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LA BUONA SCUOLA OGGI: Documenti e interventi su  "Piano Renzi" (settembre 2014)

(22.12.2016)

I giacimenti
di Franco De Anna

 

Invito i miei men di 25 lettori, se hanno pazienza e curiosità sufficienti a sacrificare qualche minuto di attenzione, a leggere ciò che segue. Poi spiegherò.


Classe prima
Primo bimestre (!?). Scrittura: esercizi preparatori. Modo di tenere la matita e la penna: posizione della persona e del quaderno. Linee semplici tra due righe, linee ascendenti, discendenti e semplici fuori triga, poi con il filetto ed infine arcuate in basso e in alto. Tali esercizi si faranno eseguire su carta reticolata diagonalmente. Scrittura delle vocali e delle consonanti.
Lettura: Vocali. Sillabe semplici formate con le consonanti insegnate. Dettatura: parole semplici formate con le consonanti insegnate. Esercizi di memoria: poesie brevissime e facilissime, il cui senso venga perfettamente compreso dagli scolari. Nozioni varie: avvertenze sull’obbligo dei bambini di venire a scuola puliti. Facili domande intorno al loro nome, al nome dei genitori e dei fratelli, dei parenti. Nomi degli oggetti che vedono a scuola. La casa. A che servono le case, chi le fabbrica, parti principali di esse. Divisione del tempo.
Aritmetica. Idea dell’unità rappresentata con oggetti presenti, poi con oggetti assenti conosciuti dagli alunni. Scrittura dei numeri 1-4-0-9, prima sulla lavagna poi sul quaderno. Esercizi di numerazione orale concreta, ascendente e discendente fino a 10. Le quattro operazioni nel limite di 4 cose.


Classe prima Quinto bimestre
(!!??). Scrittura: esercizi accurati e metodici: alfabeto minuscolo e maiuscolo. Nomi comincianti per lettera maiuscola.

Lettura: Esercizi di richiamo su tutte le specie di sillabe, su tutti gli elementi delle parole. Lettura di raccontini sul libro delle prime letture a completamento del Sillabario. Dettatura: in relazione alla lettura. Dettatura ortografica, ideologica e muta, e qualche esercizio di avviamento al comporre, quale compiere una frase, aggiungendo una parola che esprima qualità, materia, provenienza, ecc…
Nozioni varie: Mestieri principali, Nomi dei principali strumenti da lavoro, mezzi di trasporto per terra e per acqua, l’estate, le piante fruttifere, parti principali dei frutti, I fiori: parti del fiore.
Aritmetica Esercizi di numerazione parlata e scritta fino a 100. Contare in ordine progressivo e regressivo. Le 4 operazioni orali nel limite di 20 cose. Facili addizioni e sottrazioni coi numeri di una cifra disposti in senso verticale, esercizi sulla dozzina, sulla ventina, ecc… Problemi orali.
Educazione morale: Conversazioni facili e pratiche che abbiano per punto di partenza un fatterello avvenuto in iscuola o di recente e noto alla scolaresca, e per punto di arrivo un insegnamento morale alla portata del fanciullo. Modo di comportarsi a scuola, Amore ai genitori, ai maestri, ai compagni. Rispetto pei superiori. Non guastare gli arredi scolastici. Nettezza della scuola, dei libri, dei quaderni. Temperanza nel vitto. Compassione pei bisognosi… Igiene della casa…La ricorrenza del Natale, del Capo d’anno, e di altre feste religiose e civili saranno pure temi di conversazione e di insegnamenti morali.
Disegno (in aiuto della scrittura). Disegno di linee verticali, orizzontali e oblique. Disegno di angoli retti, di quadrati e di rettangoli. Contorni di oggetti semplici come: usci, finestre, cassettoni, sedie, armadi, bicchieri, calamai ecc..


