(05.09.2014)
Una
visione aziendalistica della scuola
di Bruno Moretto
La complessità e ridondanza di proposte
contenute nel piano scuola del governo Renzi rende necessario decifrare la sua
visione ideologica di fondo. Questa è ben esemplificata nei seguenti punti :
1) “Le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze
di investimenti nella nostra scuola.”
2) con scuole pubbliche si intende “Scuole pubbliche statali e paritarie.”
3) “Gli istituti di istruzione superiore, e di istruzione e formazione
professionale possono commercializzare beni o servizi prodotti o svolgere
attività di “impresa Formativa Strumentale”, utilizzando i ricavi per
investimenti sull’attività didattica.”
4) “Anzitutto per le scuole deve essere facile, facilissimo ricevere risorse. La
costituzione in una Fondazione, o in un ente con autonomia patrimoniale, per
la gestione di risorse provenienti dall’esterno, deve essere priva di
appesantimenti burocratici.”
4) E’ previsto “un bonus fiscale per un portafoglio di investimenti privati (da
parte di cittadini, associazioni, fondazioni, imprese) nella scuola.”
5) E’ prevista la “collaborazione con il terzo settore e con le imprese.”
6) E pure il “Servizio civile per la Buona Scuola”
Con questa impostazione la scuola prima
di tutto si viene meno all’obbligo costituzionale di garantire a tutti giovani
la scuola statale laica e pluralista a garanzia dell’uguaglianza delle
opportunità, finanziata con i fondi della fiscalità generale.
Le Istituzioni scolastiche diventerebbero aziende che devono reperire fondi sul
mercato vendendo prodotti o servizi attraverso la costituzione di fondazioni in
collaborazione con imprese e privati.
In tal modo scuola statale e scuola privata verranno messe definitivamente sullo
stesso piano e, oltre a ulteriori finanziamenti alle private erogati in quanto
anch’esse sottoposte alla valutazione “Servirà lavorare per dare alle scuole
paritarie (valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro
destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione.”
verrà introdotta anche la detassazione delle spese per le rette di frequenza
alle scuole.
Non a caso in tutto il piano non si parla mai di interventi sulla scuola
dell’infanzia, che evidentemente, come si evince dal DDL 1260, prima firmataria
Puglisi, in corso di approvazione al Senato, è estromessa dal sistema
scolastico e inserita in un sistema integrato 0-6 che la relega al ruolo di
servizio a domanda e quindi a pagamento.
Il dirigente potrà utilizzare personale volontario controllato da associazioni
esterne per attività integrative varie. Ad esempio studenti universitari che
sono obbligati a svolgere periodi di stage.
I terzo settore entra trionfalmente nelle scuole come già avvenuto negli
ospedali.
In questa ottica anche “Introdurre l’obbligo dell’Alternanza Scuola-Lavoro
(ASL) negli ultimi tre anni degli Istituti Tecnici ed estenderlo di un anno nei
Professionali, prevedendo che il monte ore dei percorsi sia di almeno 200 ore
l’anno.” favorirà un’impostazione più aziendalistica che formativa.
Non a caso si prevede di “Diffondere attraverso protocolli ad hoc il
programma sperimentale di apprendistato negli ultimi due anni della scuola
superiore, lanciato nel 2014 in attuazione dell’articolo 8bis del d.l.
104/2013.”
Il tutto condito da amenità come l’inserimento dell’economia fra le materie
obbligatorie nelle scuole superiori per sopperire a quello che viene chiamato
“analfabetismo finanziario” cioè alla “comprensione dei meccanismi economici e
finanziari”.
La riproposizione della’informatica e dell’inglese fin dalle elementari unita
alla impostazione aziendalistica riconduce con chiarezza al’impostazione delle
famose tre i del governo Berlusconi: impresa internet, inglese e a quella della
Legge Aprea.