI, sono stati utilizzati per il calcolo
degli indicatori sottesi al modello, e restituiti attraverso una elaborazione
che ha esplicitato le comparazioni tra scuole.
Altri dati “oggettivi” sono stati restituiti alle scuole utilizzando
informazioni da ISTAT, da MIUR, o dal Ministero degli Interni. L’INVALSI ha
trasmesso anche i dati relativi agli esiti delle prove standard relativi agli
indicatori selezionati nel “modello” (ma le scuole già detengono i dati completi
degli esiti delle prove)
3.
Alle scuole è stato dunque
chiesto di costruire il RAV (Rapporto di Auto Valutazione) sulla scorta delle
informazioni “restituite” (dunque in relazione al set di indicatori
pre-determinato) e con la disponibilità ad aggiungere a quel repertorio altri
indicatori eventualmente individuati ed elaborati dalla scuola stessa (ma
ovviamente non utilizzabili per la comparazione nazionale e non compaiono nel
RAV).
Il “modello” è corredato da “domande guida” e da repertori e scale di
valutazione per ciascuna delle aree di valutazione definite
4.
Nella parte finale del RAV
la scuola delinea il quadro di riferimento delle scelte e delle priorità che si
impegna a trasferire in un vero e proprio Piano di Miglioramento
Il documento di Autovalutazione così “eterodiretto” è caricato sul sito “Scuole
in chiaro” e dunque i report relativi sono pubblici e consultabili direttamente
dai cittadini
Il Miglioramento
Mi sono già espresso in modo
specifico ed esteso su tale problematica
[1]
Qui richiamo solamente alcuni elementi della impostazione di
fondo. Le scuole sono impegnate a definire target e obiettivi di miglioramento
tenendo conto dei caratteri e dei vincoli del modello “auto valutativo”.
1.
I target di miglioramento
(con orizzonte triennale) vanno individuati nelle aree relative agli esiti degli
studenti, e cioè “Esiti scolastici; Esiti delle prove standardizzate INVALSI,
Competenze di cittadinanza, Esiti a distanza. E gli obiettivi di miglioramento,
nella loro temporizzazione vanno individuati sui Processi che, nel “modello” RAV
descrivono l’operatività della scuola, e cioè: 1) Curricolo, progettazione e
valutazione; 2) Ambiente di apprendimento; 3) Inclusione e differenziazione; 4)
Continuità e orientamento; 5) Orientamento strategico e organizzazione della
scuola; 6) Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane; 7) Integrazione con il
territorio e rapporti con le famiglie.
2.
Per la “redazione” del
Piano di miglioramento è stato predisposto e suggerito alle scuole un modello
formalizzato PDCA nel quale riportare a riscontro la coerenza con i vincoli su
indicati. Il modello (non obbligatorio, ma oggetto di rilevazione specifica
dunque con esigenze di comparazione “orizzontale”) è stato proposto da INDIRE
che si è assunto anche (nominalmente, per ora..) il compito di offrire alle
scuole attività di consulenza per la stesura e la gestione del piano stesso.
3.
L’intersezione temporale
tra la prima costruzione del RAV e la l’approvazione della legge 107/2015, ha
interpolato le scadenze per le scuole, e modificato la “triennalità”. Ma,
soprattutto ha collocato il Piano di Miglioramento come parte integrante del
PTOF, che a sua volta, a differenza del POF tradizionale,
acquisisce il valore di una “dichiarazione programmatica” impegnativa e
con riflessi sulle risorse della scuola (organico).
4.
Infine il Piano di
Miglioramento redatto rispettando vincoli e impostazioni del modello RAV
acquista ulteriore carattere impegnativo venendo posto come riferimento per la
definizione degli obiettivi inseriti nel contratto individuale dei Dirigenti
Scolastici e dunque della loro valutazione
La Valutazione Esterna. I NEV
Rispetto al “modello ideale” il numero effettivo di visite
alle scuole sarà notevolmente inferiore.