Classe Quinta. Primo bimestre
. Lettura e spiegazione: lettura corrente ed espressiva. Riassunto del passo letto. Spiegazione delle parole, dei modi, dei costrutti meno facili. Lettura in casa e riassunto, a voce, a scuola. Uso del vocabolario. Distinzione delle parole declinabili dalle invariabili. Conoscenza delle parole invariabili più frequenti nel discorso. Richiamo con pratici esercizi sull’uso del tu, del voi, del lei. Dichiarazione di proverbi popolari d’uso più comune. Esposizione di fatti di cui l’alunno sia stato soggetto o spettatore. Scritture d’uso comune nella vita privata: domande, ordinazioni. Letterine famigliari. Prose e poesie di scrittori contemporanei, le quali abbiano attinenza con le varie nozioni di storia, igiene, scienze fisiche e naturali e con quanto altro la scuola stessa offre occasioni per l’indirizzo morale e civile degli alunni. Cenni sui principali autori delle prose e poesie dettate.
Aritmetica e geometria Richiamo delle nozioni apprese in quarta classe. Le quattro operazioni sugli interi e sui decimali. Esercizi orali e scritti in cui entrino le nozioni di sistema metrico con applicazioni anche alle misure di agraria e di uso commerciale
Classe Quinta. Quinto Bimestre. Grammatica studio pratico della proposizione: proposizione semplice, composta e complessa. Distinzione del complemento diretto e indiretto. Calligrafia. Gli alunni saranno esercitati nel corsivo commerciale su speciali quaderni. Si esigerà poi che ogni lavoro sia scritto con quella nitidezza che piace all’occhio e aiuta a far bene i compiti assegnati.
Aritmetica e geometria Conoscenza dei principali corpi solidi rotondi: cilindro, cono, sfera. Misurazione pratica dei medesimi. Addizione e sottrazione di frazioni eterogenee. Esercizi e problemi. Calcolo di espressioni per avviamento alla soluzione di problemi sulla regola del tre. La proporzione, proprietà fondamentali e ricerca del quarto proporzionale. Disegno Il disegno si eseguirà specialmente come sussidio all’insegnamento della geometria. Disegno con strumenti, di figure geometriche semplici e composte aventi carattere ornamentale. Disegno di oggetti su modelli riguardanti le arti e i mestieri. Disegno con strumenti e a mano libera di mobili e costruzioni più comuni.
Scienze naturali e fisiche Idea della macchina in generale. Macchine semplici: fune, ruota, argano, vite, cuneo, leva… Lavoro a mano e a macchina. Nozioni elementari di zoologia…Semplici cognizioni di botanica… Alcune piante medicinali… Nozioni elementari di tecnologia dei legnami. Varie specie di legnami … Metodo pratico di fare ed applicare i colori a olio e a guazzo sul legno… vari tipi di colla…

 Sto leggendo un libriccino che riporta i “Programmi Particolareggiati” per le Scuole Elementari della città di Ascoli Piceno, con visto del Regio Ispettore, firmati dal Direttore Didattico e da distribuire agli insegnanti. L’anno è il 1908. Riporto qui per brevità solo alcuni elementi che più colpiscono e confrontando solo dalla prima classe alla quinta, saltando le intermedie, e la “sesta”.

Si tratta di programmi che ancora risentono della ispirazione positivista, sia pure “mediata” da pensatori come il Lambruschini che coniugava ispirazione cattolica e cultura delle scienze…

Non vi è qui spazio per un commento puntuale ed analitico: vi sono spunti che non posso riportare, ma di grande significato. Per esempio contenuti di insegnamento/apprendimento di riferimento diretto alla vita pratica e quotidiana come Elementi computisteria pratica. Scritture d’uso più frequente: fatture, ricevute e quietanze, obbligazione, cambiale, inventario. Tenuta dei conti di una azienda domestica, registro di cassa; conto di una famiglia presso un negozio con nota di acconti; idea del bilancio (Classe quinta).
O ai Lavori donneschi come: Seconda calza. Lavori all’uncinetto. Impuntura dritta (Classe terza) o come Camicia da donna con sprone o senza, insegnamento di tutti i punti necessari per i diversi capi di biancheria. Lavori all’uncinetto: pizzi diversi …Bucato dei pannolini bianchi… stiratura…(Classe Quinta).

