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PavoneRisorse |
(25.01.2017)
A proposito di un Decreto di cui
non
parla nessuno:
sul diritto allo studio
degli studenti.
Raffaele Iosa
Non sono
sorpreso circa il fatto che nei siti e
nei media tra i vari decreti usciti dal Governo in applicazione della Legge 107
nessuno, ma proprio nessuno, pare aver
letto o commentato un Decreto per me
importante: quello sul diritto allo
studio per gli studenti.
Il fatto è che gli insegnanti leggono le cose loro, i presidi le loro, i
ministeriali anche. I genitori con figli disabili leggono il sostegno e quelli
con figli alle superiori l’esame di maturità.
E’ sconcertante che anche in questo caso la lettura di leggi e norme sulla
scuola rimanga ristretta agli addetti ai lavori e non alla più vasta opinione
pubblica. Ma degli studenti in carne ossa (e portafoglio) a chi importa qualcosa
davvero?
Fa sorridere anche il fatto che finora sui giovani c’erano feroci critiche al
governo Renzi per averli scordati, cosa forse vera
ma non (guarda un po’) nella Legge 107
dove un pezzetto di welfare concreto per i giovani se studenti ci sarebbe,
ed è una novità dopo anni di silenzio.
Io vedo invece con favore questo Decreto perfino come fatto di principio
costituzionale, e perfino al di là dei limiti oggettivi che contiene e di alcune
gravi assenze.
Dunque so già dall’inizio che questo mio commento sarà letto pochissimo. Sono
altre le Grandi Questioni della scuola, si sente dire! Dunque al cireneo che
avrà la pazienza di leggermi o a chi mi trova per affetto simpatico ringrazio
sin da ora per aver compiuto una scelta fuori dal coro.
Importante comprendere fin dall’inizio che questo Decreto tocca direttamente le
questioni economiche e sociali legate al successo scolastico
degli studenti, in modo da favorire la scolarizzazione anche delle classi
deboli sui due versanti dell’art.
34 che è qui salutare ricordare.
Articolo (guarda un po’) che ci
chiede di parlare dei “capaci e meritevoli anche se poveri:
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e
gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i
gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle
famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
E insieme dell’art. 3 comma 2 che è stato il nostro cavallo di battaglia da
giovani insegnanti. Anche questo utile da ricordare:
E` compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Dunque, il
Decreto non si occupa direttamente di
quella pletora di iniziative (in gran parte finora deludenti) di “interventi
scolastici contro la dispersione” di questi anni . Qui non ci sono soldi per le
scuole contro la dispersione (sono
presenti in altri commi della 107), ma riguarda l’economia e le condizioni
sociali delle famiglie con studenti, quindi va direttamente alle persone
proponendosi di garantire un welfare di
base come “servizio alla persona”.
Il Decreto avrebbe una specie di funzione da norma-quadro su tutte le
provvidenze possibili ed esigibili . il Decreto giustamente
non parla di dispersione, ma definisce
almeno le condizioni economiche mirate e
favorevoli all’inclusione scolastica di tutti . Per questo è importante ed una
novità comunque anche con i suoi limiti, che
ora approfondiremo.
Suggerisco ai pochi lettori rimasti a leggermi,
di analizzare il Decreto pensando
prima a cosa è stato nella sua vita scolastica il “diritto allo studio”. Uso me
stesso come paradigma comparativo: io ero figlio di un tranviere e di una
casalinga, proletari orgogliosi, non ho mai pagato nessuna tassa scolastica né
libri fino alla laurea. Andavo bene
a scuola (i “capaci e meritevoli anche se privi di mezzi…)
e quindi avevo praticamente tutto gratis. Nella scuola elementare ricordo
bene il Patronato scolastico che dava i quaderni belli delle regioni italiane e
penne e colori. Non robacce di carità. Il
maestro era bravo a consegnarceli
non come un “dono caritatevole” ma come stimolo di responsabilità a “rispondere”
con buoni apprendimenti. Ricordo anche le cioccolate e le merende del Patronato,
che da goloso non andavo tanto per il sottile a prendere. Nella scuola media e
superiore ho sempre avuto il “buono libri” che me li dava gratuitamente.
Naturalmente quando ero alle superiori d’estate facevo il fruttivendolo (senza
voucher e in nero) per migliorare le condizioni di vita della mia famiglia.
Voglio dire con questo che negli anni 50-60 le forme di welfare anche materiali
erano meno pietistiche di quanto poi nel ’68 pensavamo, vedendo
in queste cose il “condizionamento
ideologico della classe operaia” alla moda di Althusser.
Qui mi interessa approfondire bene la questione “aiuti
economici e materiali” perché penso che in Italia
questi aiuti sociali oltre che ad essere
pochi e poco mirati, spesso pagano oggi
una sorta di rassegnazione assistenziale che cronicizza
il bisogno senza uno scambio di reciprocità sulle responsabilità.
