(17.09.2016)
Gestire la crescita nella scuola dell’autonomia
di Stefano
Stefanel
Gli elementi di crescita
della scuola di oggi sono però oggettivi:
-
l’organico
è cresciuto in maniera consistente, ma il mantenimento in vita
di alcuni elementi contraddittori (GAE eliminate ma non abolite
e quindi ancora attive; organico dell’autonomia che si interseca
con trasferimenti, assegnazioni provvisorie, utilizzi, ecc.)
manderà a regime la sua gestione così come pensata dalla legge
107/2015 solo tra qualche anno;
-
i fondi
PON stanno portando 3 miliardi di euro nelle scuole, ma troppe
scuole non sanno come chiedere o come utilizzare questi fondi;
-
il Piano
Nazionale Scuola Digitale e la nuova Formazione docenti
introducono enormi elementi di novità;
-
gli Ambiti
e le Reti di Ambito fanno intravedere enormi potenzialità anche
di utilizzo di risorse didattiche e amministrative capaci di
creare un miglioramento progressivo del sistema con la
liberazione conseguente di risorse aggiuntive;
- i Progetti nazionali di grande portata come i Laboratori per l’occupabilità mostrano un diverso modo di organizzare e gestire la spesa;
- il Bonus premiante il merito ha introdotto nuove risorse e un nuovo rapporto tra dirigente scolastico e docenti;
- l’Alternanza scuola lavoro anche nei Licei evidenzia la necessità di potenziare il progetto didattico e non le routine consolidate.
Credo che un punto dirimente dell’attuale
dibattito sia quello per cui nelle scuole italiane statali il 1°
settembre 2016 ci sono molti più soldi e molti più insegnanti
che nelle scuole statali italiane il 1° settembre 2015. Questo è
un dato oggettivo di crescita e non capisco che motivo ci sia a
negarlo, anche perché continuare a negarlo non fa che spostare
più in là i necessari momenti formativi per accompagnare un
processo che comunque è stato innescato in forma molto invasiva.
ORGANICO DELL’AUTONOMIA
Ho già avuto modo in
precedenti interventi di evidenziare come a fronte di una così
forte e convulsa crescita del personale non con un semplice
incremento orario o con il ritorno a situazioni di molti anni
fa, l’idea di molti dirigenti è ancora piramidale con il
mantenimento della figura del Vicario o del Vicepreside che
costituisce il secondo punto della piramide dirigenziale. Dietro
questa ossessione per il Vicario c’è il retropensiero di molti
di noi secondo cui solo noi sappiamo chi può aiutarci a gestire
la scuola, partendo dall’idea che il nostro primo obiettivo è
fare amministrazione. Carte e burocrazia, insomma, che diciamo
di odiare, ma che invece sono spesso la nostra gioia segreta
(evidente in chi emana “487 circolari” l’anno).
L’organico dell’autonomia è
invece una questione didattica e progettuale, non una questione
di supplenze. La progettualità, l’innovazione, la ricerca e
l’analisi della propria scuola prevalgono sull’orario e sulle
supplenze. O almeno dovrebbero prevalere. La novità è che mentre
prima della legge 107/2015 c’era l’orario di cattedra e le ore
aggiuntive di tipo progettuale erano volontarie, adesso c’è un
Piano triennale dell’offerta formativa e un organico per
realizzarlo. Non è un organico perfetto, ma neanche quello di
prima lo era: è comunque l’organico che lo stato ci ha dato e
dunque quello su cui noi dirigenti scolastici dobbiamo
esercitare la nostra professionalità.
E’ abbastanza avvilente
constatare come invece spesso viene burocratizzato anche questo,
con una critica al Ministero che non ha assegnato quanto
richiesto, anche se è noto a tutti che lo svuotamento delle GAE
presupponeva un periodo transitorio. In questo periodo
transitorio un buon esercizio sarebbe quello di lavorare sulle
Reti di ambito e le Reti di scopo per creare quei sistemi di
governance comune che
il nuovo assetto scolastico richiederà quanto prima. Ma anche in
questo settore si assiste al rallentamento di un processo
costitutivo che invece avrebbe dovuto procedere spedito con
l’avvio dell’anno scolastico e la titolarità di ambito di molti
docenti.