La valutazione esterna, con il NEV che visita la scuola per tre giornate, segue
un protocollo parallelo alla struttura del RAV, incontrando i diversi
protagonisti (personale della scuola, in tutte le sue componenti e
articolazioni, genitori, studenti), effettuando osservazioni dirette (ambienti,
laboratori, strutture…) esaminando ulteriore documentazione (dai Bilanci ai PEI,
ai progetti…).
La visita segue un protocollo definito, ed è accompagnata da
griglie di osservazione, repertori di rilevazione, rubriche di valutazione che
consentono di confrontare le valutazioni effettuate in chiave auto da parte
della scuola con quelle individuate dal NEV.
In particolare il nucleo misura la adeguatezza del Piano di miglioramento; può
consigliarne variazioni e aggiustamenti, o anche radicali modifiche.
Come noto la composizione dei NEV
prevede la guida di un Ispettore, un valutatore che proviene del mondo della
scuola (docenti, dirigenti scolastici, ex ispettori)
e un valutatore che non appartiene a quel mondo (ricercatori sociali,
professionisti, tecnici della qualità…)
[2]
In prima applicazione per la costituzione dei NEV sono stati
utilizzati valutatori/osservatori impegnati nei progetti sperimentali (VALES,
VM, VALSIS ecc..).
Più recentemente l’INVALSI sta provvedendo al reclutamento specifico organico al
SNV.
Le soglie critiche
Nel sintetico richiamo ai caratteri
del modello RAV-Miglioramento-NEV sono presenti anche sotto traccia, elementi
critici che, per altro ho già più volte evidenziato altrove
[3]
Come detto in apertura alcuni di tali elementi costituiscono
“prezzi” da pagare per tradurre in strategie operative e in realizzazioni
conseguenti, i tanti richiami alla necessità di porre rimedio alla inesistenza
di un Sistema di Valutazione del sistema nazionale di istruzione, ripetuti nel
tempo da oltre 15 anni (a far data dalla autonomia scolastica…).
Dunque lo sguardo critico si muove a partire dalla lettura
di ciò che si è costruito e come condizione per proseguire al meglio tale
costruzione, con la consapevolezza che la dimensione di ricerca è necessaria ed
appropriata ad una impresa – la valutazione – mai esaustiva ma che richiede
intrinsecamente costanti miglioramenti e perfezionamenti.
Le analisi che INVALSI ha condotto e
conduce su quanto realizzato del sistema RAV è di grande interesse e mi limito a
richiamarne la lettura puntuale; per tutte cito quella contenuta in
“Le Rubriche del RAV Prime analisi -
validità e affidabilità, uso da parte delle scuole delle Rubriche del Rapporto
di Autovalutazione” A cura di D. Poliandri, G.
Epifani, S. Sette
[4]
In quel rapporto, dopo avere
illustrato i caratteri del modello implementato, le autrici affermano:
“La messa a sistema del Rapporto di
Autovalutazione, e del quadro di riferimento ad esso sotteso, si è misurata con
le concrete richieste e istanze messe in campo dai diversi stakeholders, inclusi
i decisori politici, che diverso peso possono avere nel momento in cui i sistemi
di valutazione passano dal momento della sperimentazione a quello ancora più
complesso della cosiddetta 'messa a regime'. Sia il nuovo quadro normativo, così
come delineato dalla Legge 107/2015, sia le istanze di
rendicontazione e di controllo espresse dalle Amministrazioni centrali e
periferiche pongono nuovi interrogativi su come sia stata implementata nel
concreto l’autovalutazione delle scuole nel SNV e su
cosa da essa ci si aspetti”
Trovo che in tale affermazione sia contenuta sia pure
sinteticamente l’intera problematica che occorre affrontare per avviare la
continuità necessaria del sistema. Occorre continuare e mandare a regime, e
contemporaneamente migliorare e correggere laddove necessario.