E ancora per Educazione morale: diritti civili, eguaglianza dei cittadini, libertà individuale, inviolabilità di domicilio, diritto di associazione…Diritti politici…  Conoscenza dei principali doveri del cittadino: rispetto dei diritti altrui, rispetto delle leggi e della autorità, difesa dello Stato, pagamento dei tributi, esercizio cosciente dei diritti politici e delle pubbliche cariche… (Classe Quinta).
E ancora Lezioni di cose (un paradigma della pedagogia positivista): nomi di arti e mestieri esercitati dai padri degli scolari… il ferro, il fabbro ferraio… principali oggetti fatti con il ferro… piante tessili con riguardo alla canapa, cereali…

Pensieri

Il primo pensiero formulato durante la lettura è una sorta di autoinvito: dovremmo (dovrei) ridare alla “questione scuola” uno spessore storico che provi a sfondare l’orizzonte rituale dei riferimenti che ci(mi) sono usuali e che ci(mi) ripetiamo in una sorta di giaculatoria salvifica. I programmi della Media unificata del 1979… i programmi delle elementari dell’85…le indicazioni della scuola dell’infanzia… Come se la nostra storia iniziasse da lì. O meglio come se la storia della scuola italiana fosse quella della “nostra storia” individuale, di docenti, presidi, ispettori…E vale anche per quei riferimenti che si avviano a similari mummificazioni rituali (le “nuove” indicazioni, le “competenze”… ecc..).
Naturalmente vi sono sensati motivi per giustificare tale istintiva limitazione di orizzonte: è, quella che ricordiamo, la fase storica nella quale la scuola italiana è diventata “di massa” e dunque ha interessato l’universo (quasi) delle giovani generazioni.
In realtà il giacimento da coltivare è assai più ampio e forse lo si può scorgere anche guardando attentamente questo libretto.

Provo a riassumere i pensieri che mi suggerisce in prima battuta quella lettura.

1.      E’ ovvia l’avvertenza di “situare” storicamente questi sia pure stimolanti “programmi” di insegnamento elementare. All’epoca era appena andata in vigore le Legge Orlando (1904) che portava a sei anni la durata dell’istruzione elementare ( e il libriccino citato riporta anche in parallelo programmi per il quinto e sesto anno). Fino ad allora la scuola elementare era di cinque anni e l’obbligo fino la terza classe. (Legge Coppino 1877).
Si tenga conto che l’affermazione dell’obbligo era comunque largamente “formale”, e certo non investiva l’universo generazionale. E così rimase per lungo tempo.
Se volessimo fare una battuta: siamo di fronte al primo tentativo di strutturare il “primo ciclo” in sei anni. Molto più tardi provò a consigliarcelo l’OCSE all’epoca del Ministero Berlinguer (primissima ipotesi di riforma dei cicli 6+6). Ma come si sa fu rivolta dei docenti…Mai turbare il consolidato!! E’ un paradosso ormai comprovato: con una riforma, a prescindere dal merito, si rischia di rendere vano ciò che sembra soddisfare di più il mondo della scuola: l’eterna invocazione della necessità di riforme… La scuola, come ecclesia semper reformanda (unico spunto luterano ammesso nella nostra cattolicissima cultura ..). Se la fai, l’invocazione perde scopo…
Poiché per la stragrande maggioranza (la quasi totalità) del popolo italiano quello elementare era il livello massimo di istruzione, si comprende come “il fanciullo” cui ci si riferisce sia guardato come un ”immediatamente prossimo” adulto e dunque l’istruzione si carica di un insieme di contenuti essenziali al vivere quotidiano. Nulla di assimilabile alla condizione attuale.
Mi preme sottolineare qui però, la correttezza “realistica” del riferimento. Chi ha steso questi programmi non sta guardando ad una “astrazione pedagogica”, ad una sorta di idealtipo di fanciullo, con nessun rapporto con la realtà; sta invece individuando il soggetto concreto e i realistici e necessari traguardi della sua istruzione.
Rileggete invece, per favore, il profilo dello studente in uscita dal primo ciclo (
[1]) come è stato redatto nelle indicazioni nazionali in vigore … Io dico spesso che applicando tali indicazioni a me stesso oggi, mi sento totalmente inadeguato… Ma, al di là della battuta, è chiaro che quel profilo, apollineo, non ha nulla a che fare con un preadolescente reale con le sue caratteristiche “dionisiache”. E’ come se scegliessimo, come guida del lavoro formativo, non il soggetto reale, ma la sua ricostruzione idealtipica. ([2])
Confesso di non essere un pedagogista né tanto meno un didatta. Quando parlo di formazione, specie a livello di base, uso sempre una metafora: “portare i cuccioli nella foresta e insegnare loro a cacciare..”. Si tratta cioè di accompagnare la crescita del soggetto e della sua autonomia mettendolo in condizione di affrontare i problemi basilari e concreti del vivere quotidiano e di esercitare le sue prerogative di cittadino. La “propedeuticità” agli studi successivi, è solo una variante aggiuntiva, e spesso impropria, se diventa principio-guida, spesso implicito.
Ma per questo “accompagnare i cuccioli…” ho bisogno di lavorare con loro, non con le immagini idealtipiche ricostruite da qualche estensore di programmi o indicazioni..… e quel lavoro si misura con problemi reali e con “cose”.
E certo, negli esempi portati di quel libriccino, l’impostazione positivista si sente proprio a partire da quel richiamo a “Insegnamenti di cose” e nei loro richiami a lavoro, mestieri, macchine, tecniche varie, che comunque accompagnano il vivere quotidiano.

