(10.09.2014)
Il Piano
Scuola del Governo: ragioniamoci
di Antonio Valentino
Ripensandoci dopo una prima lettura, direi che può valere la pena impegnarsi in
approfondimenti utili perché il Rapporto recupera filoni di pensiero e strumenti
che hanno caratterizzato il dibattito dentro la scuola.
E perché comunque è una proposta che tende a liberarci di problemi gravosi (il
precariato, l’impaludamento progressivo del sistema e la marginalizzazione
progressiva della scuola….)
Ragioniamoci, lasciando però da parte qualche stravaganza e scivolata pesante
del Rapporto. Tipo: “i docenti mediamente bravi” che, per avere più chance
di maturare scatti “di merito”, potranno “spostarsi in scuole dove la media dei
crediti maturati dai docenti è relativamente bassa…” (!); oppure “il Registro
nazionale degli insegnanti, con il portfolio dei crediti, dove i presidi
potranno cercare insegnanti per migliorare la propria squadra e l’offerta
formativa” (!).
Ed evitando di perdere tempo a sottilizzare sulle inesattezze lessicali o
sull’utilizzo. un po’ ridicolo e comunque fuori misura, degli anglismi di moda
che furoreggiano nel Piano.
Evitiamo anche di impelagarci sugli aspetti finanziari. Assumiamo – con un po’
di ottimismo - che i soldi ci saranno nella misura e nei tempi previsti. Se sarà
un bluff – ma personalmente non credo – chi ne ha responsabilità sarà
mandato giustamente a casa. Avremmo perso tempo e male indirizzate le nostre
energie. Ma è la democrazia, bellezza! Si possono scegliere altre strade.
Comunque sconsigliabili, a sapere un po’ di storia.
Eviterei anche, in questa fase, di dare rilevanza all’inserimento di nuovi
insegnamenti nell’offerta formativa, soprattutto nella Secondaria. Introdurre
altre discipline in un curricolo già intasato, aumentando il carico orario
obbligatorio, non mi sembra cosa sensata. Altra cosa sarebbe se, per la
secondaria, parlassimo – come invece dovremmo fare con più forza - di area delle
opzioni negli ambiti proposti nel Piano (che vanno ovviamente bene), da
ritagliare però all’interno dell’orario curricolare.
Evitiamo anche la facile retorica e le enfasi eccessive.
Concentriamoci piuttosto su alcuni nuclei tematici cui più riconosciamo
un valore, diciamo così, strategico. Cercando di capirne il senso e ragionando
su fattibilità e rischi e quindi su eventuali possibili miglioramenti.
Partendo in ogni caso dal riconoscimento, comunque doveroso, che nel Piano sono
riprese e articolate questioni su cui le parti più avvedute del mondo della
scuola hanno sempre puntato. Come ha riconosciuto anche il Segretario Nazionale
della FLC, Mimmo Pantaleo (che pure non ha fatto mancare giudizi sferzanti al
riguardo, soprattutto per la mancanza di riferimenti al rinnovo contrattuale),
citando tematiche affrontate nel Rapporto, quali: “il superamento del lavoro
precario, l’istituzione dell’organico funzionale, l’eliminazione delle ‘molestie
burocratiche’, la restituzione del tempo pieno, la riforma degli organi
collegiali” (dichiarazione del 4 settembre). Tematiche su cui le OOSS si sono
particolarmente spese e che nel Piano hanno trovato ampia considerazione.
Il
cuore della proposta mi sembra sia la questione docente: precari,
centralità del lavoro in classe, differenziazione di ruoli e figure
organizzative, riconoscimento del merito e sviluppo di carriera, organico
funzionale, ruolo e responsabilità dell’insegnante nel funzionamento e governo
dell’IS.
Tema cruciale della questione è certamente quello della progressione di
carriera, in cui si incrociano la maggior parte degli aspetti qui richiamati.
Sul tema del
precariato e come
uscirne, la proposta appare sensata (oltre che drammaticamente strategica).
Andrebbe però tenuta nella giusta considerazione il rischio che la
stabilizzazione si trasformi in una ennesima maxi sanatoria e non si limiti a
essere strumento di regolarità / normalità della vita scolastica - e degli
interessati – che è comunque una gran cosa, ma diventi anche una occasione
importante, da costruire con cura, di qualificazione del lavoro scolastico.
Questo discorso vale soprattutto per i 148.000 mila (o quanti saranno
effettivamente), delle GAE; ma anche per i 40 mila che saranno messi in ruoli
col concorso (per i quali andrebbe comunque prevista una adeguata valorizzazione
delle esperienze maturate, se ovviamente maturate).
Quindi il provvedimento, quando verrà formalizzato, dovrebbe farsi carico di
questo rischio attraverso opportune iniziative e misure chiare e
responsabilizzanti.
Sull’altro tema cruciale della progressione di carriera si incentrano una
serie di questioni.
