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LA BUONA SCUOLA OGGI: Documenti e interventi su  "Piano Renzi" (settembre 2014)

(06.01.2016)

Il lato oscuro della forza
di Stefano Stefanel

 

         Il dirigente scolastico nella scuola dell’autonomia si occupa sia della parte didattica, sia di quella amministrativa, coadiuvato in questa ultima funzione dal Dsga. Si dà per scontato che sia il dirigente scolastico sia il Dsga – dovendo perseguire efficacia, efficienza ed economicità dell’istituzione scolastica – siano per loro natura degli sburocratizzatori e dei semplificatori e che debbano combattere contro la burocrazia ottusa che li circonda. Il rapporto tra burocrazia e funzionamento delle scuole è invece molto più complicato di così, e infatti molti Dirigenti scolastici e molti Direttori dei servizi generali nella realtà sono burocrati e non di poco spessore. Io credo che sia i Dsga, sia i dirigenti siano attratti dal “lato oscuro della forza”, cioè da quella tendenza alla burocrazia incontrollata, al controllo fine a se stesso, alla produzione di documenti lunghi perfetti e inutili.  Perché definisco la burocratizzazione come “il lato oscuro della forza”? Semplicemente perché come Obi Uan Ken Obi, Yoda e Luke Skywalker so che la forza (della scuola) viene spesso imbrigliata dentro le maglie orribili del suo lato oscuro (la sua onnivora e incombente burocrazia).

         Perché “lato oscuro della forza”? Molto banalmente perché quando si parla di scuola si pensa al maestro Manzi (un volto, una lavagna, delle parole), a don Milani (una stanza, bambini, un prete, foto in bianco e nero), alla mia maestra Maria Gottardo Ribano (le tabelline, la tombola geografica, “Per trovare…” prima di svolgere un problema), agli insegnanti e agli studenti del Liceo che dirigo, agli insegnanti e agli studenti dell’Istituto comprensivo in cui sono reggente. Insomma se penso alla scuola penso agli studenti e agli insegnanti. Il resto deve servire di semplice supporto, aiutare, ma non interferire. E invece non è così: il resto spesso ha una sua potenza indiscutibile fatta di graduatorie, reversali, programmi, bilanci, mansionari, piani delle attività, moduli, protocolli, ecc. C’è la forza (la scuola) e il suo “lato oscuro” (la tendenza della burocrazia ad avere vita propria che nulla ha a che vedere con il processo di apprendimento degli studenti). Ci si deve convivere, ma mai spostarsi in quella direzione, perché sennò ci si dimentica il motivo per cui facciamo scuola. Prendere atto che esiste una struttura amministrativa pensata per supportare e che invece tende a fagocitare ci può permettere di mettere a fuoco il problema nella sua gravità e di capire anche perché sempre più Dirigenti scolastici si proiettano sull’amministrazione occupandosi poco o nulla di didattica, processi formativi, apprendimento dei propri studenti. L’attrazione verso le carte, le mille questioni e grane quotidiane, le esigenze e le pretese del personale ausiliario, la passione per la modulistica da compilare centinaia di volte delle segreterie, l’ossessione del controllo tendono a dimostrare che non c’è tempo per analizzare, studiare e gestire il processo di formazione e apprendimento degli studenti, unica vera mission della scuola.

 

“LIBERA LA TUA COLLERA”

 

         Nel primo episodio di Star Wars il cattivissimo imperatore intima al Maestro Jedi attratto dal lato negativo della forza Anakin Skywalker: “libera la tua collera”. L’invito a passare al lato oscuro della forza attrae Anakin Skywalket che diventa Lord Dath Fener. Questa trasformazione attraverso un’attrazione potente e maligna la vedo quotidianamente anche nella scuola, dove forze oscure complicano le cose semplici, creando al contempo grande attrazione e grande interesse. Vediamo cosa intendo dire con un paio di esempi.

