(20.01.2017)
A
proposito di voti
Cinzia Mion
Mi è stato detto:- Lascia perdere, l’opinione pubblica è per
i voti. Non può capire. Ognuno fa riferimento alla propria esperienza
scolastica. Siccome tutti sono andati a scuola allora pensano di essere
autorizzati a dire la loro opinione con
grande sicumera, anche se il problema è tecnico e molto delicato……”
Ma, e i politici?- I politici seguono la corrente del consenso…
Ma, e i giornalisti?- I giornalisti si rivolgono ai loro opinionisti
a prescindere dalle competenze…Sono andati a scuola? Sono laureati?
Allora sono adeguati ad affrontare tale problematica…
Ma, e i docenti?- I docenti della scuola primaria, in genere sono d’accordo con
l’abolizione dei voti numerici…
E quelli della scuola secondaria di primo grado, ancora scuola dell’obbligo?-
Mah, ad occhio e croce quelli lì vogliono i voti…
Ma e i genitori? –I genitori dicono che preferiscono i voti, fanno prima a
sapere se devono preoccuparsi oppure inorgoglirsi…
Mi ritrovo ora a decidere se prendere il computer e dire anch’io la mia o
mettermi da una parte ed ammettere la mia sconfitta, mia e di tutto il gruppo
del Forum veneto delle Associazioni professionali della scuola che recentemente
si è espresso in modo molto argomentato sul problema della valutazione
scolastica e sull’abolizione dei voti numerici.
Decido di “resistere”e comincio ad affrontare un problema alla volta.
Cominciamo dall’opinione
pubblica : ma cosa ne sa della valutazione scolastica, cosa conosce
della valutazione sommativa e della valutazione formativa, cosa sa della
correttezza docimologica che impedisce che la
misurazione delle prove coincida con
la valutazione… E’ a conoscenza che
quest’ultima deve rispondere a dei
criteri precisi decisi dai collegi dei docenti e riportati nel POF?.
L’opinione pubblica risponde così,
d’emblèe, come risponderebbe se le chiedessimo cosa è “meglio essere bravi o
non essere bravi? Studiare o non studiare?”
Passiamo ora ai
politici: avranno il coraggio di scontentare una parte
dell’elettorato in nome della coerenza
e del bene della scuola e dei ragazzi? Dico della coerenza perché “Le
indicazioni nazionali per il curricolo della scuola del primo ciclo di
istruzione” parlano di valutazione formativa e questa non va di sicuro d’accordo
con i voti numerici. Come la mettiamo?
Voti numerici re-istituiti con la ministra Gelmini. Era in funzione un governo
di destra.
Valutazione formativa richiamata dalle indicazioni, ministro Fioroni, e
confermate con le indicazioni 2012, ministro Profumo. E’ in funzione un governo
di sinistra (che finora non ha ancora abolito i voti numerici)
Ma allora cosa significa “Valutazione formativa”? Il busillis sta proprio qui.
La valutazione formativa si contrappone a quella “sommativa”. Quest’ultima si focalizza sul prodotto, sul risultato, ascrive la responsabilità dell’eventuale mancato apprendimento ai ragazzi: svogliati, bighelloni, poco intelligenti, demotivati, indisciplinati, ecc. Meritano “voti” negativi, insufficienti (anche molto negativi, irrecuperabili attraverso una media “aritmetica, che tutti conosciamo ma che dal punto di vista della correttezza docimologica è un buco nero. Buco nero che impedisce il “recupero dell’errore”).
La valutazione formativa si focalizza invece sul processo, raccoglie moltissime osservazioni informali, micro verifiche altrettanto informali, per cogliere le eventuali lacune, smagliature nelle competenze pregresse dei ragazzi su cui poter intervenire immediatamente, in tempo reale, per recuperare i deficit attraverso una strategia didattica più adeguata, una modalità laboratoriale, attenta al recupero, attraverso una attenzione mirata a sostenere la motivazione, utilizzando l’accortezza di garantire l’autoefficacia a tutti, pena l’abbandono. Infatti il ragazzo che si sente dimesso mentalmente dal docente, e che non avverte più di essere all’altezza dei compiti affidati, difficilmente si applicherà.