2.      Il secondo elemento che balza agli occhi proprio a partire da tale realistica attenzione al soggetto di cui si parla (lo scolaro di “quella” scuola elementare che per la maggior parte del popolo era “terminale”), se confrontiamo con l’oggi e con una analoga e realistica attenzione al soggetto che abbiamo di fronte (non a quello delle “indicazioni”), è la miscela specifica di “anticipi e ritardi” che conforma gli attuali studenti, rispetto a quelli a cui guarda il libretto. Non ci sono “più avanti” o “più indietro” ma una combinazione di anticipazioni di saperi e di “padronanze” con “ritardi” rispetto ad altri saperi ed altre padronanze.
Noi amiamo certe generalizzazioni come quella (purtroppo di successo mediatico..) di “nativi digitali”… Dovremmo invece (se vale la metafora dei cuccioli che devono imparare a cacciare..) misurarci in modo specifico su quella combinazione di ritardi e anticipi e decidere cosa davvero è necessario che i cuccioli imparino per “vivere” nel mondo reale che li aspetta…
Per esempio il digitale rielabora un circuito mano-occhio (sensi)-cervello, mediato da una tastiera o meglio ancora da uno schermo touch, di grande potenza, ma che è “attrezzato” in modalità specifiche. Per esempio la mano è guidata dall’indice, e, addirittura, il pollice muta funzione, da elemento di “presa” a assimilazione strisciante/indicativa dell’indice…(si preannuncia la fine del pollice opponibile?)
Il circuito siffatto rielabora intervalli stimoli-risposta sempre più ristretti e che abilitano una sovra moltiplicazione di tentativi-errori (copia-incolla-taglia- ricomincia). Quasi rendendo superflua l’analisi e “inutile”  il tempo che essa richiede.
Gli scolari del libretto avevano il medesimo circuito mano-occhio(sensi)- cervello (è costrutto basilare di ogni antropologia) attrezzato però diversamente: disegnavano con attrezzi e senza, usando le mani… scrivevano impugnando e stringendo (funzione fondamentale del pollice…). Il tempo tra lo stimolo (visivo, auditivo, da lettura, da immagine…) e la risposta richiesta era mediato “obbligatoriamente” dalla riflessione (si guardi alle indicazioni relative al fare conversazioni istruttive…o a riportare riassunti orali di letture…).
Qui, non trattandosi di formare “professionisti” ma di “insegnare ai cuccioli a cacciare” occorre decidere cosa sia opportuno conservare e abilitare delle vecchie e nuove attrezzistiche del circuito mano-occhio (sensi)-cervello…. Oggi Pierino può, se vuole, disegnare i baffi alla Gioconda, come un novello Duchamp, ma senza saper tenere in mano un pennello… Può disegnare una circonferenza perfetta sullo schermo, con un solo gesto approssimato, e senza saper usare il compasso… Bene: se farà l’architetto potrà dimenticarsi di riga, compasso, squadra… Per lui saranno “fossili” di altra epoca. Ma per cucciolo che deve imparare a cacciare, possiamo davvero considerare tali attrezzature come fossili? So di toccare un vespaio, ma non mi interessano le risposte “teoriche” da apocalittici o integrati, da chi guarda alle sorti magnifiche e progressive della digitalizzazione o di chi pensa che provochi disturbi psichici (c’è anche questo nel dibattito…). Se qualche cosa mi dice questo libretto di un passato inconfrontabile con l’oggi è che comunque “bisogna decidere” cosa è utile ai cuccioli… anche misurarsi con i fossili, se la loro padronanza è utile per “imparare a cacciare”. Il pollice che stringe e getta, serve comunque, o va bene lasciare che si assimili ad un indice che sfiora e preme? L’algoritmo della radice quadrata è comunque utile impararlo ed esercitarsi  anche se lo si dimenticherà? Non c’è una “risposta teorica”: c’è da misurarsi con “le esigenze della caccia”