Tutto però è rallentato anche perché i dirigenti
scolastici e gli uffici periferici del ministero sono attenti ad
altre problematiche, connesse con la vecchia idea di scuola.
L’organico dell’autonomia molto spesso non è visto come un
elemento di oggettivo interesse pedagogico progettuale, ma come
un ulteriore impegno da definire non con una progettazione
annuale, ma con orari rigidi e settimanali. Cioè con la
negazione di ogni reale progettualità connessa ad un Piano
Triennale dell’Offerta Formativa.
QUESTIONE DI SOLDI
Un altro sorprendente
elemento è l’esistenza di molte risorse aggiuntive, mai gestite
prima dalle scuole, che però vanno a scombinare l’idea che
l’obiettivo del sistema venga definito dalla singola scuola.
Spetta allo Stato definire gli obiettivi generali del sistema e
il Miur lo sta facendo centrando la sua attenzione sul Piano
Nazionale Scuola Digitale, sui Progetti Nazionali, sui PON, sui
Laboratori per l’occupabilità, sul bonus premiante. Tutte
attività innovative che trovano la loro definizione e ricaduta
nell’ambito della legge 107/2015 laddove si disegnano i contorni
dei docenti interessati dal bonus premiante. Il bonus premiante
è una cifra aggiuntiva al FIS e agli altri fondi e infatti i
docenti nella grande maggioranza delle scuole lo hanno incassato
senza alcuna polemica, come invece avrebbero sperato i
sindacati. In questo caso i dirigenti scolastici si sono trovati
a dover applicare criteri, non a fare i conti delle ore svolte.
Questa è una grossa novità alla fine accettata dai docenti e non
troverei strano che il FIS contrattato in un futuro sparisse a
favore di un bonus “potenziato”. Credo che oggi forse potrebbe
nascere nelle parti un dubbio sulla contrattazione e sulla sua
reale efficacia, perché non sempre il dirigente scolastico è
visto dai docenti che dirige come uno scriteriato incompetente
nepotista. I dirigenti scolastici hanno subito lo scorso anno
scolastico una reale aggressione mediatica da frange di docenti
e sindacati che vorrebbero riportare indietro le lancette del
mondo a cinquantenni fa e sono stati dipinti come ebeti con
forti tendenze alla corruzione. Le cose non sono andate in quel
modo, ma rimane l’idea anche in molti di noi che queste
innovazioni potrebbero sparire prima di essere andate a regime e
dunque non vale la pena di impegnarsi più di tanto.
C’è però da dire che i
soldi sono molti di più, ma nelle scuole prevale lo sconcerto
per la loro quantità e per le modalità con cui vengono erogati.
Prendiamo i fondi PON: mi ha fatto molta impressione sapere che
il primo PON per le Reti Wlan-Lan, che chiedeva solo una banale
domanda per ottenere i fondi, abbia visto più di tremila scuola
(oltre il 30% del totale) non presentare neppure la domanda.
Mentre tutti abbiamo potuto vedere in l’impietoso elenco delle
scuole che hanno sbagliato la domanda per il secondo PON
(ambienti per l’apprendimento) in una sorta di berlina di cui
nessuno ha risposto e per cui nessuno ha chiesto scusa.
Anche la grande
progettualità dei
Laboratori per l’occupabilità non sta creando quella
fibrillazione che progetti di così grande portata (siamo intorno
al milione e mezzo di euro per progetto) dovrebbe determinare in
territori che devono stringersi attorno alle scuole vincitrici
dei progetti gestibili molto più facilmente dentro reti di
ambito piuttosto che dentro singole segreteria molte delle quali
poco adatte a gestire grandi masse di danaro.