La valutazione formativa allora ascrive il mancato apprendimento alla competenza professionale, alla didattica alternativa, alla sensibilità e alla passione dei docenti che devono autointerrogarsi sul loro insegnamento. Si autointerrogano e, se sono onesti, si rispondono che per continuare a poter insegnare in modo innovativo ed inclusivo, per aspirare alla comprensione profonda delle conoscenze da parte dei loro allievi, devono trasformare le loro didattiche, devono modificare i loro copioni di prassi, devono escogitare dei modi per aiutare anche gli alunni ad autovalutarsi per il loro miglioramento. Devono inoltre saper investire energie anche per scoprire i “talenti” dei loro alunni, sapere come farli affiorare, non investire solo sul merito; saper attivare le motivazioni autentiche verso il sapere, fra cui la curiosità e il desiderio di essere competenti, che alimentano una relazione estetica con la conoscenza , relazione “autogratificante” che non ha bisogno di premi.
Ed allora cari giornalisti, cari politici, cari docenti , cari genitori in questo orizzonte di professionalità rinnovata, in cui sono i docenti ad autovalutare la loro professionalità e a decidere eventualmente di chiedere aiuto ai colleghi, a rimettersi a studiare, a richieder una formazione adeguata,ecc. che ci azzeccano i voti numerici agli alunni?
La valutazione formativa richiede una
legenda sotto la verifica più formale
in cui il docente sottolinea gli aspetti padroneggiati, quelli in bilico, quelli
da riprendere in mano dall’inizio (insieme, non consigliando lezioni
private!).
Solo così il docente stesso, ma anche il genitore, nonché l’alunno sapranno
quali sono i livelli di padronanza raggiunti e su quali aspetti della competenza
titubante dover concentrare invece l’attenzione. E’ completamente falsa
l’affermazione, del battage pubblicitario in favore dei voti, che questi sono
“più chiari”. I ragazzi di fronte al voto si affrettano a fare la “media” senza
nemmeno preoccuparsi di analizzare l’errore per recuperarlo. Ciò che permettono
i voti è soltanto una classifica
all’interno della classe, ma nella scuola soprattutto dell’obbligo, la
classifica non serve o meglio serve ad attivare uno sterile investimento
narcisistico nei ragazzi più competitivi, e nei loro genitori. Anche perché
finché la scuola italiana continua ad essere la scuola delle “risposte esatte” e
non della comprensione significativa (Wiggins, Gardner,ecc) e del pensiero
riflessivo in grado di interpretare il mondo e i suoi eventi, valgono le parole
sacrosante di Gardner:
la scuola invece persegue il
“compromesso delle risposte esatte”ed
usa i voti come moneta falsa come il denaro dei Monopoli.
Le risposte esatte nell’era digitale si ottengono con un click; bisogna perciò rivedere il ruolo della scuola che continua a funzionare, non sempre per fortuna, come cinquant’anni fa.
Tutte le persone di scuola coscienziose, e per fortuna sono molte, sanno che la comprensione duratura, pregnante, deve essere posseduta in modo da essere facilmente utilizzata in contesti diversi, nei quali serve a chiarire una situazione o un problema. Le prove Invalsi, tanto vituperate strumentalmente, aiutano a capire questa connessione, basta andare nel loro sito per catturare i processi cognitivi soggiacenti allo stimolo costruito dagli specialisti disciplinari.
E poi una delle competenze richieste dal mondo del lavoro è la capacità di lavorare in gruppo che si acquista con la cooperazione (cooperative learning) non con il clima competitivo che tutti denunciano si sia attivato dall’introduzione dei voti numerici.
Un consiglio spassionato anche alle scrittrici che si improvvisano psicopedagogiste : lasciate perdere le mastrocolate, fanno male a tutti, in primis alla scuola vera, innovativa, adeguata ad affrontare le sfide del terzo millennio.
Termino con l’invito rivolto ai docenti: mandate una lettera alle Commissioni delle Camere e segnalate in che cosa consiste una valutazione utile e corretta sul piano scientifico-docimologico e come sia indispensabile abolire i voti numerici per permettere alla valutazione formativa di diffondersi effettivamente.