Aiutiamo a volte troppo i poveri a restare tali, cioè. E dilaghiamo in
mecenatismo piagnone con gesti di carità in buona fede ma spesso un tanto a
caso.
E’ con questi occhiali che analizzo il Decreto, per vedere
se è capace di aiutare davvero i giovani toccando bisogni reali ma rispettando
la loro dignità. E con gli occhi di capire se tocca, o almeno graffia, la
redistribuzione dei redditi quanto meno redistribuendo le spese.
Articolo
1 e 2. Oggetto e finalità. I servizi degli enti locali.
Il Decreto conferma e amplia le competenze dirette degli enti locali sul diritto
allo studio dei giovani nella logica del welfare sociale
sulle materie tradizionalmente dovute
già prima: mensa, trasporti, libri di testo e strumenti didattici. E’ importante
confermare e valorizzare questo ruolo dei comuni, nel tempo annacquato.
In sostanza si sollecitano i comuni a tornare protagonisti di politiche
attive a favore del diritto allo studio dei giovani, a partire da quelle
economiche. Ma disgraziatamente non si cita La legge Quadro 328/2000
sull’integrazione territoriale dei servizi con i “piani di zona” , come invece
fa positivamente il Decreto sull’inclusione disabili. Insomma, non si favorisce
quanto basta tutte le risorse, non solo comunali, territoriali e non si
favorisce una sussidiarietà
orizzontale intelligente. Probabilmente è stato scritto da tecnici
scolasticistici e i vari decreti non hanno avuto una regìa complessiva.
E’ però tema centrale quello della governance orizzontale per la sfida ai
diritti di cittadinanza sociale che viene banalmente snocciolata solo nella
logica di spartizione amministrativa “questo tocca a te, questo tocca a me..”.
Peccato, occasione perduta. Aver posto il diritto allo studio dentro la logica
territoriale di tutti i servizi sarebbe stato un passo avanti vero. Qui è solo
la conferma di un tradizionale divisione dei compiti. Doverosa da confermare ma
insufficiente oggi.
Articolo
3. Beneficiari.
I servizi di welfare sono rivolti a tutti con la previsione della gratuità o di
contributi graduati. Si tratta quindi di provvedere
in funzione sia democratica (per tutti) ma anche di
selettività positiva per servizi con
contributi delle famiglie graduati secondo l’ISEE. Quindi l’ISEE diventa, anche
in questo caso come per tutti i servizi sociali, lo strumento regolatore dei
contributi delle famiglie: chi ha meno paga meno o non paga. Welfare
compensativo. Quindi perché non vederlo dentro la più vasta politica dei servizi
sociali territoriali con la logica di piano? Mah!
Articolo
4. Tasse scolastiche. Sono abolite del tutto
tasse di qualsiasi tipo dalle elementari alla terza superiore dal 2018 e poi man
mano per tutti e cinque gli anni.
Per queste voci la Legge prevede un finanziamento al MIUR per il Fondo
detto della Buona Scuola di 10, 4
milioni di euro per l’anno prossimo e di 29,7 dal 2019 in poi. Denaro che
sarà dedicato alla qualificazione del servizio scolastico. Molto bene, direi.
Saranno poco costose le tasse, ma è comunque un primo risparmio di welfare in
questo universale e non selettivo. Ricordo, al proposito, che riduzioni delle
tasse agli studenti privi di mezzi erano già presenti prima. Ma ora la gratuità
scolastica è per tutti fino alla fine delle superiori.
Questo articolo ha anche valore simbolico non secondario: la scuola è
aperta a tutti e gratuita nella
frequenza.
Art.
5. Servizi di trasporto e forme agevolate della mobilità.
L’articolo tratta la qualificazione
dei servizi di trasporto sia con la garanzia della loro effettuazione da parte
dei comuni sia della loro qualificazione dentro i piani di mobilità. E’ un
articolo molto tecnico legato alle distanze scuola-casa e ad una mobilità
sostenibile, utile sia per l’economia
familiare ma anche per l’economia sociale più complessiva di un territorio. Per
la verità, intravedo un’opacità gestionale, che
tocca anche altre parti del Decreto: la competenza del servizio trasporto è un
“obbligo”, potremmo dire una specie di LEA, o no? Francamente non è chiaro del
tutto. Potremmo dunque avere sindaci che negano il trasporto o come il sindaco
di Napoli De Magistris convinto ancora che il trasporto disabili è di competenza
del MIUR. Qui la questione economica non è decisiva anche se ovviamente
favorisce la riduzione delle spese:,
ma se è il trasporto è un LEA è obbligo del Comune realizzarlo.