Ciò che occorre scongiurare è il pericolo che il decisore
politico e amministrativo pensino che sia sufficiente innescare una sorta di
“pilota automatico” semplicemente riproponendo il medesimo percorso, i medesimi
strumenti, scavalcando le soglie critiche e limitandosi a confermare modelli,
protocolli, procedure… Trasformando così
“l’impresa” in un adempimento.
A parte l’inerzia a la pigrizia decisoria di cui ciò sarebbe segno (ancora?) si
tratterebbe di inconsapevolezza del fatto che sul “tronco” RAV (Valutazione
delle Organizzazioni) si sono innestate “arborescenze” impegnative (e
inevitabili..), come la Valutazione dei Dirigenti, la Rendicontazione Sociale,
ed altre “conseguenze” delle decisioni del legislatore contenute nella Legge
107/2015.
Lo sviluppo del modello
La vera sfida da affrontare per proseguire l’impegno è
quella implicita nella stessa strategia di coniugazione auto-etero valutazione.
La domanda cui occorre rispondere è se e quanto, e a quali condizioni, il RAV da
modello di “autovalutazione eterodeterminato” possa svilupparsi come impulso e
sviluppo della cultura e della capacità autoanalitica delle scuole.
Questo è infatti il valore fondante
da promuovere. L’attitudine, la capacità e l’esercizio di autoanalisi e
autovalutazione sono caratteri portanti della cultura organizzativa di qualunque
organizzazione, e tanto più quindi per una organizzazione che opera in “soglia
permanentemente critica” nella sua funzione sociale.[5]
Chi “detiene” gli
indicatori?
Per perseguire tale risultato è
evidente che non possa bastare la “replica” (Il pilota automatico) di quanto già
sperimentato: riedizione di un nuovo questionario per la raccolta dei dati,
restituzione di nuove tabelle con indicatori “aggiustati” e/o corretti… nuova
edizione di RAV… ecc…
E’ naturalmente possibile ritenere che, realisticamente, occorra ancora
procedere in chiave di “autovalutazione eterodeterminata” fino a consolidamento
del sistema; ma alcuni passi andrebbero fatti in direzione di una autentica
cultura autovalutativa.
Le informazioni richieste alle scuole e da esse fornite attraverso il
questionario, producono la “restituzione” dei dati per compilare il RAV, perché
il questionario stesso ha “alle spalle” un set poderoso di indicatori messi a
punto e governati da INVALSI.
Una autovalutazione autentica richiederebbe una estensione della padronanza su
tale repertorio di indicatori alle scuole stesse. La verifica sul campo (sia
come esperienza dei NEV, sia come impegno alla formazione e più recente alla
consulenza) racconta invece che spesso la procedura
“compilazione del questionario-filtro
degli indicatori-restituzione delle informazioni con comparazione” si è
realizzata “in opacità”, e il RAV scaturisce così in una sorta di
meccanicismo diagnostico.[6]
Superare questa opacità consentirebbe tra l’altro di selezionare il repertorio
di indicatori, sia alleggerendolo di quelli che si sono dimostrati meno
significativi nella esperienza condotta, e altrimenti aggiungendone alcuni di
cui si sente mancanza (e che sono nella padronanza delle scuole stesse). Ciò
mette capo anche ad una problematica critica costituita dal rapporto tra le
scuole chiamate alla responsabilità auto valutativa e l’INVALSI spesso percepito
come soggetto distante e fonte di adempimenti burocratici più che di impegni di
ricerca. Come dico spesso sarebbe necessario uno sforzo dell’Istituto diretto
all’obbiettivo di “fidelizzare” le scuole in un rapporto di assistenza,
consulenza, coinvolgimento e non di mera operatività esecutiva.
Le risposte delle
scuole
La pubblicazione del report dell’INVALSI citata fornisce
come si è detto una interessante panoramica delle caratteristiche generali dei
RAV rielaborati dalle scuole.
