È forse giunto al capolinea un percorso avviato con determinazione e fermezza
poco più di 40 anni fa, con una legge del '71, perfezionato poi dalla legge
517/77?
Quel che è certo è che oggi si cambia: i decreti, frutto delle deleghe che la
legge 107/15 ha affidato al Governo, descrivono una scuola diversa e introducono
nuove modalità organizzative. Fino a ieri la preoccupazione derivava dalle
dichiarazioni del Sottosegretario come pure da alcune richieste delle due
Federazioni più rilevanti.
Se è vero che non tutto quello che era stato preannunciato è stato formalizzato,
è altrettanto vero che orientamenti e filosofia, sottostanti alcune scelte,
hanno in qualche misura influenzato il testo del Decreto 378. Come non restare
attoniti e increduli di fronte al cambiamento proposto, che pare riportare
indietro nel tempo, arginando la speranza di un reale e costruttivo cambiamento
e di una positiva evoluzione?
La prima sensazione, nel leggere il decreto 378, è di aver davanti un testo
“raffazzonato”, messo insieme frettolosamente. Pare che non siano state
considerate le conseguenze; e cioè che le indicazioni operative contenute (è
sostanzialmente questa la natura del provvedimento) non solo potrebbero
condizionare quel processo che le Linee Guida hanno dichiarato "irreversibile"
(integrazione), ma avrebbero intaccato la società sotto il profilo culturale,
orientando più a escludere piuttosto che ad accogliere. In fondo in molti
speravamo (o ci volevamo illudere) in una coraggiosa scelta totalmente a favore
dell’integrazione scolastica, una scelta radicale a 360°, rendendo il processo
ancor più irreversibile (ad esempio con la formazione obbligatoria per tutti
coloro che accedono al ruolo di docente o di dirigente scolastico e per tutto il
personale in servizio; con una formazione mirata per il personale Ata in
generale e i collaboratori scolastici in particolare).
Ma anche questa volta la politica non ha avuto il coraggio di andare fino in
fondo: la compagine governativa non ha saputo dire un “sì” totale, completo,
limitandosi, al contrario, a prendere ampi spunti da una cornice ormai a pezzi,
amplificandone gli elementi di criticità come la delega dell’inclusione al solo
insegnante per il sostegno, tradotta nella relazione illustrativa come “impegno
fondante”, e la marginalizzazione del ruolo della famiglia, con l’abolizione dei
gruppi di lavoro operativi, dove venivano elaborati “congiuntamente” i documenti
a favore del percorso sociale e scolastico dell’alunno con disabilità.
A mio parere il decreto 378, nel suo insieme, non soddisfa i principi di
inclusione perseguiti e dichiarati, tutt’altro: sottrae alla famiglia un ruolo
fondamentale e primario, lascia trasparire una maggiore attenzione verso il
contenimento della spesa, riducendo risorse e introducendo un inopportuno rigore
nella fase di riconoscimento di “alunno con disabilità”.
I contenuti del decreto 378, che avrebbero potuto segnare un cambiamento
storico, tendono invece a un pericoloso ritorno al passato: se non si procederà
a una sostanziale modifica, apportando i correttivi necessari prima della
definitiva approvazione, si assisterà a un’involuzione di quello che si credeva
fosse l'irreversibile processo di integrazione.
Auspico pertanto una forte azione parlamentare per apportare le modifiche
necessarie: come Associazione CIIS e come singoli docenti abbiamo contattato
parlamentari di maggioranza e di opposizione, per contribuire, attraverso loro,
ad apportare un decisivo miglioramento. La prioritaria attenzione, ci tengo a
sottolinearlo, va in direzione della tutela e del diritto allo studio degli
alunni e degli studenti con disabilità: prima di tutto l’alunno, in quanto
persona.
Di seguito riporto e commento punto per punto i contenuti del decreto 378 (omettendo le commissioni mediche, il riconoscimento dell'alunno come “alunno con disabilità” e i livelli essenziali di qualità).
1. Valutazione diagnostico funzionale
La Valutazione diagnostico funzionale (VDF), che costituisce una vera
novità in quanto assomma due documenti, la Diagnosi Funzionale e il Profilo
Dinamico Funzionale, e che, soprattutto, adotta formalmente i "classificatori"
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, l’ICD e l’ICF, propone, nell’uso di
questi strumenti, più elementi di incoerenza. L’ICF, che "descrive il
funzionamento della persona" in tutti gli aspetti della sua vita, in quanto
"descrittore" non può essere delegato ad un solo "soggetto" (il decreto
attribuisce unicamente alla commissione medica tale compito); la descrizione del
funzionamento, pertanto, non può che essere affidata a più soggetti: famiglia,
scuola, altre figure di riferimento, Asl. La sintesi, Profilo di funzionamento,
è il frutto di una coralità di punti di vista. Non a caso è stato codificato un
linguaggio per una maggiore e proficua condivisione.
2. Formazione del personale docente
L’annuncio dei 120 CFU per conseguire la specializzazione sul sostegno
aveva fatto ben sperare (anche se resta, a mio parere, l'errore culturale e
pedagogico della formazione, che deve essere resa obbligatoria per tutto il
personale docente in formazione e in servizio) ma, in realtà, si è rivelato un
bluff totale. Non si è stati in grado di proporre un corso biennale; sembra
assurdo. Secondo il decreto, chi desidera conseguire la specializzazione per il
sostegno deve, prima di accedere al nuovo corso di specializzazione (che sarà
riformulato), conseguire 60 CFU, ovvero la metà dei crediti: - nell’ambito del
percorso accademico del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria
(Scuola dell’Infanzia e Scuola Primaria) - secondo modalità non specificate
(scuola Secondaria di Primo e di Secondo grado).