Altrimenti resta solo una grida manzionana.
Art.
6 servizi di mensa. La mensa resta un servizio
a domanda individuale di competenza comunale.
Circa l’obbligatorietà dei Comuni a gestire la mensa nel caso
l’organizzazione scolastica lo preveda, c’è purtroppo un: … gli enti locali
“possono” piuttosto che un “devono” che rischia di ri-creare disparità
territoriali. E’ tema simile al precedenti sui trasporti: la mensa è un LEA
qualora la scuola preveda rientri pomeridiani o è solo una possibilità? Non era
meglio almeno prevedere una “programmazione territoriale” della
distribuzione delle mense in rapporto ai POTF delle scuole e la distribuzione
del servizio nel territorio? Ecco la questione della governance locale
riemergere. L’articolo è politicamente
sbagliato e troppo timido. Posso capire alcune spinte ANCI, ma anche
queste dovrebbero andare per favorire l’estensione del servizio mensa, non solo
ad una bagarre sulla legge finanziaria.
Art. 7 Libri di testo e strumenti didattici.
Qui si confermano le gratuità dei libri nella scuola primaria
e le soglie di spesa per i libri della scuola media e superiore, già
normati. Quindi fin qui niente di nuovo. Si prevede, però, la forma del
comodato d’uso
gratuito come prassi legittima da
parte delle scuole per l’acquisto di libri. Lo considero positivamente anche
come veicolo etico per gli studenti ad aver cura dei testi
acquistati in massa dalla scuola e utilizzato in comodato.
Non conosco le reazioni degli editori. Il comodato è una via importante
anche sul piano civile oltre che economico.
Piuttosto osservo che mancano tutte le forme di detrazioni fiscali sulle spese
dimostrabili che le famiglie sopportano, dai materiali didattici individuali
fino ai “contributi volontari” alle scuole. Non capisco perchè io posso detrarre
dalle tasse le spese sanitarie e perfino
il contributo dato al partito cui sono iscritto e non un babbo e una mamma
detrarre le spese dei materiali didattici o le attività didattiche svolte per i
figli. Si poteva rischiare qui un
quadro nuovo più avanzato rispetto alle attuali confuse norme sul tema, con
soglie di accesso in rapporto al reddito
complessivo. No, in questo Decreto la questione fiscale non riguarda il diritto
allo studio.
Art.
8 scuole in ospedale e istruzione domiciliare.
L’articolo conferma quanto già previsto. C’è però un finanziamento fisso (dunque
a bilancio annuale e non casuale di anno in anno) di 2,5 milioni di euro. Forse
poca cosa ma una cosa reale. Un po’
delicata è la questione dell’organico per le scuole in ospedale che va pescato
dall’organico dell’autonomia. La cosa è ovvia, ma si eviti il rischio che le
classi ospedaliere siano a decurtazione dell’organico complessivo della generosa
scuola che offre questo servizio.
Art.
9. Borse di studio. E’ una novità
interessante. Tocca naturalmente i capaci e meritevoli anche se privi di mezzi
(ce li eravamo un po’ scordati in questi anni…). Si istituisce un Fondo
nazionale per il welfare dello studente che distribuirà borse di studio per
libri, materiali, trasporti, ecc.. La somma lorda annua è pari a 10 milioni di
euro. Facciamo due conti banali. 1.000 euro medi per borsa farebbe 10.000
studenti, 500 euro medi 20.000. Forse poca cosa, ma cosa nuova e soldi nuovi e
non nella logica del Bonus. Soldi che mi auguro nel tempo ovviamente aumentino.
C’è poi nell’articolo 13 sugli accordi
locali la possibilità di implementare questi fondi con contributi locali sia
pubblici che privati. E qui…apriti cielo: le donazioni private se dedicate al
diritto allo studio delle famiglie deboli vanno accolte o no?
Non creerebbero disparità tra zone ricche e povere del paese?
A me sembrano fisime. E’ già evidente
che gran parte del fondo andrà al sud visto i dati demografici sulla
distribuzione della povertà. Ma io rivendico il diritto di poter dedicare, nel
mio testamento, una certa cifra del mio (poco) patrimonio
per creare borse di studio
per singoli studenti e non per comprare paccottiglia didattica ad una scuola che
così mi dedicherà un’auletta, soldi che lascerei appunto alla decisione degli
accordi locali per evitare di distribuire male i miei fondi. E, ovviamente,
eviterei quelle forme un po’ narcisistiche di intestare la borsa di studio al
nome del morto (come i banchetti in
chiesa), perché questa mia decisione rappresenta la giusta restituzione che ho
il dovere di dare allo Stato per ritornare almeno una parte di quanto mi è stato
favorito da giovane studente tanti anni fa e che mi ha permesso di laurearmi.