Non si può qui che rimandare alla lettura analitica di quel report. Voglio
solamente qui ricordare una sottolineatura più volte ricorrente con la quale gli
estensori si interrogano analizzando in particolare le espressioni utilizzate
dalle scuole nella formulazione dei giudizi e delle considerazioni affidate al
linguaggio libero più che agli “indicatori”. Viene in sostanza avanzato
l’interrogativo sulla effettiva corrispondenza semantica tra i termini e le
parole usate nel “modello” RAV e quelle stesse parole usate nelle formulazioni
delle scuole.
E’ argomento che riporta al punto precedente ed alla articolazione dialettica
intrinseca al dispositivo di “autovalutazione eterodeterminata”. Si noti che
tale “dubbio semantico” investe questioni di primo piano proprio del protocollo
auto valutativo. Per fare solo un esempio: la risposta alla domanda se la scuola
abbia elaborato un “proprio curricolo di scuola”, essenziale per la valutazione
in una delle aree fondamentali (Curricolo, progettazione, valutazione), si
dimostra carica di ambiguità. Non è affatto chiaro il significato che le scuole
assegnano alla espressione “curricolo di scuola” così come per “progettazione
didattica”. E non è solo un dubbio di chi scrive.
Basti ricordare che a fronte di tante risposte positive, che confermano sia la
progettazione didattica che “il curricolo di scuola”, sta il dato della esiguità
delle scuole (specie del primo ciclo…) che utilizzano il monte ore
dell’autonomia o il grande numero di quelle che realizzano il tutto
(progettazione e specificità del curricolo) entro l’orario standard, ed i
contenitori (classi, discipline..) tradizionali. Una contraddizione che ha alla
base differenze semantiche ma che può presto evolversi in “conformismo”
adattativo alla domanda del valutatore. O ad alcune “giaculatorie” ricorrenti
nella “narrazione della innovazione” come “il curricolo verticale”, “le
competenze”, ecc…
Come si attenua e possibilmente dissolve tale ambiguità
semantica tra chi determina “da fuori” il protocollo auto valutativo e chi
dovrebbe attrezzare il proprio sguardo al rispecchiamento autoanalitico? La
risposta è difficile, ma certamente non la si rintraccia nel “pilota
automatico”.
Le domande alle
scuole
L’avvio della prossima fase RAV, se non vuole limitarsi ad
essere riproposizione del già fatto, potrebbe anche essere l’occasione per
guardare non solo a ciò che le scuole rispondono, ma anche alla appropriatezza
di ciò che ad esse si chiede e si restituisce.
Esempi.
·
Occorre ridurre “i dati”
relativi al contesto, selezionando quelli davvero significativi. Per esempio il
tasso di disoccupazione non “racconta nulla” del contesto socio economico in cui
opera la scuola. (Fonte rilevazioni campionarie ISTAT su base provinciale).
Occorre puntare sulla capacità della scuola di descrivere anche con indicatori
opportuni, il contesto operativo.
·
Rendere effettivamente
significativi (e più immediatamente leggibili) i dati economici (bene avere il
monte stipendiale, ma non “mescolarlo” alle risorse effettivamente in padronanza
della scuola. Vedi prospetto 1.3.a e
sgg).
Produrre invece una “indicizzazione” del bilancio della Scuola, specie per la
parte “progetti”: composizione delle risorse utilizzate per provenienza;
composizione di costi, concentrazione rispetto al bilancio complessivo,
ecc…Quello dell’analisi degli aspetti economici della operatività della scuola è
un capitolo di estrema debolezza del RAV (rivedere i quadri
3.5.e e sgg)
·
La rilevazione ed il
confronto sulle attrezzature e sugli ambienti di formazione va resa più
significativa e dettagliata. (Laboratori, dispositivi digitali disponibili
rispetto agli ambienti e alla popolazione scolastica…)
·
Analogamente vanno resi
più significativi i dati relativi ad una ricostruzione delle caratteristiche del
management e dei processi decisionali (Quadri
3.3.a e sgg.) Quelle indicate sono
spesso “dichiarazioni” vincolate a “osservanze istituzionali” (a chi toccano le
decisioni) piuttosto che a processi agiti; o slittamenti di indagine verso il
monitoraggio dell’uso di dispositivi contrattuali (distribuzione e intensità del
FIS..)