Consideriamone le caratteristiche nel rapporto per sviluppare ragionamenti di
merito
Di essa si dice che consisterà in scatti triennali (di circa 60
euro), “coperti” con le risorse degli attuali scatti di anzianità, da destinare
al 66% del personale docente che abbia maturato nel triennio più
crediti “didattici” (per il lavoro in classe), formativi (per la
partecipazione a momenti di crescita della professionalita) e “professionali”
(termine peregrino col quale si intende fare riferimento alla
partecipazione agli aspetti organizzativi e alle iniziative migliorative della
scuola: dal coordinamento di materia alla progettazione e messa in campo di
iniziative di istituto).
Questi scatti detti “di competenza” (chissà perché) saranno “strutturali e
stabili”, mentre rimarrà “accessoria e variabile” la retribuzione (ogni anno)
“per lo svolgimento di ore e attività aggiuntive ovvero progetti legati alle
funzioni obiettivo o per competenze specifiche: BES, Valutazione, POF,
Orientamento, Innovazione Tecnologica” (che potranno risultare utili anche per
il conseguimento di crediti professionali) .
Si precisa inoltre che
“il valore di ogni scatto triennale sarà sempre lo stesso”, “ma si potrà decidere di modularlo su tre fasce di merito, in funzione del punteggio ottenuto da ciascun docente sui crediti maturati”.
i crediti saranno documentabili, valutabili, certificabili e trasparenti , “arricchiranno” il portfolio del docente e saranno inseriti in un registro pubblico (su cui si è già anticipata la valutazione).
il portfolio del docente è vagliato dal Nucleo di Valutazione interno di ogni scuola, a cui partecipa anche un membro esterno
È
questa forse la parte più delicata e anche più “incasinata” e problematica
dell’intero piano.
Se ne intuisce forse il senso: spingere una parte consistente dei docenti della
scuola a migliorare la qualità della propria didattica, a partecipare a eventi
formativi, a collaborare al funzionamento didattico-organizzativo della scuola,
assumendo che un terzo degli insegnanti non sarà interessato al discorso dei
crediti.
A parte la arbitrarietà della soglia del 66% e del ragionamento, gli
interrogativi – pesanti – riguardano
i criteri di definizione e attribuzione dei punteggi (di cui si parla nell’inciso in cui si fa riferimento alla modulazione del valore dello scatto su tre fasce e non più ripreso nei passaggi successivi),
il fatto che i crediti scatterebbero con soglie di punteggi diversificate da scuola a scuola,
gli effetti sul clima interno alle scuole, con riferimento sia agli “insegnanti del 34% “ che verrebbero ufficialmente vissuti come di serie b: con pesanti ricadute nella considerazione dei ragazzi e delle famiglie e rischi molto forti di lacerazioni tra colleghi; sia alle tensioni competitive – e conseguenti lacerazioni - che il meccanismo molto probabilmente innescherebbe.
Sono
forse questi gli aspetti più negativi e odiosi.
È da ritenere pertanto che questa proposta va certamente accolta nel suo nucleo
portante (che lega la progressione economica di carriera all’acquisizione di
crediti nei tre diversi ambiti sopra richiamati), ma andrebbe articolata
diversamente così da ovviare alle criticità sopra richiamate. Indicazioni forse
utili, per assicurare risposte in positivo alle criticità rilevate, sono
riportate nella Scheda seguente.
Per una proposta alternativa |
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Deve garantire
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Le condizioni |
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Chi valuta |
• Comitato di valutazione di scuola, così come previsto dal ddl della scorsa legislatura, per le esperienze e le attività da valutare annualmente; • DS, all’interno del Comitato di valutazione, per gli per gli aspetti più legati alle sue competenze specifiche (rispetto delle regole interne, correttezza negli adempimenti, ….), • Dirigente tecnico (coadiuvato dal DS), che entra nelle procedure di progressione con compiti di verifica. |
Progressione di carriera. Strumenti e valutazione
Strumenti e modalità. Il Portfolio e i crediti.
I crediti (didattici, formativi professionali), assieme alle esperienze realizzate nell'ambito della propria funzione e coerenti anche lato sensu al proprio ruolo, vanno fatti rientrare in un apposito portfolio, che andrebbe predisposto
a. secondo un format da valere a livello nazionale (potrebbero farsene carico l’INVALSI e altre strutture / agenzie competenti);
b. sulla base di indicazioni preliminari su questioni chiave, quali: in cosa dovrà consistere il credito (punteggi o giudizi in scala per ciascuna attività che si intende considerare e premiare); in che misura va accordato per le varie attività, iniziative o incarichi ricoperti; i valori massimi e minimi dei crediti per ciascuna attività, in modo da attribuire la necessaria discrezionalità a chi i crediti poi effettivamente dovrà riconoscerli).