Sul tema del mecenatismo fioriscono demagogie senza fine.
Con una corretta gestione che sia equa e mirata, il mecenatismo invece è
fatto di democrazia e di riequilibrio economico delle ricchezze del paese.
Art.
10 La Carta dello studente. Non è solo uno
strumento elettronico su cui far passare eventuali borse o benefici. E’ qualcosa
di più. E’ cioè un contenitore aperto che potrebbe
diventare la carta di identità europea di uno studente con
accesso facilitato ed economico ad una
miriade sterminata di servizi, sconti,
opportunità. Dai musei ai biglietti
ferroviari. Si tratta di favorire e stimolare opportunità d’uso ma anche
economie familiari. Ricordo che in Europa esiste la
student card come documento
identificativo che permette ad esempio sconti o gratuità in tutti i musei. Per
anni in Italia questa Carta era gestita…da una società privata di viaggi!
Ecco perché trovo interessante questa Carta, non solo per il suo utilizzo
come para-bancomat ma anche come strumento che favorisce l’accesso a molti
servizi e sconti, che dunque favorisce la voglia di usufruire di opportunità
culturali e sociali. Ovviamente la Carta
deve avere una struttura condivisa e rendere possibile anche l’implementazione a
livello territoriale. Cosa che il Decreto prevede all’art. 13. La Carta
comunque, inutile negarlo, favorisce chi ha di meno in famiglia.
Artt. 11/12 Conferenza nazionale per il
diritto allo studio. È posta all’inizio di un
capo detto “governance e accordi territoriali” e meno male che c’è,
ma ha alcune debolezze che qui
presenterò. In primis la Conferenza ha un difetto d’origine dato dal fatto
autoreferenziale che è gestita e promossa...dal MIUR!
Come se il diritto allo studio fosse un tema solo scolastico. Ad esempio
è molto grave che sia del tutto assente il Ministero del welfare (e già questo
la dice lunga) mentre ci sono
quello dei Trasporti e della
cultura. Vuol dire che gli autori del Decreto non hanno avuto il pensiero lungo
di una visione sistemica della povertà, dei bisogni,
dei benefici da vedere in modo integrato. Ci sono i soliti rituali
partner: Conferenza Unificata, ANCI,
UPI, associazioni studenti, genitori, ecc.. Il compito è quello tradizionale di
proposta, monitoraggio, rapporto triennale, ecc…
Ne vedo i soliti rischi che altre commissioni così hanno vissuto sotto il
MIUR: la chiacchiera. Per esempio manca il volontariato, il sistema economico.
Manca un compito di governance che non dia solo al “superiore ministero” dati e
opinioni ma sappia essere “terza” nel suo valore di supporto all’intero paese.
Art.
13. Accordi Territoriale. Meno male che c’è
almeno questo articolo, che sollecita
i comuni, le singole scuole,
e la società civile a partecipare in proprio a realizzare azioni locali sul tema
del diritto allo studio in modo sinergico. Per esempio, questi accordi
potrebbero implementare la Carta degli studenti di un certo territorio per avere
ulteriori agevolazioni ed anche per implementare e sviluppare le borse di
studio.
L’articolo è però un
po’confuso e rischia di restare una pia intenzione che si realizzerà se in loco
ci saranno soggetti di buona volontà. Qui, come
ho già detto prima, andava citata la Legge quadro 328/2000 collocando il
tema del diritto allo studio nei piani di zona, dunque come “impegno” e non come
opzione. Un emendamento radicale è doveroso. Resta comunque il fatto che il
terreno degli accordi locali apre a
nuove interessanti opportunità.
In conclusione,
riconosco che il
Decreto resta complessivamente positivo quanto meno perché esiste e copre
un’assenza clamorosa sui temi del diritto allo studio , sul quale in passato e
anche oggi tanti chiacchieroni politici
pontificano a vuoto sulle poche opportunità sociali presenti. E’ un testo però
che ha un suo limite sia sulla visione poco integrata
a livello territoriale sia sulla visione
sistemica a livello nazionale. Troppo da tradizionale burocrazia MIUR, di cui
diffidare. Il Decreto mi pare comunque
dignitoso verso la singola persona, e più facilmente collocabile nello “scambio”
tra beneficio pubblico ed impegno del singolo studente da corrispondere. Quindi
c’è una sufficiente dignità data alla persona e non assistenzialismo tout court.
La mancanza di una visione d’insieme rischia anche
di non distribuire bene gli aiuti senza una visione sistemica che legga la
condizione sociale reale di ogni singola famiglia.
Comunque
questo Decreto, purtroppo letto da
pochi, apre finalmente una strada
nuova che merita percorrere per allargarla, migliorarla, svilupparla. Non certo
contro-proponendo il solito
benaltrismo di moda.