(09.10.2014)
Formazione e
collegialità
di Giancarlo Cavinato
Registriamo un paradosso e una divaricazione in merito alla formazione dei docenti.
Da un lato una scuola mortificata e
penalizzata, sempre più costretta in limitazioni e riduzionismi (orari,
risorse, assenza pressoché totale di compresenze, fondi per materiali e
strumentazioni, frammentarietà e settorialità degli interventi didattici,
assenza di piani organici di aggiornamento e formazione in servizio, mancanza di
strutture di raccordo e supporto all’azione docente, ‘costretta’ a ricorrere a
banalizzazioni e semplificazioni, in sostanza a un insegnamento trasmissivo e a
una valutazione sommativa).
D’altro lato la complessità e la moltiplicazione dei saperi, la continua
ridefinizione dei confini disciplinari, la profonda modifica degli statuti
epistemologici delle discipline, ma, soprattutto, la ricerca in neuroscienze
e i contributi del socio-costruttivismo indicano che la modalità privilegiata
per l’apprendimento non può che essere cooperativa e operativa. Un modalità che
non separi corpo e testa, emozioni e conoscenza, apporti delle scienze naturali
e fisiche e delle scienze umane e sociali.
Dopo decenni di cognitivismo e neocomportamentismo sembra riaffermarsi il
bisogno di quella didattica operativa che la migliore scuola attiva- e,
fra noi, i contributi e le esperienze che Lodi, Ciari, Manzi, Bernardini,
Tamagnini ed altri ‘pionieri’ hanno saputo realizzare.
La scuola dell’età evolutiva ha il compito non soltanto di applicare tassonomie,
ma di orientare alla vita democratica, ai valori, alle relazioni, alla
cittadinanza.
E’ recentemente scomparsa Franca Falcucci. Il suo ministero è stato
contraddistinto da luci ed ombre, ma non possiamo dimenticare che ha portato con
determinazione a compimento l’introduzione dei ‘nuovi’programmi della scuola
elementare e, soprattutto, il piano pluriennale di aggiornamento (PPA)
obbligatorio e generalizzato ed esteso a tutte le discipline.
Il Movimento di cooperazione educativa pensa a una formazione in servizio
generalizzata, che raccordi le proposte dell’Università, dei centri di ricerca,
delle associazioni professionali e disciplinari. Non può esserci innovazione
senza ricerca e viceversa. E’ un passo secondo noi indispensabile prima e al di
là del pensare alla ‘carriera’ di gruppi di docenti ‘meritevoli’. Una formazione
generalizzata non può che partire, se vuol essere efficace, dal sapere
dell’esperienza degli insegnanti. Non può essere una formazione on line o
frontale, ma avvenire per gruppi che si confrontano su problematiche attuali ed
urgenti ( cosa ha comportato, ad es., nel percorso personale di ciascuno/a, il
‘capire’: quando, come, rispetto a che cosa si è ‘capito’? Cos’è nella propria
esperienza l’atto di comprensione? E, analogamente, come si considera il
rapporto fra la routine quotidiana e l’imprevisto? Qual è la considerazione
dell’errore?
Come valutare per valorizzare? Cos’è per l’insegnante fare e far fare ricerca?
…).
Sono dei ‘fondamentali’, si dirà, ogni insegnante li deve già possedere nel
proprio DNA. Ma è il confronto, l’elaborazione collegiale, che è venuto
meno da molto, troppo tempo su questi e altri aspetti della professionalità
docente.
In molte situazioni (ricordiamo ad es. le proposte formative dell’Università di
Genova ai tempi del PPA) la formazione più efficace è avvenuta attraverso la
condivisione di tali percorsi, in gruppi che al termine dell’elaborazione
mettevano a punto un progetto e lo sperimentavano nelle classi.
Questa è la nostra proposta. Ovviamente c’è bisogno di un riconoscimento
economico per tutti gli insegnanti diverso dall’attuale.
E c’è bisogno di una struttura di raccordo delle proposte, della metodologia,
del raccordo fra i formatori. A suo tempo era l’IRRSAE. Quando è stato chiuso,
molto si è sfrangiato.
(**) intervento pronunciato il 9 ottobre
a Roma in occasione della Giornata di ascolto delle associazioni organizzata dal
Partito democretico.
L'intervento è stato fatto a nome del Movimento di Cooperazione Educativa.