3.      Un’altra dose di realismo (pedagogico?) spira dalle parole di quel libretto. Lo si recupera dalle “ricette” relative all’imparare a scrivere e a fare di conto. Si tratta di ricette fortemente prescrittive: esercitarsi sulle aste, sulla pagina reticolata… fino a giungere ad una scrittura in corsivo con quella nitidezza che piace all’occhio e aiuta a far bene i compiti assegnati. (A conforto di quanto va sostenendo Benedetto Vertecchi sulla necessità del corsivo sulla base delle sue recenti ricerche).
Potremmo ripetere l’osservazione sul fare di conto, sul calcolo mentale, sulle quattro operazioni, sulle “proporzioni”, sul “tre semplice”: ma anche sulle nozioni di computisteria pratica, sul “fare i conti” nella bottega con gli anticipi o sulla “ idea del bilancio” famigliare.
Non mi interessano qui dissertazioni particolari su quegli esercizi: valgono, estendendole,  le considerazioni relative ai fondamenti antropologici della connessione circuitale mano-occhi (sensi)-cervello e sulla attrezzatura necessaria per esercitarla nella “caccia nella foresta”.
Voglio invece sottolineare come in quella “pedagogia” si dia per scontato che l’apprendimento è (anche) legato a fasi ripetitive, esercitative, “obbligate”, di scarsa o nulla “creatività” o libertà di espressione del discente.
E, se mi permettete una opinione personale, è proprio così. Io credo che l’apprendimento avvenga “per rottura” e discontinuità (alla faccia del predicato della “continuità” che sembra un feticcio della scuola italiana, ma forse riguarda la collocazione dei docenti..) … Ci sono teoremi di matematica che studi ed impari, ma che solamente un giorno insospettato, all’improvviso, ne capisci fino in fondo il significato, come fosse una scoperta… Ma guai se non ci fosse quel lavoro quotidiano, noioso, ripetitivo, coercitivo esercitativo a monte, nella quotidianità dello studio.  Non ci sarebbe neppure “illuminazione”. In una lettera, Mozart dice ad un amico (cito a memoria e non dettaglio…) riferendosi ad una nuova composizione “  .. Ce l’ho tutta in testa… devo solo mettere giù le note…”. Certo, se fin da piccolo il padre non l’avesse obbligato a misurarsi con la ripetitività di note e scale…. Formazione, bildung, costruzione. Per Tommaso “forma hominis juxta propria principia…” e dunque “potature di formazione” come allevare una pianta. Se voglio mettere un tutor ad un olivo, non ci metto un altro olivo, ma un palo dritto.
Credo, temo, che a quella attività ripetitiva, coercitiva, esercitativa diamo poco peso nella scuola “moderna”. Anche in tale caso non mi interessano richiami fondamentalisti… credo si tratti di “decidere”, e in quale misura, alcune cose servano ai cuccioli per ciò che essi sono e per la loro caccia… e farle.
Naturalmente moderni appassionati della rielaborazione del costrutto di “competenza” troveranno nelle affermazioni di quel libretto tante conferme sulla “modernità” delle loro “scoperte”. E anche sulla “novità” dei “compiti di realtà”. (Se togliamo l’attributo in nome del politicamente corretto, quell’elenco di Lavori Donneschi è una miniera). Posso solo aggiungere che, ovviamente, in quella inevitabile fase ripetitiva, esercitativa, coercitiva, bisognerà pure “simulare”. Per insegnare a cacciare sarà bene non metta in mano al cucciolo subito una lancia o una spada… comincerò con canne di bambù…Poi arriverò, e sarà un “rito fondamentale”, alla lancia vera… (A proposito di simulazione: ricordo che, constatato che la moderna città “mercantile” non poteva assolvere al compito ideale della polis paideia, i Gesuiti, che hanno insegnato ad insegnare a tutti noi, costruirono quella “simulazione” di città che erano i loro collegi dal XVI secolo… e in quella dimensione collettiva totale avveniva la formazione. In quella tradizione si muovono i college anglosassoni. Ma in proposito vedi alcune affermazioni di Gramsci sulla superiorità di una formazione in contesto collettivo, da collegio o convitto. Recuperare la “Ratio Studiorum”, e scoprire come chiamiamo oggi le didattiche esercitate fin da allora. Speech, Debate o Disputatio?)