·
Come ricordato più sopra
le informazioni relativi agli aspetti relativi al curricolo o alla progettazione
didattica sono presentati in prospetti di scarsa significatività (vedi
3.1.a.1 e sgg e
3.1.c.1 e sgg)
·
I dati riportati sugli
Esiti scolastici (uno dei target “vincolati”
del miglioramento) sono “rudimentali” (promossi e bocciati a fine anno o
nei passaggi… vedi tavole 2.a.1 e
sgg.). La scuola può recuperare, in autoanalisi, dati ben più significativi e
fondanti l’eventuale scelta di miglioramento.
Naturalmente mi auguro che tale lavoro di “perfezionamento”
sia elaborato dall’Istituto. Ma, per confermare quanto richiamato, mi augurerei
anche che fosse oggetto di comunicazione, confronto, sollecitazione alla
competenza delle scuole per definire e mettere a disposizione strumenti più
approfonditi di autoanalisi.
La questione di fondo nella dialettica auto e etero
valutazione: il punto di osservazione
Il processo di consolidamento del SNV non può che
progressivamente portare in primo piano la questione del doppio sguardo e del
“doppio riferimento” dei risultati del processo valutativo.
Il decisore sistemico (politico e/o amministrativo) e così pure il “ricercatore
sistemico” sono ovviamente interessati ad una “mappatura” del panorama del
sistema di istruzione nazionale, utile da un lato ad aumentare la razionalità
decisoria (politica e/o amministrativa, o almeno così dovrebbe essere…)
dall’altro ad una ricerca “sul” sistema complessivo e sulle sue caratteristiche
e dinamiche generali. L’ispirazione e l’impostazione non può che avere carattere
“nomotetico”.
L’approccio, l’ispirazione, la strumentazione dell’auto valutazione e auto
analisi è al contrario concentrata sul “soggetto specifico”. Non può che avere
dunque un carattere idiografico.
Sono naturalmente due sguardi che occorre ricomporre (lo sguardo monoculare non
coglie la profondità della visione).
Come ricordo sempre tracciare le mappe è fondamentale per orientare il percorso;
ma “la mappa non è la città” ed è insufficiente per “conoscerla e descriverla”
realmente.
Il problema è costituito dal fatto che tale doppio sguardo si combina
diversamente e diviene indispensabile fino ad essere “vincolante” quando la
valutazione si eserciti su “soggetti specifici”, che si tratti di organizzazioni
(“quella” scuola…), di processi specifici (le scelte di miglioramento che
“quella” scuola individua per la “sua” operatività) e tanto più quando si tratti
di valutare “persone nella organizzazione” (si pensi alla valutazione dei
dirigenti scolastici ed ai protocolli e strumenti per essa definiti. Vedi
richiami in nota a contributi analitici precedenti)
La combinazione del “doppio sguardo” è fondamentale soprattutto nella
valutazione di interazione e contatto: i valutatori che visitano le scuole (NEV)
o quelli che dovranno procedere alla valutazione dei dirigenti,
interagiscono/interagiranno con “soggetti specifici” e non solo con “segmenti di
sistema”. L’effetto del loro lavoro valutativo sarà tanto più significativo e
appropriato, quanto più - certo applicando “la mappa” - sapranno conoscere e
riconoscere “la città” nelle sue caratteristiche specifiche e spesso
irripetibili.
