(15.01.2015)
INNOVAZIONE SENZA RICERCA.
Il
registro elettronico,
gran novità
di Giancarlo Cavinato (segreteria nazionale MCE)
Un brivido
innovativo pervade da alcuni anni la scuola italiana: LIM, CLIL, iscrizioni on
line, registri e pagelle in formato telematico, dematerializzazione degli atti,
tablet, smartphone, siti di istituto, wi fi,…
Un sistema che, interconnesso, costituisce indubbiamente una velocizzazione e
procedure più ecologiche/sostenibili, un quadro di novità che richiedono una
conversione dell’intero apparato. Con un aumento di efficacia ed efficienza.
Se… se il tutto fosse accompagnato da processi partecipativi, apertura delle
istituzioni scolastiche al contesto sociale, organizzando momenti significativi
di incontro che consentano la condivisione dei problemi.
Se non si trattasse in molti casi di una presa di distanza, di un allontanamento
del contesto esterno, di una riduzione di tempi di ascolto, confronto, analisi
delle situazioni, progettazione partecipata.
Nel Movimento di Cooperazione Educativa pensiamo che l’innovazione, in assenza
di ricerca azione del corpo docente, rischi di essere vuota, così come la
ricerca, in assenza di processi innovativi che la sostengano e la sostanzino,
rischi di essere fine a se stessa, senza sbocchi.
In particolare rileviamo che in molte situazioni il percorso imposto dalla
dirigenza senza una cura dei passaggi e delle nuove competenze si traduce in una
corsa affannosa alla ricerca delle informazioni e delle direttive che via via si
aggiungono nei tempi rapidi delle comunicazioni via twitter, nei siti, con SMS,
trasformando routines pluridecennali indubbiamente da svecchiare in un ritmo
sincopato che mal si adatta ai tempi dei processi di programmazione e di
assunzione di decisioni responsabile.
L’obiettivo della trasparenza è uno scopo nobile, ma non può risolversi in
comunicazioni a distanza e incontri in tempi striminziti ( colloqui di 10’ a
famiglia, assemblee di classe di mezz’ora, due incontri di OOCC all’anno) perché
nella percezione delle famiglie il tutto si traduce da un lato nell’attesa di
comunicazioni burocratiche e scarsamente chiarificatrici, dall’altro in una
sensazione di allontanamento e presa di distanza dell’istituzione.
Lo stesso impiego del registro elettronico di cui un recente articolo su
‘Repubblica’ del 10 gennaio rileva l’estensione al 58% delle scuole, mal si
adatta a tempi distesi di osservazione, organizzazione del lavoro d’aula,
interazione con gli alunni, così da tradursi in un parallelo uso del registro
cartaceo e in una abbreviazione dei momenti di riflessione e valutazione
formativa.
Le procedure indicate dai dirigenti scolastici per la compilazione, e ancor più
indotte dai programmi che le scuole acquistano, inducono a una valutazione
sommativa che di necessità non tiene conto dei processi e dei tempi lunghi di
ricezione- elaborazione-acquisizione: l’opposto di una valutazione formativa. Si
ha l’impressione ancora una volta di una sovrapposizione dei tempi dei modi
degli stili della secondaria superiore a ordini di scuola che richiedono ben
altra tempistica, riflessività docente, collegialità, condivisione,
intersoggettività. Così ad esempio ad un collegio docenti che responsabilmente
si metta in gioco deliberando, anche in deroga al decreto Gelmini del 2008 di
non assegnare voti quanto meno nel primo quadrimestre di scuola primaria, in cui
tutto è ancora fluido e non misurabile, ma di compilare alcuni indicatori
relativi alle funzioni di base ( percezione, rappresentazione, simbolizzazione,
attenzione, memoria, linguaggio parlato, codificazione, schema corporeo,
relazionalità,…) la possibilità viene interdetta in quanto ‘il registro
elettronico non lo consente’.
Un’ulteriore espropriazione della professionalità docente, della collegialità,
dell’autonomia pedagogica e di ricerca. Si può morire di asfissia per assenza di
risorse e di innovazione, ma anche per paralisi delle possibilità di muoversi
nel rispetto degli stili, delle strategie personali, dell’accoglienza delle
differenze, per blocco delle motivazioni.
Non c’è quindi un rifiuto pregiudiziale dell’innovazione e della messa in rete,
se questa consente alla scuola di mantenere un volto umano e di svolgere la sua
funzione di laboratorio sociale e sede di co-costruzione di saperi.