La valutazione. I soggetti
Le proposte da sperimentare su "chi valuta" dovrebbero
soprattutto obbedire ai criteri sia della viciniorità
del valutatore rispetto agli “oggetti”
valutativi (incarichi, attività,
esperienze da valutare; sia della omogeneità
nell’applicazione
dei criteri adottati a livello nazionale; sia della trasparenza.
Quanto ai soggetti “giudicanti”,
penso si debba ragionare su "figure" che obbediscano ai criteri suesposti,
come, ad esempio :
Comitato di valutazione di scuola così come previsto dal ddl della scorsa legislatura (non andato in porto) sulle Norme di autogoverno delle scuole (e questo, almeno in prima battuta), per le esperienze e le attività da valutare annualmente;
DS, all’interno
del Comitato di valutazione, per gli aspetti più
legati alle sue competenze specifiche (rispetto delle regole interne,
correttezza negli adempimenti, ….),
Dirigente tecnico (coadiuvato dal DS), che entra nelle procedure di
progressione per verificare - con cadenza triennale e attraverso uno
specifico colloquio - a. le dichiarazioni e la documentazione del
portfolio, b. la correttezza e l’adeguatezza
dei crediti riconosciuti ai fini del passaggio, c. la valorizzazione o
meno del percorso autovalutativo dell’insegnante
interessato o di parti del portfolio meritevoli di approfondimenti.
Suo compito conclusivo dovrebbe essere quello di decretare l’attribuzione dello scatto “di competenza” e il passaggio al livello superiore del percorso di carriera.
Una
integrazione al modello proposto dovrebbe prevedere anche una progressione di
carriera non solo economica, ma anche professionale, valorizzando i crediti
acquisiti (per passaggi ad altre funzioni “orizzontali” di
particolare responsabilità e di ambito territoriale; per passaggi
“verticali” a ruoli superiori, come la DS e la funzione ispettiva, fermo
restano ovviamente l’accesso ai ruoli attraverso il corso-concorso).
Un aspetto critico su cui andrebbe sviluppato un approfondimento specifico è
quello relativo all’attribuzione del credito didattico. Va evitato al
riguardo che siano i risultati delle prove INVALSI a determinarne l’attribuzione
(anche – e non solo - perché quelle prove riguardano solo alcuni ambiti di
competenze) e vanno invece individuati strumenti attendibili (risultati delle
prove interne finali definite nel Dipartimento? Tenuta d’aula e relazione
educativa attraverso….?).
Potrebbe essere approfondita al riguardo la valutazione reputazionale.
Il discorso dei crediti professionali rinvia alle pluralità delle funzioni di
organizzazione e di supporto all’insegnamento.
Il Rapporto prevede funzioni e quindi figure diverse, gran parte delle quali
ormai consolidate nella pratica organizzativa delle scuole: di coordinamento,
elaborazione e gestione progetti speciali, funzioni obiettivo (intenzionale il
recupero della dizione del CCNL del 1999 e la scomparsa delle “funzioni
strumentali”?) per le quali si prevedono specifici crediti “professionali”.
Ma il discorso che al riguardo si fa nel Rapporto è di profilo piuttosto basso
e non coglie il valore potenziale di una loro più opportuna collocazione dentro
una scuola vista come organizzazione a leadership educativa diffusa.
Probabilmente questo è un discorso complesso da recuperare dentro ragionamenti
sullo sviluppo dell’autonomia (autonomia statutaria di cui al ddl sull’Autogoverno
delle scuole della scorsa legislatura) e da rimandare quindi a tempi
migliori.
Forte risalto ha invece nel Rapporto la figura del “mentor”, di cui si
prevede la presenza nelle scuole in misura indicativa del 10% del numero dei
docenti. Viene descritta come una sorta di factotum dell’organizzazione
didattica e del sostegno ai docenti. Una sorta di funzione obiettivo che assomma
in sé tutte le funzioni (e anche di più) delle 4 aree previste dal CCNL prima
citato.
Saranno sostitutive delle FS? Sono destinate a diventare lo staff del
DS? una sorta di middle management? Oppure una équipe di direzione della
scuola, tipo quella prevista da Piero Romei?
Sarebbe bene pensarci e chiarire anche in funzione dell’idea di scuola verso cui
tendere. Ma su questo può essere utile un’altra puntata.
Un’ultima considerazione: questo rapporto è stato definito da qualcuno come il
tentativo di riorganizzare in chiave moderna la nostra scuola. Affermazione in
buona parte condivisibile. Però non si legge nel Rapporto neanche un accenno su
come dovrebbe cambiare il Ministero della Pubblica Istruzione e
l’Amministrazione scolastica in generale per essere in sintonia con nuovo
modello di scuola che si va a costruire
Non sarebbe, anche
qui, il caso di pensarci?
[1]
[1] Il testo del presente contributo sarà pubblicato sul prossimo numero di Articolo 33