         Sia il DPR 275/99 sia la legge 107/2015 prevedono che le scuole abbiano un “piano” (sullo stile di quelli che Han Solo elabora in pochi secondi allorché si mette alla guida del Millenium Falcon). Il POF e il PTOF sono in realtà l’idea che ogni scuola ha di sé declinata su base progettuale, organizzativa, didattica e formativa e nascono da riunioni, incontri, confronti, scambi di stesure e documentazione. Erano e sono documenti su cui lavorano molte persone e che hanno una notevole leggibilità. Entrambi i documenti prevedono una definizione anche economica della loro realizzazione e la loro importanza sta proprio nel costringere la scuola a definire offerte formative e non libri dei sogni. Hanno una loro scansione legata alla durata dell’anno scolastico e sono fortemente predittivi. Correttamente la legge 107/2015 impone triennalità, anticipo dei tempi, collegamento con RAV e Piano di Miglioramento. Perché accanto a questa utilissima progettazione convivono documenti inutili, burocratici, che nessuno legge, che impongono grande lavoro e grandi controlli come il Programma annuale (con le sue variazioni al 30 giugno e novembre) e il Bilancio consuntivo? A cosa servono? A chi servono? Nessuno li legge, i consigli d’istituto li approvano in fretta, sono corredati da lunghe relazioni spesso tratte da fac simili, sono documenti che restano lettera morta in quanto nessun docente, nessun genitore, nessuno studente sa cosa farsene di loro. Anzi si passa un sacco di tempo a spiegare che quei documenti sono incomprensibili dagli stakeholder perché riferiti ad anno solare e non ad anno scolastico. Il “lato oscuro della forza” squaderna qui la sua assoluta potenza ed attrazione, non solo verso la struttura burocratica della scuola, ma anche verso il Dirigente scolastico che da importanza a ciò che è solo teoria cartacea: da qui la preponderanza di Programma Annuale e Bilancio consuntivo nel lavoro delle segreterie rispetto al Piano dell’Offerta Formativa, considerato spesso materia per docenti nonostante abbia una derivazione da una normativa di primo livello. La questione diventa paradossale ed anche psicologicamente incomprensibile quando si arriva ai revisori dei conti: i revisori dei conti non sono “superiori” di nessuno, possono fare rilievi al Dirigente scolastico, ma il loro arrivo terrorizza Dsga e segreterie. Perché? Semplicemente perché il controllo burocratico sulla correttezza di procedure astruse crea una grande paura e così i Dsga passano giornate intere a fornire di carta e ad integrare la carta al solo scopo di rendere soddisfatti i revisori dei conti. C’è un Piano dell’Offerta Formativa, c’è una possibilità per il Miur e probabilmente anche per il Mef di accedere alla “cassa” delle scuole attraverso procedure on line, c’è l’impossibilità di maneggiare soldi o di pagare in contanti: a cosa serve fare un Programma con annesse relazioni e un Bilancio consuntivo con annesse relazioni quando è tutto progettato, realizzato, visibile. Io non chiedo che qualcuno sia d’accordo con me, chiedo solo di spiegarmi perché si viene attratti da tutta questa documentazione prolissa, didatticamente inutile, formativamente inesistente, totalmente autoreferenziale. E perché i revisori dei conti terrorizzino quando analizzano solo la forma e non la sostanza.