L’esempio dell’approccio “nomotetico” è costituito dalla prevalenza del
repertorio di “griglie”, “tabelle”, “report”, diagnosi standard. Si tratta di
strumenti essenziali per descrivere un “sistema”. Ma occorre essere consapevoli
dei loro limiti, in qualche caso mortificanti la stessa capacità di conoscere e
comprendere, quando su di essi e sul loro inevitabile “riduzionismo” si finisca
per fondare l’intera impresa valutativa.
Qui l’attenzione si sposta su quello che è il vero ”fattore
limitante” dello sviluppo del Sistema Nazionale di Valutazione: la disponibilità
di valutatori professionali, e il loro livello di professionalità e di
esperienza.
Lo sviluppo, la “messa a regime” richiedono un investimento continuo in tale
direzione: formazione, selezione,
supervisione di un appropriato “corpo” di valutatori. Sarebbe anche questo
un indicatore della capacità e volontà di evitare il “pilota automatico”.
L’esperienza fatta conferma l’avvertenza precedente: le
visite valutative dei NEV sono guidate e corredate da un repertorio di
“strumenti” codificati (griglie, report da compilare, repertori valutativi
standardizzati…) per qualche verso più estesi di quanto sta alla base del
modello RAV (A volte con effetti di “molestia da standard”). Quasi a scongiurare
l’apporto idiografico. Insomma la dialettica del “modello” eterodeterminato si
riproduce in tal caso delimitando la significanza e l’espressività
dell’osservazione diretta sul campo.
Comprendo, naturalmente, che la sovra produzione di
“strumentario” codificato sia anche a cautela di una, per ora, critica o
insoddisfacente affidabilità dei valutatori rapidamente reclutati e formati. Ma,
anche a risposta della nota citata dei ricercatori INVALSI, ribadisco la
convinzione che solo innalzando la “composizione tecnica scientifica” del lavoro
vivo di valutazione, si potrà equilibrare anche il peso che “le
istanze di rendicontazione e di controllo espresse dalle Amministrazioni
centrali e periferiche…” esercitano su “l’autovalutazione
delle scuole nel SNV e su cosa da essa ci si aspetti”. Ricordo che la
valutazione è sempre (anche) una impresa scientifica e di ricerca.
[1]
Vedi Franco De
Anna “Migliorare il Miglioramento”, in
http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/autovalutazione/miglioramento.htm
[2]
Personalmente considero
la composizione “mista” e in particolare la
presenza del valutatore con esperienze esterne
alla scuola come uno degli aspetti e delle
esperienze
più interessanti sotto il profilo
professionale e culturale del lavoro dei NEV
[3]
Si vedano “Miglioramento, consulenti, tutor
ed altro, tra approssimazioni semantiche e
pratiche operative”
http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/autovalutazione/tutor.htm
e “Valutazione e miglioramento: il rischio
anestetico”
http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/autovalutazione/valutazione_miglioramento.htm.
Ma anche “Le
linee e il fronte. Ancora sulla valutazione dei
dirigenti scolastici”,
http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/valutazione_ds_2.htm
e “La valutazione dei Dirigenti Scolastici:
in attesa delle linee guida e del modello
operativo”,
http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/valutazione_ds.htm
[4]
Reperibile in
http://www.invalsi.it/snv/index.php?action=documenti
[5]
Come ripeto sempre la scuola è come “ecclesia
semper reformanda…”
[6]
Mentre è assolutamente necessario che in sede di
eterovalutazione, il protocollo valutativo sia
detenuto esclusivamente dal valutatore, nelle
esperienze di autovalutazione è nevcessario che
sia esplicito e condiviso. Nerlla rete AUMIRE
(vedi www.aumi.it)
della mia regione, le oltre 100 scuole che la
compongono effettuano ogni anno il monitoraggio
dei propri dati e informazioni (la cosiddetta
“mappa della qualità” descritta da indicatori
condivisi), caricano i loro dati e la rete
restituisce le comparazioni sulla base degli
indicatori esplicitati nella mappa stessa.