4.      Mi rendo conto che, nel confronto oggi-ieri, sto forzando l’argomentazione. Proprio la scuola elementare (pardon: primaria..) nella sua concreta vita ha mantenuto e mantiene l’attenzione a numerose delle osservazioni qui fatte, spesso nella saggezza e tradizione dei maestri più che non nei programmi. Ma la polemica mi serve per richiamare come ancora ci pesi addosso non risolto e spesso in modo occultamente operativo il “modello” gentiliano.
E sia chiaro non mi riferisco al filosofo (in fondo fu ministro per due anni… meno della Moratti o della Gelmini…), quanto agli effetti dell’incontro e miscela tra l’idealismo e gran parte della cultura conservativa cattolica. (Vi sono lettere di Gentile, non più ministro, che si lamentava del “gentilismo” della amministrazione scolastica: lui aveva posto la Filosofia come architrave della istruzione superiore. Nei programmi ministeriali si trovò  la “storia della filosofia”. Un tradimento del suo stesso pensiero, e il primato riconsegnato “alle Lettere”. Ma si sa: il Latino “insegna a pensare”. La Matematica o le Scienze, o la Filosofia no  .. ). Che la nostra tradizione sia in realtà più “crociana” che “gentiliana”? Forse si capirebbe così come mai una certa “nostalgia” di una certa sinistra… aveva pensato di risolvere la cosa con un GAP, per ritrovarsi a fare convegni sulla superiorità critica del Liceo Classico gentiliano.
Anche qui, non essendo un pedagogista e tanto meno un didatta non ne faccio una questione teorica. Mi basta considerare che il modello gentiliano toglie “consistenza ed autonomia propria” alla fase di formazione che io ho indicato come “portare i cuccioli nella foresta…”.
I livelli basilari della formazione acquistano invece senso solo se considerati “teleologicamente” propedeutici alla “vera” formazione che è quella del Liceo. Un sistema di istruzione che è gravitazionalmente proiettato verso l’istruzione superiore: quello che precede ha senso solo in vista di ciò che segue.
Il responsabile del settore istruzione della Commissione Alleata che assunse il governo dell’Italia occupata nell’immediato dopoguerra nella fase di transizione, era un allievo seguace di Dewey (Washburne). Lasciò in eredità al futuro Governo italiano una proposta di revisione del sistema scolastico improntata al pensiero deweyano, incontrando l’ostilità in particolare della scuola cattolica. Le sue proposte rimasero lettera morta fino ad essere esplicitamente smentite con i programmi Ermini un decennio dopo.
E tuttavia qualche cosa di “scuola attiva” penetrò nella scuola elementare del tempo. Anche se è difficile scordare l’amarissima ironia di certi passaggi di Mastronardi nel “Maestro di Vigevano”.
Ciò che conta in tutte queste argomentazioni: questo implicito “aristocraticismo” che pone come gravitazione dell’intero sistema l’istruzione superiore (e  “quella” istruzione superiore) accompagna la incapacità storica delle classi dirigenti italiane di strutturare un sistema di istruzione “di massa”. Come dico spesso, mandiamo “tutti a scuola”, ma costringendo i cuccioli in un contenitore che non è “una scuola per tutti”.