         Un altro settore dove mi sembra che imperi “lato oscuro della forza” sono i consigli di classe. Qui Dsga e segreterie non c’entrano nulla, c’entra un’idea forte di adempimento: perché si riuniscono regolarmente i consigli di classe? In teoria per discutere e progettare la vita della classe, in realtà perché si deve fare così. Le nostre classi potrebbero essere aperte, per gruppi di livello, per attività, ecc ma i consigli di classe rimarrebbero “chiusi”. Così si passa molto tempo a discutere e verbalizzare per poi arrivare al momento dello scrutinio dove ognuno vota e decide come gli pare, incurante di quello che si è detto per mesi. Provate a fare ad un Collegio docenti questo discorso: “Aboliamo i consigli di classe come riunione periodica calendarizzata e con un ordine del giorno rigido e convochiamo i consigli quando serve per definire progettazioni, percorsi personalizzati (Bes, Dsa, H), visite e viaggi d’istruzione, libri di testo. Insomma lavoriamo a tema e non a calendario. I rappresentanti dei genitori li incontriamo quando è necessario e per definire viaggi d’istruzione e libri di testo”. Non appena fatta la proposta dovreste vedere in atto “il lato oscuro della forza” con gli insegnanti che contabilizzano le possibili riunioni, temono l’attivismo di quelli a cui piace riunirsi, vedono svanire il controllo su molti pomeriggi, insomma vedrete l’attrazione fatale verso i consigli di classe così come sono stati pensati dopo il ’68. Così la discussione è sottomessa al tempo e l’ordine del giorno  è sempre generico per permettere ad ogni consiglio di gestire i suoi tre quarti d’ora con metodologie standardizzate. Se poi chiedete ai docenti di formulare una proposta di consigli vi faranno il taglia e incolla dell’anno prima. Quello che potrebbe essere un formidabile strumento di analisi flessibile, capace di lavorare per delega (chi non c’è delega ad altri) e per problemi di quella classe è diventato un mastodontico strumento burocratico. Il Liceo che dirigo ha 56 classi: 4 consigli e due scrutini l’anno. Diciamo un mese intero paralizzato da riunioni su riunioni e la posta intasata dai verbali on line.

         Nella scuola abbiamo bisogno di Piani dell’Offerta Formativa ben strutturati, realistici ed economicamente sostenibili e di riunioni snelle e tempestive sempre utilizzate per definire e affrontare problemi. Per decidere è sufficiente votare a maggioranza, perché quando il tempo finisce si fa così. In realtà la mentalità burocratica si annida anche in coloro che dichiarano di odiare la burocrazia. E la cattiva burocrazia dell’adempimento ammazza quella buona del progetto.

 

SEMPLIFICAZIONE ADDIO

 

         Chi lavora nella scuola sa che ogni processo di semplificazione ha prodotto sempre più lavoro, più carte, più tempo perso, più bisogno di personale. Tutti i dipendenti statali (me incluso) dal più (onni)potente direttore generale di ministero al più sottoccupato bidello od usciere hanno perfettamente capito che più si semplifica realmente e più posti di lavoro si perdono. Meno burocrazia meno statali. Punto. Nessun intento semplificatore prevede il mantenimento della stessa pianta organica, né nel settore privato, né nel settore pubblico. Detto questo, l’attrazione verso “il lato oscuro della forza” della complicazione, della burocratizzazione ossessiva, della molestia burocratica è facilmente spiegabile. Più complesse sono le procedure, più burocrazia è attiva, più personale è necessario. Se i mansionari del personale ausiliario della scuola sono rigidi ed autoreferenziale meno possibili e più contrari al servizio sono i tagli. Da qui l’accettazione da parte dei dipendenti pubblici dell’accusa di essere poco efficienti, senza avere altra difesa che il lamentarsi del troppo lavoro (lamentazione cui nessuno crede più).

         Può un Dirigente scolastico tagliare burocrazia da solo? Sì, può e può tagliarne tanta. E’ aiutato in  questo? No, è solo come Robinson Crusoe e senza neppure Venerdì. Può farcela? Sì, se ci crede. Ci crede? Non lo so: qui sarebbe interessante interrogare i Dirigenti scolastici e vedere qual è la loro reale attrazione per il “lato oscuro della forza”. Ci sono gruppi chiusi su Facebook di dirigenti scolastici in cui vengono posti pubblicamente quesiti di vario genere: la maggior parte di questi riguarda procedure per controllare, vessare dipendenti, burocratizzare, contrastare, contestare, impugnare, sanzionare, mettendo in evidenza un’attrazione molto forte per “il lato oscuro della forza”.

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