(20.09.2014)
L'inglese
non si raccatta per strada (pillola n. 3)
di Laura Biancato
L’insegnamento della lingua inglese entra nel documento "La
buona scuola" alla sezione 4: Ripensare ciò che si impara a scuola.
Sì…ripensiamoci, e in fretta , per cortesia.
La conoscenza dell’inglese (non “una” lingua straniera ma “la” lingua straniera)
è una competenza fondamentale. Dominare questo idioma ci facilita la vita. Ci
aiuta nelle piccole incombenze quotidiane (leggere istruzioni non tradotte in
italiano, accedere ad informazioni…) come nelle occasioni speciali (viaggi,
amicizie…). E’ uno dei requisiti maggiormente apprezzati in un curriculum. l
Il sistema d’istruzione nazionale dovrebbe quindi garantirne l’apprendimento,
sviluppando un percorso formativo fin dai primissimi anni (scuola
dell’infanzia), tenendo presente che una vera competenza in lingua straniera si
determina essenzialmente nella capacità
di comunicare in modo disinvolto, spedito e adeguato al contesto.
Il che vuol dire: acquisire una pronuncia corretta (sorvolando sui vari accenti,
per lo meno “non italianizzata”…), una base grammaticale sicura, un lessico
ricco, registri comunicativi adeguati alle situazioni, la conoscenza delle frasi
fatte, e pure la consapevolezza che la lingua (in particolare l’inglese) cambia
velocemente nel tempo.
La mia opinione è che il nostro sistema scolastico non sia attrezzato ad offrire
questo percorso.
I recenti dibattiti sull’argomento, complice un Ministro non troppo informato,
stanno generando sempre più confusione e false aspettative nelle famiglie. Si
distoglie l’attenzione dalla situazione attuale, che va “curata” prima di
aggiungere altro. Ben venga il CLIL (cioè l’insegnamento di una o più materie
curricolari in lingua straniera), quando avremo sanato gli errori, devastanti,
degli anni passati.
L’introduzione di una lingua straniera alla primaria risale ai programmi
dell’85. In quegli anni partirono molte sperimentazioni, in particolare promosse
dagli allora IRRSAE (Istituti Regionali Ricerca Attività Educative, poi
soppressi) sull’insegnamento precoce delle lingue straniere e si iniziarono ad
attivare percorsi all’interno delle scuole elementari. L’inglese fu
generalizzato come L2 nel 2003 con la Riforma dell’allora ministro Moratti, che
con un provvedimento del tutto incoerente avviò allo stesso tempo l’eliminazione
progressiva dei docenti “specialisti”. La Riforma Gelmini, nel 2008, completò
l’opera, gettando a mare vent’anni di esperienza, buone pratiche e competenze
dei docenti
Da qualsiasi angolazione la si voglia vedere, questo è il nodo centrale; il
problema da risolvere se davvero si punta su uno sviluppo delle competenze che
raggiunga gli obiettivi sopra descritti.
Gli “specialisti”, a differenza degli “specializzati”, sono docenti che svolgono
in toto il loro servizio insegnando inglese in più classi. Gli specializzati,
per contro, in un concetto di unicità della docenza, insegnano, oltre a tante
altre materie, “anche” l’inglese. Va da sé che gli specialisti siano stati e
siano in larga misura buoni esperti, laureati in lingue, o comunque docenti che
hanno sviluppato una competenza specifica nel loro percorso di studi, con
esperienze all’estero o nei progetti europei.
In applicazione alle riforme Moratti e Gelmini, siamo arrivati ad una situazione
di progressivo abbassamento della qualità in quest’ambito. Si è tolta la
possibilità ai veri esperti di coprire l’insegnamento dell’inglese in più
classi. Paradossalmente, si è determinato un danno che non ha fatto risparmiare
nulla allo Stato. Il calcolo dell’organico della primaria è infatti frutto di
un’operazione molto semplice: ore di scuola complessive nei plessi di un
istituto, diviso 22 ore di servizio (cattedra). Che le cattedre siano di inglese
o su posto comune non cambia nulla.
Se si vuole davvero colmare lo svantaggio e fare in modo che i nostri ragazzi
siano aiutati a conoscere sufficientemente le lingue, e l’inglese in
particolare (come afferma il documento), bisogna intervenire con urgenza
modificando gli errori e le dimenticanze del passato.
Vediamo come:
i docenti di inglese, sin dalla scuola dell’infanzia, devono essere “specialisti”, con incarico esclusivo di insegnamento della lingua straniera. Laureati in lingue o laureati in scienze della formazione, anche se madrelingua: non è detto che “madrelingua” corrisponda automaticamente a “buon insegnante di inglese”. Sarebbe come dire che qualsiasi italiano potrebbe insegnare la sua lingua a scuola… Ci vuole, subito, un decreto che ripristini la figura dello specialista e faciliti il rientro delle migliaia di esperti ormai rientrati ad insegnare matematica o musica o altro! E’ una decisione saggia e a costo zero. Ne “La buona scuola” pare ignorata, mentre è una conditio sine qua non…
in termini di formazione, il documento del governo salta a piè pari alla “preparazione dei docenti per l’insegnamento delle loro discipline in lingua straniera”. Ottimisti! Ai docenti di ogni ordine e grado sprovvisti di competenze nella comunicazione in lingua inglese il Ministero, come un normale datore di lavoro, ha prima l’obbligo di proporre una formazione estesa, gratuita e a differenti livelli. Non solo perché il CLIL è un’ottima metodologia che richiede che ogni docente possa utilizzare come mezzo la lingua straniera, ma perché in inglese sono i MOOC più diffusi, i report e i documenti internazionali, insomma un’infinità di occasioni per migliorare la professionalità
bisogna aumentare le ore di inglese prima di parlare di CLIL. Non occorre essere esperti in glottodidattica per sapere che l’apprendimento di una lingua passa per la frequenza con cui se ne fa esperienza. All’infanzia non c’è ancora nulla di definito; in classe prima della primaria l’ora di inglese è una sola, due in seconda e finalmente tre (neppure molte) dalla terza classe fino alla terza media. Cinque è il numero magico. Guarda un po’, quello adottato nelle scuole paritarie che se lo possono permettere. Un’ora al giorno, la regola aurea delle lingue
l’inglese potenziato (5 ore di inglese) alla scuola secondaria di primo grado deve rappresentare una scelta reale per i genitori. Con i contorti meccanismi di attribuzione dell’organico (vedi pillola n.2), al momento si tratta di un salto nel buio. Si può discutere sulla necessità di apprendere o meno una seconda lingua straniera, ma visto che negli attuali ordinamenti l’inglese potenziato c’è, serietà vorrebbe che rappresentasse un’opzione certa.
si possono non rivedere i programmi, ma ripensare le metodologie ed aggiornare i docenti è urgente. Troppa grammatica e troppa letteratura imperano nelle aule delle scuole italiane, molto spesso un inglese “morto”, superato dai recenti e velocissimi cambiamenti di una lingua in costante evoluzione. Mentre scarseggia la pratica linguistica vera, quella che fa raggiungere disinvoltura e agio nella comunicazione.