Una buona bussola per una scuola inclusiva e competente. Una segnalazione
Antonio Valentino
Il tema dell’inclusione nella
formazione scolastica è certamente tra quelli che oggi – e non solo nel Primo
ciclo – merita più attenzione e approfondimento, perché varie e variegate sono
le sue articolazioni e fortissima la sua rilevanza. Sia per la portata del
fenomeno migratorio nel nostro Paese, sia per domanda sempre più diffusa di far
diventare centrale le problematiche della diversità e della individualizzazione,
che sono frontiere ancora in gran parte da esplorare.
Su tale tema ho trovato stimolante la riflessione e le
proposte pedagogiche e didattiche del volume:
Una bussola per la scuola. Nuove strategie pedagogiche e
didattiche per gli studenti di oggi; una recentissima
pubblicazione di
Edizioni Conoscenza.
Il testo curato da Angela Maria Valpolicella e Giorgio
Crescenza - con contributi di docenti, psicologi, accademici e ricercatori
(Giuseppe Bagni, Angela Balzotti, Massiliano Fiorucci, Rosa Gallelli, Maria
Concetta Rossillo) - si caratterizza per
un impianto fortemente omogeneo, per quanto internamente dialettico
nell’interpretazione e analisi delle sfide della scuola oggi. Sfide riassunte
nel testo in parole chiave come: multiculturalità, individualizzazione e
personalizzazione, diversità – diseguaglianze - integrazione - inclusione,
mediazione scolastica, competenze.
L’approccio alle varie problematiche è di tipo
intenzionalmente pedagogico. Ma la preoccupazione che si avverte nella maggior
parte dei capitoli è quella di offrire anche stimoli e indicazioni per una
pratica didattica capace di far vivere la riflessione pedagogica nel fare scuola
di ogni giorno. Numerose sono infatti le pagine in cui è possibile cogliere
passaggi - privi tra l’altro di ogni forzatura - dal registro
filosofico-pedagogico a quello didattico-operativo.
Un esempio per tutti. Nelle pagine dedicate alle
competenze di cittadinanza, l’analisi
dell’Autrice (A. M. Valpolicella) parte dalla domanda:
quali competenze di cittadinanza deve
possedere il docente, visto che le stesse (imparare a imparare, progettare,
comunicare…) devono essere trasmesse all’allievo?
A proposito dell’impianto: la sensazione che si coglie man
mano che si leggono i singoli capitoli è che le tematiche che via via si
sviluppano tendano ad intrecciarsi tra di loro così da costituire un quadro
fortemente unitario in cui i vari apporti acquisiscono - proprio per tale
intreccio - ulteriore senso e valore.
E così, per esemplificare, la
multiculturalità, che viene approfondita nella prima parte del libro,
viene ripresa come una delle nuove frontiere della
mediazione scolastica nella seconda parte e declinata in termini di
valorizzazione delle
diversità individuali, ma anche
sviluppata attraverso la
l’individualizzazione
dell’insegnamento e dei processi di apprendimento, nei capitoli successivi.
Si diceva delle parole chiave intorno a cui ruotano i
singoli capitoli: le analisi e gli approfondimenti che le riguardano – va
aggiunto - si avvalgono sempre di contributi della ricerca nazionale
internazionale; e questo contribuisce a dare compiutezza e autorevolezza ai
ragionamenti che vi si svolgono. E a recuperare il valore e la forza di
intuizioni, ricerche, studi, esperienze - sul mondo dell’istruzione e della
formazione - di personalità del passato e del presente con cui, molto di rado
ancora, si riesce ad “incontrarsi” in termini così proficui e stimolanti: da De
Bartolmeis a Bruner, da Montessori a don Milani, da Habermas a Marthia Sen, da
Nussbaum a Massimo Baldacci a Antonio Calvani ….
Una buona bussola, quindi. E le buone bussole sono
necessarie anche per il mondo della scuola quando orientano e indicano utili
direzioni marcia.
Utili, ma non sufficienti. Le direzioni possono essere
quelle giuste – naturalmente - ma le strade impervie, momentaneamente inagibili,
piene di ostacoli. I “processi” di avvicinamento ai traguardi richiedono perciò
spirito di osservazione, occhio e orecchie attenti e sensibili, sguardo
d’insieme e spirito imprenditivo, oltre a una professionalità specifica (che
implica anche saggia gestione dei tempi) più attrezzata rispetto al passato.
Di questo c’è piena consapevolezza in tutti gli Autori del
volume; ed è evidente soprattutto negli stimoli proposti; e utili non solo per
orientarsi, ma anche – ed è questo un
valore aggiunto - per districarsi nei
concreti percorsi accidentati di insegnamento e apprendimento.
Un’ultima annotazione sul capitolo delle competenze
(trasversali) – nervo scoperto della cultura didattica della nostra scuola -,
sviluppato da Giuseppe Bagni in uno degli ultimi capitoli della seconda parte
del libro. Dove l’Autore punta a
smontare i ragionamenti sulle competenze trasversali per come vengono intese e
tradotte nelle “programmazioni” delle nostre scuole: generalmente ridotte –
annota - a “descrizione di comportamenti osservabili, (…) e consistenti in
lunghi elenchi di obiettivi e attese”. Programmazioni che guardano
all’insegnamento come “rassicurante trasmissione di saperi codificati e fermi”.
Mentre - riflette Bagni – “È l’essere vivente che rende vivente il sapere”. E
quindi la competenza, sembra di capire.
In questa ottica le competenze trasversali vengono viste
come “frutto della maturazione delle competenze disciplinari”. Per cui
l’apprendimento che fa diventare competenti è quello che “dà garanzia del
saper fare dovunque qualcosa che
si apprende fino in fondo”.
Costruire un curricolo per competenze diventa allora
“proporre attività orientate verso uno scopo che gli allievi riconoscono;
situazioni mutuate dalla realtà, che abbiano senso per gli allievi”. Solo così
si può cogliere – chiarisce Bagni -
la “potenza generativa di atteggiamenti
nuovi di fronte a situazioni inedite” e apprezzare
la trasferibilità che nasce da una
conoscenza profonda”.
Sollecitazioni particolarmente intriganti - come si vede e
per come le ho capite - che ripropongono, ancora una volta, la priorità della
formazione docente e della sua qualità.