Un’ultima considerazione a dare qualche ulteriore ragione alla pazienza del lettore che sia giunto fin qui. Dobbiamo sempre ricordare che la scuola funziona sul lavoro di persone che costruiscono la loro cultura professionale, le loro interpretazioni di ruolo, i loro immaginari e i significati sociali della loro funzione, nell’arco di decenni di apprendimento, formazione, esercizio professionale. Certo la formazione può essere continua e sollecitata, ma i modelli e i costrutti di fondo tendono a riprodursi. Quando ci si cimenta con proposte che vorrebbero essere radicalmente innovative, magari attraverso qualche documento ministeriale o suggestione di tecniche nuove, bisognerebbe sempre ricordare quella “costanza” di costrutti di fondo. E non scambiare l’innovazione per qualche magari affascinante tocco di cosmesi.

 


[1] “Lo studente al termine del primo ciclo, attraverso gli apprendimenti sviluppati a scuola, lo studio personale, le esperienze educative vissute in famiglia e nella comunità, è in grado di iniziare ad affrontare in autonomia e con responsabilità le situazioni di vita tipiche della propria età, riflettendo ed esprimendo la propria personalità.
Dimostra una padronanza della lingua italiana tale da consentirgli di comprendere enunciati e testi di una certa complessità, di esprimere le proprie idee, di adottare un registro linguistico appropriato alle diverse situazioni.
Nell'incontro con persone di diverse nazionalità è in grado di esprimersi a livello elementare in due lingue europee. Allo stesso modo riesce ad utilizzare una lingua europea nell'uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: posta elettronica, navigazione web, social network, blog, ecc..
Le sue conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche gli consentono di analizzare dati e fatti della realtà e di verificare l'attendibilità delle analisi quantitative e statistiche proposte da altri. Il possesso di un pensiero razionale sviluppato gli consente di affrontare problemi e situazioni sulla base di elementi certi e di avere consapevolezza dei limiti delle affermazioni che riguardano questioni complesse che non si prestano a spiegazioni univoche.
Utilizza in modo sicuro le tecnologie della comunicazione con le quali riesce a ricercare e analizzare dati ed informazioni e ad interagire con soggetti diversi.
Possiede un patrimonio di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e di procurarsi velocemente nuove informazioni e impegnarsi in nuovi apprendimenti anche in modo autonomo. Ha assimilato il senso e la necessità del rispetto delle regole nella convivenza civile. Ha attenzione per il bene comune e per le funzioni pubbliche alle quali partecipa nelle diverse forme in cui questa può avvenire: volontariato, azioni di solidarietà, servizio civile, ecc.
Dimostra originalità e spirito di iniziativa. Si assume le proprie responsabilità e chiede aiuto quando si trova in difficoltà. In relazione alle proprie potenzialità e al proprio talento si impegna in campi espressivi ed artistici che gli sono congeniali.”

[2] Ho sviluppato il tema in ““Sono un portatore (sano?) di BES” http://www.pavonerisorse.it/scuolaoggi/portatore_sano_bes.htm  e  “La/le Geometrie del Curricolo” in   La scuola e l’uomo, n- 7/8, 2014