(05.02.2017)
Come sassi
nell’acqua. La delega della legge 107 sulla valutazione
E’ stata
varata il 14 u.s. fra le altre l’attesa delega alla legge 107 sulla valutazione
. Lo sconcerto è grande. Rispetto alla bozza pubblicata a settembre è scomparso
praticamente l’impianto che prevedeva il ripristino possibile delle condizioni
per una valutazione formativa su cui da due anni 21 associazioni professionali
si sono generosamente spese a partire dalla campagna ’VOTI A PERDERE’ lanciata
dal Movimento di cooperazione educativa nel 2015.
Si
leggeva nello schema uscito l’estate scorsa la sostituzione dei voti con le
cinque lettere, accompagnata da appositi indicatori che il MIUR avrebbe dovuto
emanare di concerto con il lavoro delle scuole per l’adeguato raccordo e la
coerenza con la certificazione delle competenze.
Il testo
della delega che leggiamo sul sito del MIUR ribalta la prospettiva che avevamo
salutato con sollievo in quanto eliminava elementi di competitività,
svalorizzazione dei soggetti più fragili, assenza di attenzione ai processi di
gruppo e di cooperazione riducendo la valutazione a verifiche quantitative degli
esiti. Di fatto rafforzando la didattica trasmissiva.
Riportando così la valutazione al decreto Gelmini del 2008. Due anni spesi in
discussioni, incontri, formazioni, contatti con scuole e associazioni nei fatti
ignorati.
La cosa
non creerà alcuno scompiglio nel mondo della scuola perché l’informazione circa
le possibili modifiche introdotte dalla delega non era ad oggi pervenuta:
taciuta intenzionalmente o ignorata.
Quindi
permangono voti, bocciature fin dalla primaria, verifiche a nastro, registri
elettronici, valutazione sommativa, assenza di agganci e ricadute sulle
competenze, nessun vincolo collegiale alle scelte individuali dei docenti.
Come MCE
avevamo sottolineato che reintrodurre le lettere e la promozione nell’ambito del
primo ciclo ( salvo nella scuola secondaria di primo grado casi eccezionali
debitamente documentati) non sarebbe stato un’operazione indolore. Si sarebbe
trattato di ricostruire una cultura della valutazione formativa e sull’autointerrogazione
dei docenti circa esiti e supporto a percorsi di fragilità nelle scuole, nelle
famiglie, nell’opinione pubblica, scalzando consolidate abitudini ben radicate e
opponendo le ragioni della pedagogia ai tanto maîtres
à penser che si stracciano le vesti contro il ‘buonismo’ e il ‘sei politico’.
Ora ci
troviamo ad operare nelle stesse condizioni di partenza che la ‘buona scuola’
pareva intenzionata a modificare profondamente. Di che piano di formazione ci
sarà bisogno per confermare i voti?
Ministra,
attendiamo il Suo parere e le scelte conseguenti.