3. Formazione del personale della scuola
“Nell’ambito del piano nazionale di formazione”, vincolata alle e
risorse disponibili, viene introdotta la formazione del personale della scuola:
per i docenti in servizio, in particolare per coloro che nelle loro classi hanno
alunni con disabilità; e per il personale Ata. Come dire che l'intenzione c'è,
ma se non si dovesse realizzare… Una formazione parziale e limitata contrasta
con l’attuazione di progetti che vogliano dirsi inclusivi. Non si capisce come
risulti così difficile rendere obbligatoria la formazione sul sostegno, tanto
più che il percorso formativo iniziale (così come il corso di specializzazione)
è totalmente a carico dei corsisti!!! Per i Dirigenti Scolastici un rinvio: sarà
il Miur a dire “come” sarà attuata la formazione sull’inclusione scolastica;
purché diventi effettivamente attuativo in tempi brevi.
4. La famiglia
La famiglia sembra scomparire fra gli articoli del decreto, così come le
associazioni delle famiglie (che trovano spazio solo nell'osservatorio). Il suo
ruolo appare marginale e poco incisivo.
5. Piano Educativo Individualizzato
Il decreto stabilisce che il PEI sia elaborato e "approvato" dal "Consiglio di
classe" o dai "docenti contitolari" (art. 11). Premesso che tutti gli insegnanti
assegnati a una classe sono “contitolari” (quelli che compongono il consiglio di
classe, nella secondaria, e quelli che compongono il modulo, nella Primaria e
nell'infanzia), che cosa intende il decreto usando questa espressione? Si
potrebbe pensare all'ennesima svista (data la sommarietà con cui pare scritto il
provvedimento) e che sia stata utilizzata la dizione "docenti contitolari"
anziché "docenti di modulo" riferendosi alla Primaria e all'Infanzia, oppure,
per estensione, il decreto potrebbe intendere i soli docenti "contitolari per il
sostegno". Diciamolo, questo passaggio è particolarmente confuso e potrebbero
verificarsi, nella pratica, situazioni poco chiare o sommarie interpretazioni.
Nel PEI, peraltro, non saranno più riportate alcune importanti indicazioni come,
ad esempio, le risorse per l’anno successivo; sembrerebbero così ridotte le
possibilità di inoltrare ricorsi per il riconoscimento di alcuni diritti, fra
cui le ore per il sostegno.
6. PEI: compiti e ruolo
Abolito il GLHO (l’articolo 15 della legge 104/92, abrogato, è sostituito
dall’art. 8 del Decreto) a cui spettava l’impegno di elaborare “congiuntamente”
il PEI, il decreto stabilisce che tanto la famiglia quanto gli operatori
socio-sanitari prendano parte unicamente alla sua redazione, lasciando
l’approvazione ai soli docenti. Il cambiamento è sicuramente peggiorativo.
7. Blocco decennale
Sul blocco decennale, poco o nulla da dire; conferma l’idea che l’integrazione è
a carico del docente di sostegno, dato che il blocco riguarda un’unica figura
professionale e non tutti i docenti assegnati ad una specifica classe.
8. Continuità educativo-didattica
Sulla continuità tante promesse, tanti proclami, tante parole e poi… nulla di
fatto (fermo restando che la continuità deve interessare tutti i docenti della
classe, e non un solo docente!). È introdotta la possibilità di un ulteriore
anno, per i docenti a tempo determinato, “ferma restando la disponibilità dei
posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato”.
9. Numero alunni per classe
Il numero di alunni nelle classi prime delle scuole di ogni ordine e grado, in
cui sono iscritti alunni con disabilità, viene elevato da 20 a 22. E poiché la
norma che stabiliva un "tetto" degli alunni con disabilità per classe è stata
abolita da tempo, è facilmente intuibile come questo aumento possa incidere
negativamente sulla qualità dell’insegnamento e sul diritto ad apprendere degli
alunni.
10. Esami di stato (decreto 384)
Nel decreto 384 (Schema di decreto legislativo recante norme in materia
di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di
Stato), invece, si assiste a una vera e propria involuzione del processo di
integrazione scolastica: nella Scuola Secondaria di Primo grado, così come
avviene nella Secondaria di Secondo grado, vengono introdotte le prove
equipollenti. E mentre gli studenti con disabilità che sosterranno le prove
equipollenti conseguiranno il diploma, gli studenti con disabilità per i quali
la sottocommissione predisporrà "prove non equipollenti a quelle ordinarie"
riceveranno solo "un attestato di credito formativo". In sintesi Si ha la
sensazione di una mancata progettazione: manca un’idea di cambiamento reale, si
rileva l’assenza di un rilancio del progetto di integrazione nel suo insieme.
Tutto appare improvvisato, lasciato al caso, messo insieme con il solo fine di
ridurre i ricorsi e di contenere la spesa (le ore per il sostegno sono indicate
unicamente – e unilateralmente – dal GIT, che sostituiscono il GLIP, sulla base
della documentazione, senza indicazioni da parte del GLHO, che non esiste
più!!!). I cambiamenti che il decreto introduce, se non saranno prontamente
modificati, segneranno ancor più quegli orientamenti che porteranno alla fine
del processo di integrazione. Poi potremmo anche parlare di inclusione, ma per
gli alunni con disabilità resteranno le scuole speciali o, nella migliore delle
ipotesi (mi si scusi l’eufemismo), le “classi speciali”.